I cinque segreti della liquidità: mai più senza soldi

8.5.2020
Tempo di lettura: 10'
L'impatto della crisi Covid sulle nostre vite ha reso più urgente sapere quali sono i segreti della liquidità: come fare per poter disporre delle risorse necessarie quando serve, con rapidità. We Wealth, leader nell'informazione destinata alla gestione patrimoniale, lo ha chiesto a tre insider più uno. Che risponde al nome di George Soros
L'Italia è sempre stata uno dei paesi con il maggiore risparmio privato al mondo. Una montagna di ricchezza pari al doppio del debito pubblico, parcheggiata sui conti correnti. L'arrivo del coronavirus non ha fatto che aumentare la fame di liquidità. Secondo i dati Assogestioni per dire, a marzo 2020 gli italiani hanno spostato dal risparmio gestito un quantitativo di denaro pari a 8,7 miliardi euro. Aggiunge dettagli al quadro italiano la società di ricerca GlobalData (lo studio di riferimento è COVID-19 Sector Impact: Retail Savings & Investments – Italy) che prevede per il 2020 un'autentica impennata della domanda di depositi bancari:

La modifica delle previsioni è quasi sconcertante: la domanda di conti correnti nel 2020 aumenterà di oltre 3,5 volte rispetto alla prospettiva pre-Covid (5,1% contro 1,4%). L'effetto è destinato a perdurare anche nel 2021, seppur in misura più smorzata. Al di là dei depositi, i risparmiatori italiani potrebbero posizionarsi sulle care, vecchie obbligazioni. La crisi pandemica mette in guardia il risparmiatore italiano – per sua natura già prudente – dai prodotti più rischiosi come le azioni.
Effetti analoghi si hanno però anche in paesi tradizionalmente avvezzi all'investimento azionario, come il Regno Unito:

Anche sul versante a stelle e strisce si riscopre il fascino del contante. La società di ricerca SpectremGroup ha infatti rilevato che i risparmiatori con almeno 100.000 dollari hanno destinato oltre il 32% del loro gruzzolo a contate nel mese di aprile. Sembra poco? A gennaio la quota era inferiore al 20%: l'aumento è stato di quasi il 60% in tre mesi. Un'altra ricerca (Learnbonds) mostra che sempre negli Usa il tasso di risparmio personale è volato al 13,1% nel marzo 2020. Si tratta del livello più alto da 40 anni: bisogna tornare infatti al novembre 1980 per trovare un tasso simile (13,2%).
Iniziamo il nostro viaggio, in ordine decrescente di liquidità. Il fine è sempre quello di (imparare) a essere strategici con il proprio denaro, per vivere meglio. Saper gestire la propria liquidità senza segreti, come se fosse in un armadio ordinato: a portata di mano gli indumenti di stagione, nei ripiani più alti ciò che al momento non serve, ma che a breve servirà. Avendo tutto sotto controllo.
Poche storie. In tempo di crisi il denaro contante serve a portata di mano.

La modifica delle previsioni è quasi sconcertante: la domanda di conti correnti nel 2020 aumenterà di oltre 3,5 volte rispetto alla prospettiva pre-Covid (5,1% contro 1,4%). L'effetto è destinato a perdurare anche nel 2021, seppur in misura più smorzata. Al di là dei depositi, i risparmiatori italiani potrebbero posizionarsi sulle care, vecchie obbligazioni. La crisi pandemica mette in guardia il risparmiatore italiano – per sua natura già prudente – dai prodotti più rischiosi come le azioni.
Anche all'estero crescono i fan di una liquidità senza segreti
Effetti analoghi si hanno però anche in paesi tradizionalmente avvezzi all'investimento azionario, come il Regno Unito:

Anche sul versante a stelle e strisce si riscopre il fascino del contante. La società di ricerca SpectremGroup ha infatti rilevato che i risparmiatori con almeno 100.000 dollari hanno destinato oltre il 32% del loro gruzzolo a contate nel mese di aprile. Sembra poco? A gennaio la quota era inferiore al 20%: l'aumento è stato di quasi il 60% in tre mesi. Un'altra ricerca (Learnbonds) mostra che sempre negli Usa il tasso di risparmio personale è volato al 13,1% nel marzo 2020. Si tratta del livello più alto da 40 anni: bisogna tornare infatti al novembre 1980 per trovare un tasso simile (13,2%).
Cosa faccio se ho 10.000 euro? Ma anche 1000… Tanto il ragionamento è lo stesso
Iniziamo il nostro viaggio, in ordine decrescente di liquidità. Il fine è sempre quello di (imparare) a essere strategici con il proprio denaro, per vivere meglio. Saper gestire la propria liquidità senza segreti, come se fosse in un armadio ordinato: a portata di mano gli indumenti di stagione, nei ripiani più alti ciò che al momento non serve, ma che a breve servirà. Avendo tutto sotto controllo.
Uno. La reginetta del parcheggio
Poche storie. In tempo di crisi il denaro contante serve a portata di mano.
In questi tempi di tassi di interesse prossimi allo zero, non bisogna pensare al conto corrente tanto come a una fonte di rendimento quanto a un “parcheggio” per la liquidità. È molto chiaro sul punto il professor Fabrizio Crespi (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università di Cagliari). “La liquidità è un asset in sé. Spesso è mal riposta, nel senso che se ne tiene a disposizione una quantità eccessiva rispetto alle proprie esigenze di tesoreria”. Il forziere “più banale è il conto corrente. In Italia non abbiamo ancora tassi di interesse negativi, ma sono aumentati notevolmente i costi di tenuta del conto”.
Cosa scegliere fra conto deposito e conto corrente
Oggi, molte banche in Italia offrono l'1% annuo lordo sui conti deposito. “Alcuni istituti possono spingersi oltre e offrire di più per pure esigenze di marketing, sperando che il cliente poi acquisti magari altri prodotti”, continua Crespi. “Attenzione però a non spostare i soldi ogni tre mesi: il tasso di interesse è annuo e va diviso per i 12 mesi”. Aggiunge Giuseppe Romano di Consultique: “è utile ricordare che al rendimento bisogna togliere lo 0,2 di bollo e lo 0,26 di imposta. Certo, 0,50% meglio di zero, ma se l'inflazione è all'1%…”. E allora? Conti correnti e conti deposito sono inutili, se non “dannosi”? No. È che – dalla crisi del 2008 – è cambiata proprio l'economia del nostro mondo. Viviamo adesso nel cosiddetto new normal, la nuova normalità in cui i tassi di interesse sono prossimi allo zero, se non negativi (qui per approfondire). Quindi, è con occhi diversi che si deve guardare al conto bancario. Come dice il professor Crespi, “dopo aver calibrato le proprie esigenze, si deve pensare al conto come al parcheggio della liquidità, per cui si paga un biglietto”.
Volendo scegliere un conto deposito, è buona prassi verificarne bene le condizioni contrattuali. Possono esistere infatti prodotti per cui non è possibile svincolare la somma prima dei termini. In questo senso, il conto corrente – per sua natura privo di vincoli – resta oggi forse lo strumento più efficace per assolvere al suo compito: quello di avere liquidità sempre a disposizione.
Per fare le cose per bene
Infine, anche nel caso dei conti deposito e dei conti correnti bisogna valutare la solidità della banca. Questa si misura con il valore del Cet1 (Common Equity Tier1 ratio): è una percentuale che si trova su tutti i siti web delle banche dell'eurozona. Secondo le regole Bce, non deve mai essere inferiore all'8%. Più il Cet1 è alto, maggiore è la solidità patrimoniale della banca. Bisogna poi tenere in conto che la garanzia del Fondo interbancario di tutela dei depositi prevede una copertura massima pari a 100mila euro per depositante e per banca.
Due. Le obbligazioni, i fondi monetari, gli Etf obbligazionari
È noto che le obbligazioni sono state per decenni la cassaforte del cuore dei risparmiatori italiani. A causa dei tassi a zero dell'ultimo decennio però, non sono più visti come lo strumento ideale per proteggere i propri risparmi. Raffaele Zenti, responsabile strategie di AdviseOnly, ricorda che “il profilo di rischio e il rendimento prospettico di larga parte dei bond è oggi molto sfavorevole. Le mini-cedole dell'universo obbligazionario, specialmente in Europa, non offrono più protezione rispetto alle vampate di volatilità”.
Sempre navigando nelle acque bassissime dei tassi di interesse, ci sono altre opzioni, come quelle dei fondi monetari a breve termine. Prosegue Zenti, “il parcheggio della liquidità non è assunzione di rischio”. Anche i fondi monetari sono ormai dei semplici contenitori a ridottissimo rendimento, se non negativo (e qui si torna nell'ottica del “costo parcheggio”, ammonisce Crespi). Essi investono in strumenti poco rischiosi a breve termine, tipicamente obbligazioni. Quindi i rendimenti, soprattutto nel brevissimo periodo, sono negativi. Se il rendimento è positivo, vuol dire che c'è dell'assunzione di rischio”. L'importante è esserne consapevoli.
Liquidità, i segreti per decollare sopra lo zero
Per restare liquidi ma decollare dal “livello zero”, si possono scegliere gli Etf, strumenti di risparmio gestito a basso costo per definizione. Giuseppe Romano vede negli Etf obbligazionari una valida alternativa al puro e semplice parcheggio di liquidità. “I panieri degli Etf obbligazionari sono molto diversificati, avendo al loro interno bond di tutto il mondo. Data la fase di mercato, noi preferiamo i corporate investment grade [i bond societari con elevato merito di credito, ndr] e i governativi globali (sempre Ig). Gli Etf hanno il vantaggio di essere lo strumento di risparmio gestito a più basso costo”. Oltre al vantaggio di costo, questi prodotti offrono rendimenti medi netti che si attestano fra il 2 e il 3% (3,80% rendimento al lordo dei costi di gestione, per fare un esempio)”. Ma soprattutto, sono liquidi. “Un Etf può essere comprato e venduto in Borsa in ogni momento, anche dopo un giorno. I tempi tecnici per avere i soldi sono di un paio di giorni”, dice Raffaele Zenti.
Sempre Zenti, mette poi in guardia dai certificati, che spesso appaiono tentatori nei vari siti online. Essi incorporano il rischio emittente (il rischio che chi li ha emessi non sia poi in grado di rimborsali). I certificati sono delle strutture che contengono derivati, sono costruiti con opzioni particolari. Non sono strumenti “demoniaci” in sé, ma sono prodotti per un pubblico molto esperto.
Tre. Le polizze di ramo uno
Con questa espressione si definiscono le gestioni separate delle compagnie assicurative. “Si tratta di strumenti piuttosto sicuri”, afferma Raffaele Zenti. Sono “prodotti di tipo assicurativo garantiti dalle compagnie e collegati alle polizze vita tradizionali. Per questi strumenti, “collegati di fatto a un portafoglio di obbligazioni governative” in generale il vincolo minimo è di 12 mesi. Giuseppe Romano evidenzia poi che queste polizze “non possono avere flessione perché prevedono una contabilizzazione al costo storico dei titoli che vi sono all'interno. Non sono quindi come un portafoglio obbligazionario, che è fatto di titoli che giornalmente oscillano”. Inoltre, “il rendimento diventa capitale”.
“I titoli contenuti nelle polizze di ramo 1 si consolidano nel tempo, in quanto non variano col valore del prezzo di mercato. Per esempio: se io compro un Btp che quota 100 con cedola 3% e il Btp stesso l'indomani scende a 90, il fondo obbligazionario fa -10. Ma la polizza a gestione separata non varia di valore. A fine anno, anche se il Btp va a 90, la cedola che viene staccata resta comunque quella del 3%: si considera il costo acquisto. Si tratta quindi di prodotti simili a un conto corrente remunerato”.
Leggere bene i prospetti informativi
“Le polizze ramo 1 rendono oggi mediamente dal 2 al 3%. Poi c'è la tassazione, variabile tra il 12,5% e il 26%”. Romano lo definisce “uno strumento in genere consigliabile”, ma nella scelta bisogna “stare attenti ai costi e ai rendimenti relativi in relazione alla composizione delle gestioni separate. Oggi esistono fra le 700 e le 800 gestioni separate, alcune sono più consolidate, altre meno. Ogni contratto di sottoscrizione ha poi delle peculiari caratteristiche in base alle quali bisogna valutare la bontà della gestione separata e dei costi”. Dello stesso avviso è Raffaele Zenti. “È essenziale guardare bene i termini del contratto e la documentazione informativa”.
I segreti della liquidità: ampliare gli orizzonti
Torniamo all'armadio. I primi tre punti hanno trattato del “guardaroba” per la stagione in corso, e per quella successiva. Vi sono però anche stagioni più lontane, per cui è utile prepararsi, in modo da avere allora senza segreti la liquidità per stare tranquilli. Spesso, si tratta di accantonare somme davvero ridotte, che non impattano le esigenze correnti di tesoreria.
Quattro. I Pac
Raffaele Zenti parte da un esempio. “Assumendo che l'andamento dei prezzi al consumo sia coerente con quello degli ultimi 10 o 20 anni, 1000 euro lasciati “in casa” diventeranno 900 euro tra 10 anni e 720 euro tra 20 anni”. La perdita di valore in termini reali è rispettivamente del 10% e del 28%. È però possibile ovviare alla fisiologica erosione del capitale liquido sfruttando la “magica” legge della capitalizzazione composta. Su questa formula si regge il successo dei Pac, i cosiddetti piani di accumulo graduali: gli interessi maturati si sommano al capitale, diventando a loro volta fruttiferi di rendimento. Per generare il circolo virtuoso, basta che il rendimento sia positivo, anche se ridotto (basso rendimento = basso rischio).
“L'offerta di mercato è ampia”, prosegue Zenti. “Normalmente si sceglie un fondo o più fondi. Esistono piani di accumulo con fondi comuni, i quali consentono di versare una somma, anche ridotta (100, 200 euro al mese) o irrisoria (5, 10 euro al mese). La cosa importante è che i versamenti siano gratuiti, che non ci siano commissioni da pagare per effettuare il versamento. Questi strumenti consentono di tirare fuori negli anni un capitale importante anche con alimentazioni relativamente ridotte, grazie alla “magia” della capitalizzazione composta”.
Ecco un esempio di come generano valore gli interessi composti se si investe una somma di 10.000 a al 3% fisso annuo:
- dopo un anno, 10.300 euro (10.000 più il 3 % di interessi);
- a 10 anni, 13,439 euro;
- dopo 20 anni, 18.061 euro.
Cinque. La rendita “fuori moda” proposta da George Soros
Infine, c'è un'opzione integrativa, da sommare ai "segreti" per generare liquidità, ossia quella delle quasi impronunziabili “obbligazioni irredimibili”. Si tratta di bond dalla cedola interessante, i quali (teoricamente) non rimborsano mai il capitale. Pagano però una rendita "perpetua" (in genere secolare) a chi li sottoscrive. L'Italia li ha già conosciuti.
Nel 1942, l'Italia emise infatti Buoni del Tesoro per finanziare l'industria bellica per nominali 42 miliardi di lire. All'epoca, non avevano scadenza. Erano cioè titoli irredimibili, con cedola fissa garantita a vita. Nel 1981 avvenne il rimborso di una prima quota di questi titoli; nel 1998, arrivò a sorpresa il secondo rimborso, che ne cancellò l'esistenza.
Chi ha studiato economia ricorderà che queste sono obbligazioni “epocali”, di stampo patriottico, emesse in frangenti storici del tutto straordinari (guerre, ricostruzioni post belliche). Per questo motivo George Soros, in un contributo apparso per la prima volta su Project Syndicate, le consiglia caldamente all'Unione europea per uscire dalla crisi Covid e uscire dall'impasse del Recovery fund e dei coronabond/eurobond, anche in virtù del loro vantaggioso regime fiscale. Ma questa è un'altra storia.