Dopo aver sfiorato picchi mai raggiunti durante la prima fase dell’emergenza (si parlava di oltre il 20% nella primavera del 2020), il 39% degli italiani ha continuato ad accumulare risparmi durante lo scorso anno
Il risparmio precauzionale si rivela più elevato tra coloro che ritengono che la crisi sanitaria non si risolverà entro il 2022. E tra chi attribuisce una probabilità superiore al 75% al verificarsi di un nuovo evento pandemico nei prossimi dieci anni
Una propensione conseguente non solo a un maggiore atteggiamento precauzionale, come anticipato, ma anche ai timori del contagio e alle ridotte occasioni di consumo causate delle misure per il contenimento dei contagi imposte dall’allora governo Conte. E le prospettive future non sembrerebbero essere altrettanto promettenti: stando alle evidenze raccolte tra la fine di febbraio e l’inizio del mese di marzo, circa due terzi delle famiglie ritiene che l’attuale crisi sanitaria si risolverà entro la fine del 2022, mentre la restante parte punta sul 2023. Inoltre, una gran parte delle stesse ritiene che sussiste una probabilità di circa il 50% di sperimentare un’altra pandemia nei prossimi dieci anni, e circa la metà degli intervistati si attende un peggioramento della situazione economica generale e del mercato del lavoro nei prossimi 12 mesi.
Sono emerse dunque due tendenze contrastanti: da un lato coloro che desideravano accumulare risparmi (precauzionali) ma non avevano le risorse per farlo, che hanno conseguentemente frenato l’effettiva dinamica del risparmio, e dall’altro gli stessi motivi precauzionali che hanno “esercitato una pressione al rialzo sui risparmi per coloro che non si trovavano in difficoltà finanziarie”. Atteggiamenti che, se accentuati, potrebbero far emergere “effetti cicatriziali”, avverte Bankitalia. In altre parole, i soggetti in condizioni di disoccupazione o di marcate turbolenze finanziarie potrebbero restare pessimisti sulla situazione economica e continuare ad accumulare risorse. La quota di famiglie che si attendono di risparmiare nel 2021 raggiunge infatti il 45%, sei punti percentuali in più rispetto a chi ha effettivamente accantonato nel 2020. Ma, parallelamente, la relazione annuale del 31 maggio di Via Nazionale ha rivelato come un terzo del risparmio accumulato potrebbe essere “consumato nel 2021” e poco più della metà “detenuto in depositi o sotto forma di altro investimento”.
“Nell’attuale contesto sarebbero particolarmente benvenute politiche volte a ridurre il rischio sanitario ed economico effettivo e percepito”, segnalano in conclusione i ricercatori. “Rendere il sistema sanitario nazionale più resiliente alle pandemie e, in generale, rafforzarne la qualità (in Italia come in altri paesi) non solo salverebbe vite future ma potrebbe anche mitigare atteggiamenti precauzionali, favorendo la ripresa post-covid. Inoltre, al fine di accentuare l’incertezza derivante dalle condizioni di lavoro, sarebbe opportuno potenziare politiche volte a prevenire discontinuità su lavoro e reddito, come gli incentivi all’assunzione con contratti a tempo indeterminato”.