“Al momento, è come se stessimo guardando l’orizzonte a livello del mare, quindi vediamo soltanto una parte dello scenario”. Per capire i veri effetti dell’intelligenza artificiale applicati all’industria del risparmio, “penso che si dovrà salire un po’, sulle colline e poi sulle montagne, per vedere quale potrà essere un’evoluzione interessante e concreta”, dice Paolo Di Grazia, Vicedirettore Generale e Responsabile Global Business di FinecoBank. “Stiamo cercando di capire quali potrebbero essere i casi d’uso e le applicazioni che potrebbero aumentare la produttività e il livello di soddisfazione dei clienti e dei consulenti”.
Di Grazia è fra i più cauti nel valutare l’impatto a lungo termine dell’AI nella gestione patrimoniale e nel lavoro dei banker, fra i sette top manager delle reti intervenuti nell’evento “AI Revolution”, organizzato da We Wealth e dalla società di consulenza Accenture. “Ritengo che in questo momento l’industria non sia pronta a recepire l’intelligenza artificiale nella sua piena esecuzione all’interno delle piattaforme”, dice Di Grazia, “il sistema tradizionale ha ancora grossi problemi nella digitalizzazione”.
Implementare l’AI nel banking? Non sarà una passeggiata
“L’intelligenza artificiale darà il suo meglio a chi avrà un accesso molto efficiente a tutte le basi dati, probabilmente un accesso che non vede segmentazioni o partizioni di basi dati in sistemi diversi”, afferma il manager di Fineco. “Non essere proprietari della propria tecnologia non paga, e questo è praticamente il caso per la totalità dell’industria del risparmio gestito in Italia”. Inoltre, aggiunge Di Grazia, “c’è un enorme problema di costi: l’intelligenza artificiale ad oggi è estremamente costosa e non è ancora chiaro, se non in singole applicazioni superficiali, quali potrebbero essere i veri vantaggi e i ritorni concreti”.
Anche se la sfida dell’AI resta “molto interessante”, per Di Grazia si può prevedere che non tutte le realtà del wealth management riusciranno a coglierla, così come “non tutte sono riuscite a cogliere la sfida di Internet nel 2000”. Quella dell’AI, secondo il Vicedirettore Generale di Fineco, è una “rivoluzione ancora più dirompente di quella di Internet” e per coglierne i frutti “ci sarà un grosso sforzo da parte di tutti”.
Prima di arrivarci, però, “dovremmo pensare seriamente a cosa si può già fare senza l’intelligenza artificiale per aumentare il livello di servizio che diamo ai nostri clienti”, dichiara Di Grazia. “L’intelligenza artificiale sarà tanto più efficace quanto più sarà pervasiva e presente in ogni angolo dell’azienda, ma per vedere questo passeranno molti anni”.
AI: fare i primi passi, e farli bene
Per partire con il piede giusto nell’adozione dell’AI, anche nel campo del wealth management, “la prima cosa da fare è investire sulle risorse umane”, dichiara Di Grazia. “Investire su persone con le quali iniziare a lavorare e a progettare nuove piattaforme e nuovi sistemi che si integrano poi con la spina dorsale dell’azienda o della banca”. Senza dimenticare, poi, che il modello di business di partenza deve essere già digitalizzato al 100%, “altrimenti tutto diventa estremamente in salita”.
Secondo Di Grazia, “ci sono tanti pezzi che ancora non sono al loro posto: li vediamo all’orizzonte, ma non si sono ancora allineati. Su questi dovremmo inevitabilmente adottare una strategia di attesa”. Anche per questo, “investire sulla parte di risorse umane per iniziare a ‘masticare’ questo tipo di evoluzioni è fondamentale e va fatto subito”.
Quella dell’intelligenza artificiale, conclude Di Grazia, non va separata da “altre innovazioni fondamentali… per esempio, la tokenizzazione degli asset, unita all’intelligenza artificiale, porterà dei grandissimi miglioramenti dal punto di vista della scelta e della differenziazione dell’offerta che potrà essere presentata al cliente o nella gestione del loro patrimonio”.