Un focus sugli effetti collaterali del deciso intervento monetario espansivo ha animato il primo intervento della Morningstar Investment Conference
L’investment manager e noto commentatore economico, Mario Seminerio, ha affermato che all’assunzione disinvolta di rischi sui mercati potrebbe seguire un “Minsky moment”, una fase di crollo che potrebbe essere innescata da un qualsiasi incidente di percorso nel processo di normalizzazione delle politiche monetarie
Ora che, però, il vento potrebbe essere cambiato, con pressioni inflazionistiche forse meno transitorie di quanto non si voglia far credere, potrebbe configurarsi un “Minsky moment”. Un modo elegante per indicare che “si ballerà non poco” sui mercati se qualcosa andrà storto nel processo di normalizzazione delle politiche monetarie. Il concetto deriva dagli studi dell’economista keynesiano Hyman Minsky, che aveva delineato un ciclo in varie fasi al termine del quale arriva, dopo una fase di sottovalutazione dei rischi, un repentino crollo durante il quale gli investitori si affrettano a ridurre le proprie esposizioni.
Per il momento, in pochi si sono lamentati per come sono andate le cose: l’economia si è generalmente ripresa dopo lo choc del Covid e i mercati hanno realizzato un record dietro l’altro. Alla fine, però, l’iniezione monetaria, unita alla crescente spesa pubblica, potrebbero aver gettato le basi di un ritorno inflazionistico, non soltanto imputabile a transitori disallineamenti dell’offerta di particolari beni. Il compito delle banche centrali è tenere l’inflazione sotto controllo e da esse ci si aspetta un intervento restrittivo, se i prezzi rischiano di mantenersi sopra gli obiettivi per un lungo periodo. Ad oggi, ha affermato Seminerio, la comunicazione delle banche centrali si è concentrata su un’opera di persuasione: convincere il mercato che l’inflazione è dovuta a fattori puramente transitori. E che, quindi, la stretta monetaria può essere ritardata. Nelle scorse settimane i mercati hanno iniziato a dubitare delle previsioni delle banche centrali, prezzando rialzi dei tassi più precoci.
Ed è qui che viene introdotta la tesi più “fastidiosa”. Il principale compito di questo tentativo di rassicurazione da parte delle banche centrali sarebbe finalizzato a mantenere la calma sul mercato obbligazionario, ha affermato l’investment manager. Ossia, ad evitare un’ondata di vendite in un mercato che, a breve, potrebbe subire forti perdite dovute alla crescita dei prezzi (e dei tassi) che andrebbe a colpire i prezzi di questa asset class. E’ qualcosa che anche lo stesso “ex re dei bond”, Bill Gross, aveva paventato alcune settimane fa – sostenendo che i Treasury oggi fossero come la “spazzatura”.
Secondo Seminerio, se si concretizzasse la fuga dai bond potrebbero seguire perniciosi effetti collaterali, come una crescita delle insolvenze societarie. La stessa ragion d’essere di un portafoglio bilanciato, che continua ad avere una percentuale elevata di bond al suo interno, ha perso buona parte delle sue funzioni nel contesto attuale, ha affermato l’investment manager. E la narrativa delle banche centrali serve a convincere il mercato del contrario.