La disputa tra Grecia e Regno Unito per la restituzione dei marmi del Partenone perdura da oltre due secoli.
Negli ultimi anni, nonostante molte incertezze e rallentamenti, sembrano essere emersi segnali incoraggianti nella direzione di un ritorno dei marmi in Grecia, sebbene ancora non vi sia un accordo tra gli Stati.
La vicenda trae origine da una “incursione” di inizio ’800, quando, sotto la direzione dell’allora ambasciatore britannico a Costantinopoli, Lord Elgin, i marmi che fregiavano il Partenone vennero smontati, asportati e trasferiti nel Regno Unito, precisamente presso il British Museum di Londra, grazie ad una autorizzazione del governo ottomano, all’epoca reggente in Grecia.
Lo Stato greco non ha mai smesso di rivendicare i marmi del Partenone
Da allora, lo Stato greco non ha mai smesso di rivendicare la proprietà dei marmi e domandare la loro restituzione, scontrandosi tuttavia con una netta opposizione da parte del Regno Unito.
Solo per parlare di quanto accaduto in tempi più recenti, nel 2020 è naufragato il tentativo di composizione amichevole della controversia, svolto in seno al comitato intergovernativo ICPRCP dell’Unesco, ragione per la quale l’International Association for the Reunification of the Parthenon Sculptures ed il Ministro greco per la cultura avevano poi dato al British Museum un ultimatum per la riconsegna dei beni, stabilendo un termine sino al 20 giugno 2020. Questa sollecitazione è però rimasta senza risposta.
Successivamente – assumendo una posizione più morbida, che però non è stata seguita da alcuna iniziativa concreta – i vertici del British Museum, intervistati sul punto, hanno parlato di una possibile apertura ad un accordo, specificando però che si sarebbero comunque dovute tenere nella dovuta considerazione le richieste e le necessità di entrambe le parti, prospettando quindi una soluzione “ibrida” tra prestito internazionale ed esposizione in Grecia dei marmi in oggetto. Tuttavia, proprio attorno alla legittimità del trasferimento nel Regno Unito nonché alle autorizzazioni ricevute da Lord Elgin oggi vengono sollevati nuovi, ulteriori dubbi.
I marmi del Partenone e il diritto internazionale
Recentemente è stato pubblicato un saggio della giurista e ricercatrice greca Catharine Titi, intitolato The Parthenon Marbles and International Law, con prefazione di Andrew Wallace-Hadrill, docente presso l’Università di Cambridge e membro del Comitato britannico per la riunificazione dei marmi del Partenone.
All’interno del saggio viene condotta un’ampia ricerca d’archivio, all’esito della quale si propende per l’illiceità del trasferimento dei marmi, in quanto – sostiene Titi – non esistono prove di una valida transazione giuridica: persino il decreto ottomano originale di autorizzazione al ritiro dei marmi – a lungo invocato dal governo britannico quale titolo di legittimazione – esisterebbe solo in versione italiana, mai autenticata.
Mancando l’originale, verrebbe meno il presupposto su cui finora il Regno Unito ha fondato il proprio titolo sui beni e negato la restituzione.
Ancora, dal saggio di Titi si apprende che nella corrispondenza tra Elgin ed i suoi collaboratori sarebbe menzionata esclusivamente un’autorizzazione del governo ottomano ad effettuare scavi sull’Acropoli e prelevare i marmi presenti sul suolo, non quelli che erano parte integrante del Partenone.
Infine, Lord Robert Adair, ambasciatore britannico a Istanbul, in una lettera del 1811 – pubblicata da Titi – ricorda a Lord Elgin il mancato riconoscimento da parte dell’impero ottomano di qualsivoglia diritto di proprietà sui marmi del Partenone in capo al governo britannico.
Un rinnovato interesse verso le restituzioni
Titi nella sua analisi non esclude neppure l’ipotesi di corruzione, termine menzionato in un documento inglese del 1816: Elgin avrebbe pagato alcuni funzionari ottomani, offrendo l’appoggio britannico per la liberazione dell’Egitto dai francesi in cambio dei marmi.
Il saggio conclude quindi per la legittimità, in base alle norme di diritto internazionale vigenti, della richiesta di restituzione dei marmi da parte delle autorità greche, pur sconsigliando il ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia e indicando come strada preferenziale il metodo del negoziato con il Regno Unito.
Recentemente, grazie anche ad un rinnovato interesse verso l’argomento e alle numerose manifestazioni pro-restituzione, diversi e clamorosi sono stati i casi di riconsegna di beni culturali saccheggiati e poi ritornati allo Stato originario di appartenenza: esemplificative sono le vicende che hanno visto protagonisti la scultura marmorea acefala di Afrodite, nota come la “Venere di Cirene”, restituita dall’Italia alla Libia all’esito di una lunga procedura e querelle giudiziaria, e quella del cosiddetto “Reperto Fagan”, rimpatriato ad Atene nel 2022 dal Museo Archeologico Antonino Salinas di Palermo e dalla Regione Sicilia.
In ultimo, sempre con riferimento al Partenone, anche il Vaticano ha deciso di restituire alla Grecia tre frammenti appartenenti al celeberrimo templio, con ciò volendo dare un chiaro segnale anche al governo britannico sull’opportunità di restituire i marmi.
La strada da seguire sembra ormai segnata: sarà solo una questione di tempo …?