- Il market timing è una strategia che consiste nel voler anticipare i movimenti dei mercati finanziari, per esempio vendendo subito prima di un ribasso e acquistando appena prima di un rialzo
- Debach: “I rischi del market timing, come la difficoltà di prevedere i movimenti di mercato e le potenziali perdite, superano i benefici. Puntare su una crescita costante a lungo termine è più vantaggioso”
I nervi dei mercati hanno iniziato a distendersi, dopo la bufera che li ha travolti. A favorire il recupero, tra diversi fattori, sono state le dichiarazioni del vicegovernatore della Banca del Giappone Shinichi Uchida: la Boj non aumenterà ulteriormente i tassi di interesse in fasi di instabilità, una marcia indietro rispetto alle dichiarazioni di qualche giorno fa quando ha alzato il costo del denaro allo 0,25% innescando un forte apprezzamento dello yen. La volatilità resta tuttavia elevata, con l’indice Vix che sfiora i 30 punti. In una situazione come quella attuale, le emozioni degli investitori rischiano di prendere il sopravvento. Ma entrare e uscire dai mercati, cercando di anticipare i massimi o i minimi, conviene?
Come suggeriva Charlie Munger, braccio destro di Warren Buffett recentemente venuto a mancare all’età di 99 anni, è l’attesa che aiuta gli investitori. Molte persone, diceva Munger, semplicemente non riescono a sopportarla. “Se non hai il gene della gratificazione differita, devi lavorare molto duramente per superarlo”, sollecitava lo storico socio dell’oracolo di Omaha. “Il market timing richiede previsioni a breve termine che sono estremamente difficili da realizzare, data la vasta gamma di fattori che influenzano il mercato, dai dati economici globali alle crisi geopolitiche. Inoltre, questo tentativo di sincronizzare gli acquisti e le vendite con i picchi e i minimi di mercato spesso può comportare perdite significative e costi di transazione elevati”, spiega a We Wealth Gabriel Debach, market analyst di eToro.
Market timing: rischi e benefici
I rischi del market timing, come la difficoltà di prevedere i movimenti di mercato e le potenziali perdite, superano i benefici, dice Debach. Puntare su una crescita costante a lungo termine è più vantaggioso, poiché consente di capitalizzare sulle tendenze generali del mercato, sfruttare il potere del rendimento composto e ridurre l’impatto della volatilità grazie a un approccio prolungato. “Investire con un orizzonte a lungo termine, infatti, consente di sfruttare la crescita complessiva del mercato azionario che, storicamente, tende ad aumentare nel tempo. Inoltre, un approccio di questo tipo aiuta a mitigare l’impatto delle fluttuazioni di breve periodo, permettendo agli investitori di superare i ribassi e beneficiare delle riprese”, afferma l’analista.
L’importanza del lungo termine
Investire a lungo termine favorisce tra l’altro la diversificazione, riducendo il rischio associato alle performance di singole azioni e alle oscillazioni di mercato. Dal dopoguerra, gli Stati Uniti hanno vissuto 12 recessioni, ognuna durata mediamente 10 mesi, ma la ripresa successiva è stata molto più lunga, circa 64 mesi. Queste recessioni sono diventate meno gravi grazie all’evoluzione delle banche centrali e al passaggio a un’economia più orientata ai servizi. Sebbene ogni recessione e mercato ribassista abbia le sue peculiarità e possa generare preoccupazioni, la resilienza delle economie e delle aziende dimostra che la ripresa è non solo possibile, ma probabile. “Storicamente, mentre le politiche delle banche centrali e dei governi rispondono ai problemi, i mercati si riprendono e tendono a crescere nel tempo”, dichiara Debach.
Il caso di Bob: un esempio pratico
A sostenere questa tesi è anche Ben Carlson, director of institutional asset management di Ritholtz wealth management intervenuto in occasione dell’ultima convention di Banca Mediolanum all’Inalpi Arena di Torino. “Alcuni anni fa ho raccontato la storia di Bob: volevo dimostrare cosa sarebbe successo se fossi stata la persona peggiore nel gestire il market timing, investendo solo in occasione di massimi di mercato”, racconta Carlson. Nell’arco di 45 anni l’investitore ipotizzato dall’esperto avrebbe effettuato solo quattro investimenti sul mercato azionario. Il primo nel 1980, appena prima che partissero una serie di recessioni che hanno condotto a un crollo del mercato di quasi il 27%. Il secondo nel 1987, prima del cosiddetto “lunedì nero”, quando in un solo giorno il mercato ha perso il 34%. Poi, nel 1999 la bolla delle dot-com: crollo del 50%. E infine l’ultimo nel 2007, poco prima del crash della grande crisi finanziaria (in quell’occasione il crollo dei mercati azionari fu del 60%). “Bob chiaramente è stato molto sfortunato”, sorride Carlson. “L’unica fortuna per Bob è stata che non ha mai venduto. Quando è andato in pensione nel 2019, infatti, era milionario. Quello che intendo dimostrare è che una crescita costante nel lungo termine sul mercato azionario conta molto di più che non entrare sul mercato al momento giusto”. In altre parole, dice Carlson, il comportamento batte il market timing. “Il vero amico è il lungo termine”, aggiunge.
Giorgio Vintani, analista e consulente finanziario indipendente, afferma invece come il market timing sia “un’arma che, se utilizzata correttamente, può essere veramente utile. Di converso, se utilizzato male, può creare seri disastri”. Riuscire a entrare nel mercato nel momento giusto, con delle corrette prospettive di crescita degli utili vagliate dalle valutazioni e dalle politiche delle banche centrali, dice Vintani a We Wealth, è sicuramente di grande aiuto. “Trascurare il market timing potrebbe voler dire entrare nel mercato a gennaio 2001 sul taglio dei tassi di emergenza fatto dalla Federal Reserve, vedere un rimbalzo immediato delle quotazioni in doppia cifra e poi andare incontro ad anni di mercato in discesa. Questo è quindi un lusso che si può permettere solo chi ha orizzonti di investimento di lunghissimo termine (tipicamente i fondi pensione)”. Per l’analista, l’utilizzo più negativo del market timing si ha quando un investitore non riesce più ad affrontare la volatilità dei mercati e – di solito nel picco della bufera – decide di liquidare l’intera posizione. “È molto probabile che dopo un periodo di assestamento i mercati riprendano il loro corso al rialzo. Di solito il periodo più buio lo si affronta poco prima dell’alba”, conclude Vintani.