L’avvio del 2023 ha ridato un po’ di fiato alle Borse, in particolare Milano, la cui performance al 10 gennaio sfiora il 7%, con un risultato positivo di oltre il 22% rispetto a tre mesi prima. Positivi anche i listini americani che, al 9 gennaio, hanno messo a segno un rialzo dell’1,37%, per quanto riguarda l’S&P 500 e dell’1,62%, per il Nasdaq Composite. Ancor più rilevante è il rally dell’indice MSCI Emerging Markets, in rimonta di oltre il 20% rispetto ai minimi del 25 ottobre e con una performance del 3% nella prima settimana del 2023.
A livello globale, alcuni elementi sembrano aver incoraggiato qualche ottimismo in più fra gli operatori. “Le rilevazioni sulla fiducia delle imprese e dei consumatori si sono stabilizzate, i dati sul mercato del lavoro sono rimasti solidi e i timori di recessione sembrano essere stati allontanati, almeno per un certo periodo”, ha commentato il cio di BlueBay AM, Mark Dowding e “anche la riapertura della Cina è vista come un fattore positivo per la crescita”, così come, “il clima invernale mite in Europa”, che ha contribuito a moderare i prezzi del gas”.
Quali di questi elementi possono davvero far pensare a un’inversione di rotta per il mercato azionario? Quali, invece, suggeriscono ancora un’allocazione più prudente del solito?
Secondo il fondatore di DLD Capital Scf, Edoardo Fusco Femiano, “dopo dodici mesi di flessione congiunta del mercato azionario e obbligazionario, siamo ancora qui a domandarci come si comporteranno le banche centrali nel caso in cui si trovassero nel bivio di dover scegliere tra la lotta all’inflazione e la necessità di sostenere la liquidità del sistema finanziario”. Anticipare la condotta delle banche centrali al verificarsi di determinate circostanze resta ancora l’aspetto determinante, ha affermato Fusco Femiano, per il quale il recente recupero dei mercati “si muove nella direzione opposta rispetto a quella desiderata dalle banche centrali, ragion per cui è ragionevole considerare oggi tutti i segnali costruttivi sul ciclo economico (occupazione, prezzi, fiducia dei consumatori, vendite al dettaglio) come propedeutici alla prosecuzione della di politiche monetarie restrittive”. Per il consulente e analista, infatti, è “verosimile che la Fed desideri prezzi più bassi di tutti gli asset, il che comporterebbe in riduzione della fiducia dei consumatori, la riduzione dei consumi e di conseguenza la riduzione del tasso di crescita dei prezzi”. Di conseguenza, sull’azionario dovrebbe proseguire la cautela: è difficile capire se le banche centrali ricominceranno ad essere interventiste e “di sostegno” una volta scampato il pericolo dell’inflazione o se si tornerà a un contesto nel quale i rally azionari favoriti dal Qe diventeranno solo un ricordo.
Sul recupero dell’azionario dei mercati emergenti ha inciso l’indebolimento del dollaro che “sta ad indicare una stabilizzazione delle aspettative inflazionistiche e del livello terminale dei tassi di interesse”, ha precisato Fusco Femiano a We Wealth.
Prevale la cautela sull’azionario anche dalle parti di Allianz Global Investors: “I rischi per le prospettive economiche potrebbero non essere scontati appieno nelle stime di utili. A livello di indice, la crescita degli utili è trainata soprattutto dal comparto energetico, mentre per gran parte degli altri settori si registrano già revisioni al ribasso delle prospettive di utili”, ha affermato in una nota Hans-Jörg Naumer, Director Global Capital Markets & Thematic Research di Allianz Global Investors, “sinora in Europa le previsioni di utili hanno dato prova di resilienza, anche se un forte sostegno è giunto dagli effetti dei cambi”.
Dallo scenario macroeconomico attuale, più che le basi di una rimonta dell’azionario, il consulente di DLD Capital vede con maggiore affidabilità la possibilità che le obbligazioni a lunga scadenza possano guadagnare valore nei prossimi mesi, nel caso si dovesse consolidare l’aspettativa di una progressiva riduzione dell’inflazione: “Oggi l’obbligazionario offre una visibilità maggiore e, potenzialmente, rendimenti interessanti sulla parte a lungo termine della curva, soprattutto dopo la flessione pesante dell’ultimo anno”.
Mercato italiano in spolvero, come muoversi ora
Sorretta da un comparto finanziario che ha continuato a sovraperformare anche negli ultimi 30 giorni, Piazza Affari è andata con passo spedito nella prima settimana dell’anno. Ad aver favorito l’outlook dell’economia italiana, nel suo complesso, è stato anche il progressivo abbassamento del prezzo del gas naturale, con il future Ttf arrivato a scendere sotto quota 70 euro a Mwh nel corso della prima settimana dell’anno. A questo risultato hanno contribuito temperature più miti nell’inverno europeo, il rallentamento della domanda industriale stagionale e l’accordo Ue sul tetto al prezzo del gas a quota 180, ha sottolineato Equita Sim nella sua ultima “Rese@rch”.
Entrando nel merito del listino italiano, Equita ha bilanciato il suo portafoglio raccomandato incrementando il peso di Campari, DiaSorin, Banca Mediolanum, A2A, Stellantis – i titoli più rilevanti nell’allocazione delle blue chip, mentre per le società a media capitalizzazione vengono premiate Danieli Risparmio, BFF, Brembo, Reply, Mondadori (con un peso doppio rispetto agli altri titoli).
Sulle sorti del Ftse Mib l’andamento dei titoli bancari sarà, come sempre, quello più rilevante. Su questo comparto Equita ha optato per un orientamento neutrale: da un lato una politica monetaria diventata più restrittiva favorisce i margini d’interesse, dall’altro il deterioramento economico e il processo di riduzione del bilancio della Bce potrebbe aumentare lo spread dei Btp e gravare sui bilanci. Equita preferisce focalizzare il focus sulle banche-reti come Mediolanum e FinecoBank, mentre fra le banche tradizionali le preferenze ricadono su Unicredit, Banco Bpm e Credem. “Per quanto riguarda l’Italia, riteniamo che l’avvio del Quantitative Tightening e l’indebolimento del contesto macro possano pesare sullo spread BTP-Bund, che vediamo in aumento rispetto ai livelli attuali, ponendo così potenzialmente un vento contrario alle valutazioni delle banche (anche se l’aumento dello spread non dovrebbe incidere materialmente sulle posizioni patrimoniali delle banche)”, ha affermato la nota di ricerca.