Nuova emissione il 29 novembre per il Btp decennale da 2,7-3 miliardi, ma c’è spazio anche per il CcTeu a 7 anni
Il Btp è un grande classico del portafoglio degli italiani: piace la prossimità con un emittente che, nel bene e nel male, si conosce e sul quale si ricevono notizie in continuazione: lo Stato italiano. Può esserci anche filo di campanilismo, perché finanziare la propria comunità nazionale può sembrare, a parità di altri fattori, un fattore positivo. Oppure, è solo l’abitudine.
Il Btp più discusso è quello a scadenza decennale, ma non è certo l’unico. Tralasciando per ora la variegata offerta di titoli di Stato italiani, basti dire che i “tagli” del Btp vanno dai 18 mesi ai 50 anni, con altre sette ‘vie di mezzo’ (3, 5, 7, 10, 15, 20 e 30 anni). Il fatto che si parli sempre del titolo decennale non vuol dire affatto che sia meglio o peggio degli altri: semplicemente è il termine di paragone che, convenzionalmente, si è scelto di usare. Ad esempio per il calcolo dello spread per eccellenza, quello con il rendimento dell’omologo titolo tedesco, il Bund.
Btp, come scegliere la scadenza giusta?
“La definizione della scadenza da preferire nel momento in cui si decide d’investire in un’obbligazione dipende da numerosi fattori”, ha dichiarato l’analista finanziario di Consultique Scf, Rocco Probo, in un’intervista a We Wealth.
“Partendo dai concetti di pianificazione finanziaria, infatti, in presenza di un obiettivo d’investimento a breve o anche a medio termine, la scadenza può coincidere con la data presunta nella quale l’ammontare di capitale è necessario”, ha dichiarato Probo.
Ad esempio se si prevede a fine 2022 una spesa importante nel 2030, si potrebbe optare per un Btp (o altro titolo di Stato poliennale) in scadenza fra 7 anni. Perché far coincidere la scadenza del Btp con la data in cui il denaro dovrebbe tornare disponile per una spesa? “In questo modo si riduce il rischio legato alla possibilità di dover vendere l’obbligazione ad un prezzo diverso dall’importo nominale del titolo”, ha spiegato Probo, “durante la vita del titolo, infatti, il suo prezzo varia in base alle dinamiche di domanda e di offerta, mentre a scadenza si ottiene il capitale nominale”, ossia quello versato in origine allo Stato, “fatta eccezione per il caso di fallimento dell’emittente”.
Certo, è difficile farsi un’idea della solidità finanziaria e sulle capacità di restituzione dell’Italia quando l’orizzonte si estende per decenni: è un atto di fiducia (meglio, un’assunzione di rischio) che, di norma, viene premiato con un rendimento più elevato. Per quanto riguarda il valore dell’obbligazione prima della scadenza, la possibilità di liquidare l’investimento prima della scadenza potrebbe essere, a seconda dei casi, realizzata con un profitto o con una perdita. Questa considerazione ci porta al capitolo successivo.
Un concetto da imparare: la duration
“Allargando il concetto, la scadenza di un’obbligazione è rilevante, ad ogni modo, per stimare l’impatto delle variazioni dei tassi di interesse su un investimento”, ha proseguito l’analista di Consultique, “al crescere dei tassi d’interesse si riducono, infatti, i prezzi di un titolo (e viceversa)”.
“Per stabilire di quanto si riducono i prezzi, tuttavia, è necessario introdurre il concetto di duration che è molto legato alla scadenza del titolo”, ha affermato Probo. Duration non è solo la traduzione di durata del titolo, anche se da questa dipende. “Duration più elevate, che sono legate a scadenze più lunghe, corrispondono ad una sensibilità più elevata delle variazioni dei tassi sui prezzi”: non tutti i titoli reagiscono allo stesso modo alle variazioni sui tassi.
Il concetto è interessante quando si concretizza un’aspettativa definita sul futuro andamento dei tassi e dei rendimenti: “Se ci si attende un periodo di rialzo dei tassi di interesse si minimizzano le variazioni negative durante la vita dei prezzi dei Btp esponendosi su titoli con duration contenute; se ci si attende un periodo di ribasso dei tassi di interesse si massimizzano le variazioni positive dei prezzi dei Btp esponendosi su titoli con duration più lunghe”.
Giocando facile, ossia con il senno di poi, si può affermare con tranquillità che aver acquistato nel 2021 Btp a lunga scadenza, con il massicci aumenti dei tassi del 2022, sarebbe stato un pessimo affare, molto meno l’aver puntato sulla scadenza breve. Nel momento in cui scriviamo c’è l’aspettativa di un ulteriore aumento dei tassi della Bce, cui potrebbe seguire un rientro: dipenderà da quanto aver inasprito i tassi distruggerà la crescita economica.
“Per concludere, scadenze più lunghe si accompagnano a duration maggiori, che determinano una elevata sensibilità dei prezzi, ovvero una elevata volatilità”, ha chiuso Rocco Probo, “investitori finanziariamente o psicologicamente non pronti a gestire ribassi nel valore del proprio investimento dovrebbero, di conseguenza, preferire duration più contenute”.