- I manager che garantiscono una maggiore consistenza delle performance hanno tendenzialmente un approccio alla creazione del valore che passa per i fondamentali
- Musci: “Abbiamo iniziato col private equity oltre 20 anni fa. E abbiamo attualmente un portafoglio diversificato per vintage, strategie, geografie”
I family office sono strutture estremamente variegate, che si occupano di affiancare le famiglie facoltose nella gestione del patrimonio, nella pianificazione del trasferimento della ricchezza tra una generazione e un’altra e nell’amministrazione delle tematiche di governance che nascono dall’articolata relazione tra la dimensione aziendale e familiare del patrimonio stesso. Ma come investono queste realtà e, in particolare, come si approcciano ai private market? A raccontare la propria esperienza in occasione del IV forum digitale dedicato ai mercati privati organizzato da We Wealth sono Gabriele Besacchi, managing director, head of private markets di AITi Tiedemann Global Suisse, ed Emanuela Musci, co-founder di S&O Multi Family Office.
“Noi siamo nati come single family office tra la fine degli anni ’80 e i primissimi anni ’90, in seguito a un liquidity event di una famiglia”, ricorda Musci. “Ovviamente il panorama investibile dell’epoca non è assolutamente paragonabile a quello attuale. Il caso ha voluto però che la famiglia che ha dato origine al family office avesse sin dagli anni ’70 due aziende negli Stati Uniti. Pertanto, era abituata a osservare cosa accadesse oltreoceano e come investissero i suoi peers americani”, continua la co-founder. “Di conseguenza, noi abbiamo iniziato col private equity oltre 20 anni fa. E abbiamo attualmente un portafoglio diversificato per vintage, strategie, geografie, che ormai si autoalimenta”.
Un portafoglio a prova di “cigno nero”
Anche secondo Besacchi la costruzione di un portafoglio – in particolare di un portafoglio a prova di imprevisti – non può prescindere dalla diversificazione. “È una delle regole auree degli investimenti finanziari”, afferma l’esperto. “Si parla appunto di una diversificazione attraverso i vintage, attraverso le strategie, le geografie, i settori. Ma non soltanto. All’interno di un singolo vintage, settore, geografia, le performance dei player possono essere significativamente diverse. Di conseguenza, la selezione delle opportunità diventa fondamentale per una diversificazione resiliente”, sostiene Besacchi.
Ma come orientarsi? Besacchi sottolinea come i manager che garantiscono una maggiore consistenza delle performance, ovvero che sono in grado di replicare le performance nel lungo termine, abbiano tendenzialmente un approccio alla creazione del valore che passa per i fondamentali. “Un altro aspetto rilevante da tenere in considerazione è la qualità e la struttura del team, unitamente alla qualità delle regole interne. Tutta una serie di fattori che non si possono trascurare, se si desidera costruire un portafoglio adatto a tutte le stagioni”, dichiara l’esperto.
Il ruolo dei prodotti semiliquidi
In questo percorso di strutturazione dell’asset allocation nei mercati privati, secondo Musci i prodotti semiliquidi possono interpretare un ruolo importante. “Noi ci abbiamo creduto fin da subito, non appena li abbiamo intercettati ormai quattro anni fa. Nella nostra esperienza, hanno contribuito a efficientare il portafoglio sui private market”, dice Musci. “Con i fondi semiliquidi o evergreen il capitale è totally deployed dal momento zero, è tutto totalmente al lavoro da subito. Abbiamo analizzato alcuni studi elaborati da case con cui lavoriamo da tempo e delle quali avevamo sia fondi drawdown diretti sia fondi semiliquidi e abbiamo osservato come, a parità di asset sottostanti e di arco temporale di investimento, per il solo compounding effect (crescita composta, ndr), davano un contributo al rendimento. Con il beneficio aggiuntivo, alla bisogna, di poter uscire. Anche se riteniamo che non si dovrebbe entrare in un fondo semiliquido come si entra in un Etf, pensando di uscirne”, suggerisce Musci.
Mercati privati: come si trova il mix ideale
Fatte queste premesse, per trovare il mix ideale quando si costruisce una strategia nei mercati privati, secondo Besacchi non esiste una formula “predefinita” da applicare. Il fattore più importante, spiega, è l’ascolto. “Comprendere le esigenze della famiglia facilita l’allineamento del profilo di rischio e le aspettative di ritorno della clientela con i ritorni effettivi delle varie asset class e nel costruire il mix giusto”, chiosa l’esperto. “Da considerare però che, per quanto si possano creare modelli sofisticati per predire i flussi di cassa futuri, ci sono sempre dei fattori endogeni ed esogeni che possono incidere rispetto alle aspettative. Quindi bisogna mantenere dei margini di manovra ragionevoli in termini di liquidità”, rammenta Besacchi.