Fai da te: a quali condizioni e con quale % del portafoglio?
I mercati finanziari hanno presentato in questi anni un crescente grado di complessità e questo deriva da una finanza che ha preso sempre più il sopravvento sull’economia diventando, contestualmente, molto più globalizzata. Sono aumentati, quindi, gli aspetti da valutare quando si fanno gli investimenti, rendendo più difficile la piena comprensione dei rischi e delle opportunità presenti sui mercati. “Non è in assoluto sbagliato, per un investitore, seguire la via del fai-da-te – dice Mainò a We Wealth – ma anche chi è dotato di una buona cultura finanziaria potrebbe non avere una visione completa di tutti gli aspetti necessari per investire. Un solido processo di investimento è quello che un professionista può offrire al cliente nel suo servizio, garantendo il giusto matching tra i bisogni/obiettivi di un investitore e le scelte operative nei mercati. Il fai-da-te dovrebbe eventualmente limitarsi al 10%-20% del proprio patrimonio, in modo da non far venir meno quindi il raggiungimento degli obiettivi generali”.
Utilizzare criteri di diversificazione tra asset class, studio delle loro correlazioni, analisi dei singoli prodotti sono step necessari negli investimenti, tutte cose che richiedono tempo di approfondimento. Chi si volesse comunque cimentare deve tenere conto quindi non solo dell’andamento dei mercati, ma anche del funzionamento degli strumenti utilizzati e del loro rischio effettivo. E, cosa forse ancora più importante, risulta essenziale conoscere sé stessi come investitori, o la propria psicologia (pazienza/impazienza, stress, voglia e tempo di eseguire i mercati).
Broker e piattaforme, come sceglierle
La scelta dell’intermediario deve essere guidata da diversi criteri, non solo di tipo economico ma anche per le sue caratteristiche qualitative. “Un primo elemento è certamente l’affidabilità, appoggiandosi quindi sempre a intermediari conosciuti e riconosciuti dal mercato, evitando broker dove scarseggiano le informazioni – suggerisce Mainò – Un secondo elemento riguarda l’offerta in termini di mercati (oltre a quello italiano, anche le borse estere ad esempio) e di tipologie di strumenti utilizzabili. Un ulteriore elemento è inerente alla piattaforma operativa, che deve essere intuitiva, rapida ed efficiente, specie nelle fasi più volatili del mercato. Sempre a livello qualitativo, occorre poi tenere conto dell’assistenza clienti, basilare quando vi siano informazioni da chiedere o problemi da risolvere. In termini di efficienza, la scelta va ponderata in modo che sia in linea con propria operatività e il proprio patrimonio. Qui contano i servizi offerti, come ad esempio avere le quotazioni in real time, la possibilità di visualizzare il book di negoziazione o avere servizi accessori come quello dei pac, i piani di accumulo che consentono di investire una cifra mensile fino al raggiungimento del target di investimento annuale, in modo da entrare a un prezzo medio che non tiene conto di picchi e crolli e di fatto sterilizza l’investimento dal tema della volatilità.
Commissioni e spread denaro lettera
Il tema delle commissioni è certamente un aspetto di efficienza nella valutazione di un intermediario. Per patrimoni non elevati (e quindi con singole operazioni dal controvalore basso) l’impatto dei costi di transazione può essere rilevante, ad esempio se i minimi commissionali sono elevati. “L’ottimale, in questi casi, è preferire intermediari che non li prevedano – commenta ancora Mainò – Al contrario, al crescere del controvalore delle singole tranche di investimento, la soluzione efficiente è rappresentata da quelle piattaforme che prevedono una commissione massima per eseguito: in questo modo l’incidenza percentuale diventa sempre minore. Diversi intermediari offrono fasce commissionali in base al patrimonio detenuto o al numero di operazioni effettuate”. L’altro elemento che caratterizza l’efficienza delle transazioni è quello relativo allo spread denaro lettera, ossia il differenziale tra le proposte di acquisto e quelle in vendita. Si tratta, a tutti gli effetti, di un vero e proprio costo che può fare la differenza tra prodotti apparentemente identici. Più uno strumento è liquido, più sarà limitato l’impatto dello spread bid-ask. “Occorre quindi fare attenzione agli scambi giornalieri medi degli strumenti finanziari, evitando situazioni in cui la dismissione può comportare vendite svantaggiose o addirittura difficoltose”.
Analisi tecnica e analisi fondamentale
La diatriba tra ‘seguaci’ dell’analisi tecnica e analisi fondamentale rappresenta una costante nel mondo degli investimenti. Chi utilizza l’analisi fondamentale, ricerca quel teorico gap esistente tra valore intrinseco di una società e il suo valore di quotazione di borsa; chi utilizza invece l’analisi tecnica, ritiene che tutte le considerazioni di mercato (notizie, fondamentali, macro) siano già incorporate nei livelli dei prezzi. “Le due discipline in realtà sono complementari: l’analisi tecnica fa riferimento alle dinamiche di domanda e offerta nel breve termine, nel medio lungo termine i prezzi tenderanno verso un fair value di tipo fondamentale e legato agli utili che un’azienda è capace di produrre nel tempo. Questa convergenza è facilmente riscontrabile non solo nelle aziende ma negli stessi indici di borsa. Nel medio lungo termine le tendenze rialziste più solide e durature sono quelle relative a società (o listini) dove gli utili per azione sono in crescita nel tempo, grazie a business innovativi e in espansione. A seconda della propria operatività e dell’ottica temporale, potrà prevalere l’una o l’altra disciplina. L’analisi empirica mostra tuttavia che l’attività di breve termine difficilmente riesce a creare valore, vista la difficoltà nell’indovinare, con persistenza, la direzione dei mercati”.
La questione fiscale: quanto e quando si pagano le tasse
L’aspetto fiscale è di importanza rilevante per l’investitore e la conoscenza della normativa consente di efficientare la resa dei propri investimenti. La compensabilità tra plusvalenze e minusvalenze è importante da conoscere, per operare il giusto mix tra le tipologie di strumenti da utilizzare (etf, fondi, azioni, certificati, obbligazioni). L’impatto del 26% del capital gain (12,5% per titoli di stato ed equivalenti) può essere quindi gestito in modo efficiente, per ridurre il carico fiscale effettivo. Chiaramente, questo obiettivo non deve far venir meno le corrette scelte di un’asset allocation diversificata che devono comunque essere prioritarie nel processo di investimento.
Il valore aggiunto della consulenza
Dunque, in conclusione, per investire in Borsa bisogna strutturare un’asset allocation diversificata e tarata sugli obiettivi personali, il giusto mix tra strategia e tattica, il controllo dei costi, la verifica dell’affidabilità ed efficienza dell’intermediario, l’efficienza fiscale. Può risultare infatti difficile per il singolo investitore poter coniugare insieme tutte queste sfaccettature. Ed è qui che entra in gioco il consulente. “Il consulente – chiosa Mainò – che a nostro avviso deve essere indipendente e fee only, ossia remunerato solo a parcella, si trova ad essere il necessario ‘trait d’union’ tra tutte le diverse angolature”. Il vero valore aggiunto di un professionista dedicato alla sfera della pianificazione patrimoniale e della consulenza finanziaria è direttamente legato alla capacità del consulente di intercettarne i bisogni, a volte difficilmente individuabili attraverso un approccio fai-da-te e alla consapevolezza dei mezzi utili per raggiungere in modo efficiente quegli obiettivi. “Il consulente indipendente, inoltre, con la sua attività si trova allineato agli interessi del cliente, superando quindi quegli aspetti di potenziale inefficienza presenti quando manca l’elemento dell’indipendenza nei consigli di investimento. Avendo poi una visione totale del patrimonio dell’investitore (dispiegato anche su diversi intermediari), il consulente indipendente può essere pienamente efficace nei suoi consigli”, conclude l’esperto.