La popolazione locale è rappresentata per il 90% da espatriati provenienti da tutte le parti del mondo
Una strategia di internazionalizzazione mirata è opportuna per operare al meglio in questi territori
L’Italia ha rapporti consolidati con gli Emirati Arabi Uniti (EAU) oramai da diverso tempo e in tutti gli ambiti: politico, commerciale, economico e, finanche, culturale, alla luce della recente inaugurazione ad Abu Dhabi del primo Istituto Italiano di Cultura nell’area del Golfo.
Una simile circostanza non sorprende: si stima che gli italiani residenti negli Emirati Arabi Uniti siano più di 13.000, tra imprenditori, architetti, ingegneri, professionisti della consulenza legale e commerciale, banchieri, manager, addetti alla ristorazione.
Ma non è tutto. Secondo i dati rilasciati dall’Osservatorio economico del Ministero degli Affari esteri, gli Emirati sono l’8°partner commerciale italiano, con un valore dell’interscambio che supera gli 8 miliardi di euro. Inoltre, l’Italia è il 2° fornitore di tutta l’Unione europea degli EAU, grazie al Made in Italy che traina l’export.
Ad oggi, si contano più di 600 imprese italiane attive negli Emirati, Pmi e di grandi dimensioni, che principalmente operano nei settori dell’edilizia e delle costruzioni, dell’energia, dei beni di consumo, della sicurezza e del bancario-assicurativo.
Gli aspetti che rendono questa terra affacciata sul Golfo persico un luogo così attrattivo per le imprese e attraente per gli individui, che siano turisti, o persone intenzionate a cimentarsi in una sfida imprenditoriale, sono molti. Tra i punti di forza, senza dubbio, si può annoverare la posizione geografica, che fa degli Emirati un hub commerciale e logistico internazionale strategico, la propensione dell’amministrazione locale a favorire investimenti esteri prevedendo incentivi per le imprese straniere e, da ultimo, la capacità dimostrata nell’affrontare e gestire la crisi pandemica. Circostanza quest’ultima che ha permesso alle imprese straniere operanti in quei territori di chiudere solo per poco tempo le attività economiche.
È evidente però che per spiegare questa tendenza positiva è opportuno soffermare l’attenzione anche sul quadro normativo, in particolare sul sistema fiscale, che si applica ai redditi per le persone fisiche e per le società.
Le persone fisiche non sono soggette ad imposta sul reddito e, conseguentemente, non devono adempiere agli obblighi dichiarativi o di registrazione fiscale. Per lavorare negli Emirati è richiesto l’ottenimento di visti appositi che possono essere ottenuti, ad esempio, se si possiede un’attività negli Emirati, se si è in possesso di un contratto con un datore di lavoro locale o se si effettuano investimenti nel territorio. Si fa presente, inoltre, che negli Emirati non sono in vigore imposte di successione e donazione.
Venendo alle imposte sulle società, è bene specificare che in linea generale non è prevista una tassazione delle società; meglio, non è prevista imposizione sui redditi e sugli attivi (come per le persone fisiche) per le persone giuridiche. In questi termini, le società straniere, non residenti, che svolgono un’attività commerciale negli Emirati, attraverso una stabile organizzazione, saranno tassate in base ai decreti fiscali di ciascun Emirato (gli Emirati sono 7 in tutto).
Se già la circostanza che le imprese e le persone fisiche non sono soggette a imposte sui redditi è di per sé di primario rilievo, è sulle “free zone” che gli Emirati hanno puntato per attrarre capitali e imprese dall’estero. In effetti, sono le free zone ad aver permesso ai diversi Emirati di conoscere una forte crescita economica negli ultimi anni.
Queste zone, infatti, sono appositamente pensate per favorire investimenti stranieri. Più nel dettaglio, si tratta di zone: prive di restrizioni e vincoli al trasferimento dei proventi o al rimpatrio di capitali; in cui le aziende possono essere riconducibili a investitori stranieri; che consentono di ottenere numerose detrazioni e agevolazioni fiscali per lunghi periodi di tempo.
All’interno del territorio vi sono più di 30 free zone. Queste zone si dividono tra quelle in cui è consentito lo svolgimento di qualsiasi attività economica o commerciale, e quelle in cui sarà possibile operare solo se si rientra in determinate categorie di attività economiche.
Infine, per promuovere gli obiettivi di sviluppo tra i Paesi, eliminare gli ostacoli legati al commercio transfrontaliero e tutelare i contribuenti dalla doppia imposizione, l‘Italia e gli Emirati Arabi Uniti sono legati dalla convenzione fiscale contro le doppie imposizioni che stabilisce una ritenuta d’acconto tra il 5% e il 15% d’imposta sui dividendi, 0% sugli interessi e 10% sulle royalty.
Ebbene, quanto finora illustrato rappresenta il pretesto per ulteriori approfondimenti pratici, condotti da consulenti professionisti in materia. Infatti, il mercato degli Emirati presenta delle complessità che, per essere affrontate nel migliore dei modi, in particolare se l’obiettivo è avviare un business, impongono una disamina da parte di esperti della materia.