Nel corso degli ultimi anni, infatti, i professionisti si sono confrontati con un numero sempre crescente di clienti con le più eterogenee situazioni familiari: tra essi, famiglie che si trasferiscono, più o meno durevolmente, all’estero per motivi di studio o di lavoro; pensionati che emigrano per approfittare di agevolazioni fiscali garantite da altri Paesi, ma che desiderano mantenere una base vicino ai figli; famiglie che investono all’estero; cervelli che espatriano, altri che rientrano.
Situazioni un tempo insolite, che oggi sono quasi la regola e a cui si sommano ulteriori complessità dovute, ad esempio, alla composizione familiare. Non sono infrequenti, infatti, clienti appartenenti a famiglie ricomposte e/o multietniche; clienti con tematiche connesse alla presenza di figli legittimi o naturali, frutto di diverse relazioni, famiglie monoparentali.
Questa realtà è confermata anche da un recente sondaggio pubblicato dalla Society of trust and estate practitioners (Step), cui hanno partecipato oltre 600 professionisti internazionali del settore wealth planning, che evidenzia come essi siano confrontati, attualmente, con diversi modelli di famiglia: da quelle “multi-giurisdizionali” a quelle multietniche; dalle “blended family”, dove i genitori hanno figli nati da precedenti relazioni, alle “cohabiting family” rappresentate da unioni al di fuori dal vincolo matrimoniale.
I risultati del documento non fanno altro che confermare come l’esperienza di questo tipo di clientela sia ampiamente condivisa dagli operatori nel settore della pianificazione patrimoniale, in più Paesi nel mondo.
Questa rinnovata complessità, oltre a evidenziare come l’attività di pianificazione rivesta un ruolo sempre più fondamentale, fa anche riflettere sull’inadeguatezza di modelli e strategie che fino a pochi anni fa risultavano perfettamente proporzionate, ma che oggi mostrano tutte le loro debolezze.
Non è più possibile ricorrere a soluzioni uniformi in circostanze, sempre più conflittuali, con tematiche che spaziano su aree geografiche diverse e che riguardano campi di competenza differenti. Al contrario, per offrire un servizio all’altezza delle nuove sfide occorre riunire competenze che richiedono minuziose conoscenze specialistiche, in campo fiscale, legale, finanziario e amministrativo, ad altre competenze, più trasversali ma altrettanto importanti, atte garantire una gestione strategica del cliente mediante un attento lavoro di relazioni, anche con la famiglia, oltre che di coordinamento e supervisione, che permetta, tra l’altro di individuare e limitare per tempo potenziali rischi o criticità.
In questo contesto il trust, come strumento di pianificazione, gestione e prevenzione dei conflitti, rappresenta la prima scelta in termini di programmazione e protezione. Si tratta, infatti, di uno strumento che risponde molto bene alle esigenze di famiglie basate su più giurisdizioni, in quanto è riconosciuto e regolato in un gran numero di Paesi; inoltre è sufficientemente flessibile non solo per garantire una pianificazione a lungo termine, ma anche per permettere un utilizzo mirato su obiettivi di volta in volta differenti, garantendo nel contempo un servizio di family governance che è essenziale per guidare la famiglia attraverso un sereno passaggio generazionale.
Confrontarsi con le caratteristiche e le peculiarità di un trust, tuttavia, non è un esercizio banale. Il trust nasce per durare nel tempo ma, a differenza di altre strutture o soluzioni negoziali, è uno strumento dinamico, destinato a evolversi parallelamente al mutare delle esigenze e della struttura della famiglia. Per questo motivo, sin dalla sua stesura, è necessario mantenere una visione d’insieme e lavorare nella consapevolezza che le sue clausole devono rispondere sia ai desiderata del disponente, che all’interesse dei beneficiari, presenti e futuri.
Una volta trovato il giusto testo, bisogna poi sincerarsi che il trust venga correttamente amministrato. Per questo è necessario individuare un trustee con adeguata struttura e professionalità, abituato a lavorare e a formarsi in sinergia con altri professionisti. Il lavoro del trustee, infatti non può prescindere dal coordinamento con altre professionalità, che lo supportino nella gestione dei beni in trust, nell’interesse dei beneficiari e in linea con i dettami del trust.
La comunicazione diventa quindi uno dei principali strumenti di cui il professionista può servirsi, non solo per comprendere al meglio le esigenze del cliente, ma anche per imparare a destreggiarsi nel coacervo di leggi, regolamenti e complessità operative che, di volta in volta, si trova ad affrontare. Dalla comunicazione nasce poi la collaborazione, che rappresenta elemento fondamentale per offrire al cliente un servizio altamente professionale oltre che capillare.
Solo in questo modo è possibile offrire una corretta consulenza alle “nuove famiglie”, permettendo loro di accedere a strumenti di pianificazione patrimoniale che, se gestiti correttamente, consentono loro di coltivare le rispettive peculiarità, complessità e libertà, tutelandole nel contempo da conflitti, attuali o futuri, interni o esterni, con cui potranno trovarsi confrontate.