- Per fake news si intendono informazioni false o fuorvianti che proliferano attraverso diversi canali allo scopo di produrre misinformazione o disinformazione
- Le fake news possono innescare una contrazione generalizzata dei prezzi dei titoli finanziari, aumentando l’incertezza intorno ai titoli stessi
Post, storie, articoli e tweet tendenziosi, se non addirittura falsi, distorcono le Borse. Più precisamente, possono influenzare il valore dei titoli, come una nebbia informativa che alimenta il retropensiero che investire in quelle società sia eccessivamente rischioso. A dimostrarlo è un nuovo studio dal titolo Fake news and asset price dynamics condotto dal professore Paolo Pellizzari del dipartimento di economia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia in collaborazione con Frank Westerhoff e Sarah Mignot dell’Università di Bamberg in Germania. L’obiettivo? Esplorare l’impatto delle cosiddette fake news, appunto, sulla dinamica dei prezzi dei titoli finanziari.
Per fake news si intendono informazioni false o fuorvianti, presentate come autentiche, che proliferano attraverso diversi canali – tra cui social media e siti web – allo scopo di produrre misinformazione o disinformazione. In altre parole, create al fine di manipolare l’opinione pubblica. In linea teorica i prezzi dei titoli dovrebbero costituire una sintesi di tutte le informazioni cui gli investitori possono accedere, ma l’estesa mole di dati attualmente disponibile online ne ha intaccato la loro stessa attendibilità. Di fronte a una tale quantità di notizie, molti operatori del mercato finiscono per saltare la fase di check, non riuscendo così più a distinguere le informazioni vere da quelle false. Il punto di partenza degli studiosi è che le fake news “inquinano” il panorama informativo, offuscando le prospettive delle imprese e inducendo (ampi) spostamenti delle previsioni di pagamento dei dividendi. “Di conseguenza, la negoziazione di titoli azionari diventa più rischiosa”, scrivono gli esperti. Da sottolineare che ciò può essere vero anche se le notizie false o comunque imprecise e fuorvianti hanno un tono positivo, perché l’incertezza aggiuntiva che circonda il titolo ha sempre effetti negativi.
I risultati dello studio
In sintesi, utilizzando un mix di metodi analitici e numerici, gli studiosi sono giunti a tre conclusioni. In primo luogo, le fake news possono innescare una contrazione generalizzata dei prezzi dei titoli finanziari, aumentando l’incertezza intorno ai titoli stessi e alterando la percezione in merito alla rischiosità dell’investimento. In secondo luogo, i prezzi “si sganciano via via dai fondamentali dell’economia e diventano meno significativi (ad esempio, a un prezzo alto non corrisponde alta qualità e viceversa)”, si legge in una nota che accompagna il paper, diffusa dall’Università Ca’ Foscari di Venezia. In terzo luogo, molti investitori finiscono per utilizzare strategie d’acquisto semplici a discapito di una pianificazione a lungo termine. Così, gli effetti possono essere sostanzialmente due: una distorsione del mercato o “un’oscillazione caotica endogena”, termine utilizzato per indicare oscillazioni violente e imprevedibili dei prezzi causate dalle azioni di investitori che omettono analisi accurate a favore di un trading improvvisato.
Gli effetti a lungo termine
Tra l’altro, non si tratta di effetti temporanei che si esauriscono al cessare della bufera sul titolo, ma in alcuni casi l’instabilità diventa permanente: il prezzo dell’azione finisce infatti per oscillare anche in mancanza di fake news. “Il nostro modello può essere utile ai policymaker, in quanto dimostra che gli effetti più dannosi delle fake news sono principalmente legati a una volatilità percepita come esagerata che ha un impatto sugli operatori avversi al rischio, rende più difficile e costosa l’analisi fondamentale e, in ultima analisi, deprime i prezzi”, osservano gli studiosi. Dato che gli effetti delle fake news sono incanalati soprattutto attraverso la volatilità, secondo gli esperti compensare il danno attraverso campagne di debunking o la diffusione di notizie o interpretazioni più accurate può non essere necessariamente la chiave, dato che una quantità aggiuntiva di dati rischierebbe di generare l’effetto opposto, aumentando ulteriormente la volatilità a fronte un’altra fonte da analizzare e digerire. “Forse questo circolo vizioso può essere realisticamente interrotto solo se il fact-checking e le notizie veritiere sono emesse da istituzioni estremamente affidabili”, conclude lo studio.