Nel caso venga trasferito patrimonio in un trust in misura eccedente la quota disponibile, quanto trasferito in eccedenza ridurrà l’attivo ereditario che la legge riserva ai legittimari, per cui se costoro non gradiscono che sia stato istituito il trust, anche se magari ne sono essi stessi beneficiari, all’apertura della successione possono intraprendere un’azione di riduzione che terminerebbe con l’assegnazione agli stessi di parte del patrimonio che il de cuius aveva trasferito al trust, fino a concorrenza della quota di legittima lesa.
A titolo esemplificativo, se il de cuius ha trasferito l’intero suo patrimonio a un trust che vede come beneficiari il coniuge e i figli ed essi sono d’accordo con tale pianificazione patrimoniale, in tal caso anche se i diritti di legittima (cioè il diritto di ricevere direttamente una parte del patrimonio) del coniuge e dei figli sono stati lesi, la destinazione del patrimonio impressa dal de cuius non sarà contestata e i suoi effetti si stabilizzeranno.
Per questa ragione se si intende istituire in trust una parte del patrimonio che eccede la quota disponibile, è necessario che ciò sia fatto in accordo con la prima linea degli eredi (di solito il coniuge e i figli). Deve essere una scelta da tutti compresa, condivisa e voluta, in modo che all’apertura della successione la stessa non sia oggetto di contestazione ma che, al contrario, con l’acquiescenza dei legittimari alla pianificazione patrimoniale impostata dal de cuius, i suoi effetti si consolidino.
L’istituzione in trust del patrimonio con il consenso della prima linea degli eredi, inoltre, interrompe il meccanismo della legittima, che opera a ogni passaggio generazionale, provocando di generazione in generazione un frazionamento sempre maggiore del patrimonio originario.
Il patrimonio apportato al trust in accordo con la prima linea di discendenza rimarrà così in trust fino al termine finale dello stesso (il momento in cui il trustee, secondo quanto indicato dal disponente nell’atto istitutivo, assegnerà i beni in trust ai beneficiari finali, i nipoti di quinta generazione) e la volontà impressa dal disponente di beneficiare i suoi discendenti tramite il trust, mantenendo unitario il patrimonio, troverà piena applicazione.
In mancanza di consenso della prima linea di discendenza il disponente può ben istituire ugualmente un trust, ma allo stesso può trasferire la sola quota disponibile del suo patrimonio, ovvero se trasferisce di più deve sapere che i suoi primi eredi potranno rivendicare l’attribuzione della parte eccedente tale quota.
L’istituzione di un trust, che è l’istituto più duttile che il nostro ordinamento ci mette a disposizione per pianificare il passaggio generazionale, richiede quindi un ponderato percorso di comprensione dei suoi benefici non solo da parte di colui il quale sarà il disponente, ma anche da parte dei suoi primi eredi. È un percorso che richiede tempo, ma che è indispensabile per assicurare stabilità al voluto disegno di pianificazione patrimoniale.
Articolo scritto con Brigitta Valas, associate di Vasapolli & Associati