Blockchain, virtual reality, realtà aumentata, intelligenza artificiale non sono più tecnologie lontane dal mondo dell’arte.
In particolare, l’intelligenza artificiale sta trovando il suo spazio sempre più alla portata di artisti, collezionisti e operatori del settore.
A mio avviso, attualmente l’utilizzo dell’AI per il mondo dell’arte può essere associato a quattro campi:
- A favore degli artisti per la creazione di opere d’arte, quale nuovo medium;
- Come strumento finanziario predittivo e di gestione degli asset artistici;
- Per la valorizzazione, conservazione e restauro delle opere d’arte;
- Quale art business solution per il management delle collezioni, provenance, autenticità e marketing culturale.
Per gli artisti l’AI ha infiniti confini di espressione ancora inesplorati, sui quali si affacciano due opportunità: la prima è quella che permette all’artista di realizzare opere con l’aiuto dell’intelligenza artificiale; la seconda invece prevede la realizzazione di opere create “autonomamente” dall’intelligenza artificiale.
Nel primo caso la tecnologia è uno strumento che l’artista utilizza per creare le opere come un vero e proprio nuovo medium interamente da scoprire.
Nel secondo invece, le opere d’arte definite come computer generated works nascono “autonomamente” dall’intelligenza artificiale e tramite algoritmi di machine learning, su dati forniti dagli operatori o dagli artisti.
Questi dati di base, i quali possono essere anche molto consistenti e contenere, ad esempio, serie complete di altre opere d’arte, vengono rielaborati dalla stessa macchina, che realizza nuove opere assolutamente inedite.
Celebre è stata la vendita all’asta newyorkese di Christie’s nel 2018 dell’opera realizzata con i sistemi dell’intelligenza artificiale dal collettivo francese Obvious, battuta per 432 mila dollari.
Ma come tutte le opere, anche quelle realizzate con l’intelligenza artificiale devono essere collezionate con raziocinio e sempre tenendo in considerazione la pratica di due diligence, che vede il collezionista impegnato a raccogliere quante più informazioni possibili sull’opera.
Documento che non deve mai assolutamente mancare è proprio il certificato di autenticità, che va ad attestare la paternità dell’opera; al momento le modalità per collezionare arte AI sono ancora incerte, ma resta un fatto: il certificato di autenticità rimane il documento che dovrà sempre accompagnare anche le opere più innovative, e la sfida in questo caso è di tipo legale e tecnologica.
Diverse startup del fintech indagano la possibilità di utilizzare sistemi basati sull’intelligenza artificiale, che grazie alle reti neurali e le grandi capacità di computazione possono far emergere una innumerevole mole di dati ed informazioni di grande aiuto per orientare un collezionista o un “investimento” in opere d’arte.
Tuttavia è bene sempre considerare e riflettere sulla fonte dei dati di cui l’AI si nutre e si basa per i suoi calcoli.
Utilizzare strumenti in grado di valutare le performance economiche delle opere tramite l’analisi dati delle repeat sales risulta essere in parte limitante, perché oggi si ha a disposizione un bacino reperibile solo ed esclusivamente da dati statistici e dalle vendite pubbliche registrate prevalentemente in asta, da cui restano escluse in parte le private sale, così come gli scambi presso gallerie d’arte o tra privati.
Resta pertanto da comprendere in quale percentuale questi mezzi si possano definire affidabili per gli operatori del settore e per gli stessi collezionisti, così come la “qualità” e attendibilità delle informazioni e dei risultati restituiti, figuriamoci se questi dovessero portare, come già avviene in finanza, ad acquisti automatici da parte dell’algoritmo.
Per quanto concerne la valorizzazione, la risposta più concreta la troviamo in Jarvis, il curatore virtuale basato su un sistema di intelligenza artificiale che selezionerà gli artisti e le opere protagoniste della prossima Biennale di Bucarest 2022, basandosi sul tema prescelto e sui database dell’università e di gallerie e centri d’arte.
Infinite le applicazioni in termini di diagnostica, analisi, conservazione e restauro in cui l’AI, se ben nutrita di casi studio, potrebbe supportare gli esperti nell’analisi delle opere d’arte e addirittura nelle attribuzioni e ricostruzioni storico-artistiche.
Per quanto concerne invece l’utilizzo nella quotidianità dei professionisti dell’arte questa potrebbe essere grande strumento di market intelligence, pensiamo ai big data, come quelli delle case d’asta, che in questo momento sembrano essere gli operatori del mercato dell’arte a trarre vantaggio dai recenti successi delle online auction, raccogliendo non solo vendite di lotti, ma anche e soprattutto informazioni sui collezionisti, ora, tra fisico e online.
Ed ancora la grande sfida dell’autenticità a favore della provenance e due diligence, dove le reti neurali, potrebbero supportare i collezionisti nel riconoscere un’opera e relativa attribuzione o ancora a determinare nuovi standard di identificazione e catalogazione, impresa a cui sta lavorando anche la startup italiana Art Rights con l’addestramento di una rete neurale interamente dedicata a questo tema.
Si pongono quindi nuove prospettive ed opportunità, ma anche nuove problematiche da gestire, come il diritto d’autore, la paternità, la tutela degli artisti, l’autenticità e la certificazione, l’analisi, la privacy e l’utilizzo dei dati, o ancora una più attenta riflessione su una nuova forma di rappresentazione artistica, indirizzata dall’uomo e mediata dalla “macchina”.
Questa è l’intelligenza artificiale, questa è arte & innovazione, saremo pronti ad accoglierla?