Certamente, se ci si trovasse a dover legiferare in un territorio nuovo, disabitato, senza un passato, la massima sarebbe ineccepibile. Ma, quando si va a incidere sulle norme in un Paese con una storia millenaria, assai complesso nelle sue differenze e particolarità, già carico di un fardello normativo e di contenzioso enorme, come l’Italia, occorrerebbe essere molto cauti per non rischiare di introdurre principi inapplicabili e dunque scarsamente rispettati o – peggio – del tutto irrealistici.
Ecco che, quando l’Unione europea ha inteso emanare una normativa per cercare di raggiungere un obiettivo di per sé molto positivo relativo alla performance energetica degli edifici, ovvero quello di decarbonizzare il parco immobiliare Ue entro il 2050 – le prime avvisaglie di norme, che parevano totalmente avulse dal contesto, imponendo l’obbligo di raggiungere la classe energetica F entro il 2030 e quella E entro il 2033 per gli immobili residenziali, pena il divieto alla vendita e anche all’affitto – hanno determinato in Italia un corto circuito mediatico e un conseguente panico tra i proprietari di immobili.
Per correre ai ripari, poi, parlando in italiano nel presentare la proposta sull’efficienza energetica degli immobili, il vicepresidente della Commissione europea, l’olandese Frans Timmermans, ha detto: “Bruxelles non vi dirà che non potete vendere la vostra casa se non è ristrutturata e nessun burocrate di Bruxelles confischerà la vostra casa se non è ristrutturata. Il patrimonio culturale è protetto e le case estive possono essere esentate. La nostra proposta non contiene alcun divieto di vendita o affitto per gli edifici che saranno qualificati nella classe G, cioè per quel 15% degli edifici identificati come quelli con la peggiore efficienza energetica nel singolo Paese“.
Il patrimonio immobiliare degli italiani, difatti, è tra i più importanti al mondo. Le stime di Banca d’Italia ci dicono che il patrimonio immobiliare del nostro paese vale circa 6.300 miliardi di euro, ben oltre la metà della ricchezza della nazione. La casa rappresenta per gli italiani un punto di riferimento essenziale, un valore ancestrale sul quale concentrano anche le loro finanze. Una situazione unica in Europa, dove mediamente il tasso di proprietà degli immobili occupati è molto più basso.
Per di più occorre considerare che il patrimonio immobiliare italiano è stato costruito quasi esclusivamente nel dopoguerra – segnatamente dagli anni ’60 agli anni ’80 – con criteri che nulla avevano a che vedere con le attuali urgenze e (giustissime) considerazioni energetiche. Gli interventi di riqualificazione saranno pertanto importanti e i costi connessi non indifferenti.
Chi, dunque, farà fronte al costo di riqualificazione immobiliare così importante? Come potranno le nuove generazioni gestire una condizione che da ricchezza ricevuta rischia di trasformarsi in un peso, un onere dal punto di vista fiscale ed economico?
Vi potrebbe essere il rischio, per alcune tipologie di immobili, di una severa flessione dei prezzi e il correlato rischio di manovre speculative.
Cosa fare per non correre il rischio che lo sforzo (giustissimo) di rendere più efficienti gli immobili e preservare così l’ambiente da danni ed eventi climatici altrettanto gravi e impattanti, non determini effetti parimenti nocivi sulle persone, con una diminuzione della ricchezza accantonata, anche se in mattoni, e ulteriore concentrazione di ricchezza in poche mani.
Un rimedio utile per cauterizzare questi rischi pare proprio quello della leva e dei bonus fiscali.
Considerata la nuova direttiva europea sui consumi energetici, occorrerebbe approvare al più presto, magari con ulteriori incentivazioni (e non contraendole, come pare si voglia fare per il prossimo anno), nuovi bonus sulle ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche degli immobili.
Questo potrebbe essere una modalità unica e davvero valida per consentire ai proprietari e risparmiatori – anche a quelli piccoli, nei cui immobili riposano lunghi anni di sacrifici – ad aderire con volontà e impegno nello sforzo essenziale di preservare l’ambiente, riqualificando e incrementando il valore dei loro immobili, invece di correre il rischio di disperdere il valore della loro ricchezza.