Sartorelli: “Se qualcuno promette una rendita mensile sicura o un guadagno a fine anno altrettanto sicuro, al 99% si tratta di una truffa”
Secondo uno studio della Federal trade commission, i raggirati utilizzano per pagare i truffatori principalmente Bitcoin (70%), Tether (10%) ed Ether (9%)
Investite nelle criptovalute? Occhio alle frodi. Ma anche alla volatilità. Secondo un recente rapporto della Federal trade commission (agenzia governativa statunitense impegnata nella tutela dei consumatori e nella prevenzione di pratiche commerciali anticoncorrenziali) le critpo-truffe hanno fruttato ai criminali della blockchain oltre un miliardo di dollari. Ogni raggirato ha perso mediamente, tra gennaio 2021 e marzo 2022, ben 2.600 dollari. E, molto spesso, tutto è iniziato con un messaggio su una piattaforma di social media. Eugenio Sartorelli, membro del comitato scientifico di Siat, racconta a We Wealth quali sono i principali rischi da cui difendersi. E come farlo.
Quali sono i pericoli per chi investe in criptovalute?
Non è una questione di mercati regolamentati o non. Se qualcuno promette una rendita mensile sicura o un guadagno a fine anno altrettanto sicuro, al 99% si tratta di una truffa. Senza bisogno di scomodare le criptovalute per tirar fuori lo schema Ponzi. Sui mercati finanziari la parola “sicuro” non esiste. Ci sono piuttosto persone che hanno la truffa nel loro DNA e utilizzano gli strumenti più semplici o alla moda per raggirarne altre. Più che strumenti legati alle criptovalute, strumenti legati ai token. Sulle truffe d’investimento ci vuole un minimo di buon senso. Se si va su qualcosa di poco conosciuto, non ci si informa e si pensa di guadagnare tanto in poco tempo, si è più propensi a perdere ingenti somme.
Stando allo studio della Federal trade commission, i raggirati utilizzano per pagare i truffatori principalmente Bitcoin (70%), Tether (10%) ed Ether (9%). Ma ci sono criptovalute più “vulnerabili” di altre?
Intanto ricordiamo che il Bitcoin non è anonimo ma il wallet è sempre rintracciabile perché sta in una blockchain. Ci sono invece altre criptovalute anonime, Monero è quella più conosciuta. Perché viene utilizzato più il Bitcoin? Perché è quello più facile da reperire. Il truffato trova facilmente qualcuno che gli spiega come usare il Bitcoin. E poi manderà il suo Bitcoin nel wallet del truffatore. È chiaro che il wallet del truffatore si troverà in paesi dove non ci sono rapporti giudiziari aperti con l’Italia; alcuni paesi esotici, per esempio, non sono perseguibili. Lo stesso vale per il Tether, che è un dollaro digitale e di facile reperibilità. Non esistono dunque criptovalute più vulnerabili di altre, ma è una questione appunto di reperibilità. La malavita, quando deve fare i propri affari, non usa però il Bitcoin ma criptovalute anonime. Parliamo di cartelli di droga, armi e così via.
Quali sono gli altri rischi da considerare?
Sicuramente la volatilità, anche se ricordo che sta scendendo sulle principali criptovalute. Il Bitcoin non ha una volatilità tanto più piccola di Tesla, per esempio. Quella su molti titoli Nasdaq (non piccoli ma a elevata capitalizzazione) è infatti paragonabile alle più grosse criptovalute. È chiaro che quanto più la cripto è piccola (sotto il miliardo) meno ci sono scambi e tanto più c’è volatilità. La cosa migliore, come in tutti gli investimenti, è innanzitutto diversificare. Non puntare solo su una criptovaluta. E poi utilizzare una piccola percentuale del proprio capitale.
Il presidente della Consob Paolo Savona, in occasione del Festival dell’Economia di Trento, ha ribadito come quello delle criptovalute sia un “mondo virtuale che non riusciamo più a controllare”. Ricordando tra l’altro la necessità di sviluppare normative ad hoc. Cosa ne pensa?
Che ci voglia una normativa, sicuramente. Ricordiamo però che le criptovalute sono decentralizzate. Quindi o si parla di una normativa sovranazionale o si rischia di penalizzare alcuni a favore di altri, essendo un mondo che vive sulla rete. La cosa che devono capire i banchieri centrali, e mi sembra che stiano iniziando a farlo perché hanno visto ciò che è successo con TerraLuna, è che il loro nemico non sono le criptovalute ma le stablecoin. Perché sono queste ultime che vanno a fare il lavoro di una valuta fiat nel digitale, sostituendosi a una delle prerogative delle banche centrali. Quella è la forma da regolamentare, innanzitutto.
In definitiva, come difendersi dai rischi di investire nelle cripto?
O uno ha il tempo di aprirsi un conto su un exchange, come Coinbase, e fa operazioni sulle cripto (parliamo ovviamente di investimento e non di trading). Oppure l’altra possibilità è utilizzare gli Etf, che sono quotati. Ci sono addirittura società che emettono Etn che fanno già loro un mix di criptovalute. Una forma di diversificazione, insomma. Questo è un modo semplice, senza bisogno di complicarsi la vita, di utilizzare le proprie banche (quello che lo permettono) per acquistare prodotti che siano almeno un minimo regolamentati. Così si potranno fare le classiche operazioni dei Pac (Piani di accumulo): senza stare a vedere come va il mercato, ogni 2-3 mesi ci si mette una piccola parte dei propri risparmi, però regolarmente si acquista. E, seguendo la logica dei Pac, si acquisterà in momenti in cui il mercato è molto forte e in altri in cui il mercato è molto debole. E si accumula posizione in criptovalute, mettendoci poco alla volta e rimanendo sui mercati regolamentati.