Al contribuente è riconosciuta la possibilità di dimostrare che le movimentazioni sul proprio conto non sono indici rivelatori di una maggiore capacità contributiva rispetto a quella dichiarata
Attraverso un’indagine sui movimenti bancari il fisco potrebbe dimostrare che il contribuente ha più capacità economica di quella dichiarata
Le indagini bancarie sono divenute nel tempo uno dei
principali strumenti utilizzati dall’Agenzia delle entrate per verificare,
attraverso l’acquisizione di informazioni, notizie e dati relativi ai rapporti
con gli istituti finanziari, l’attendibilità fiscale delle
dichiarazioni e delle posizioni dei contribuenti. Che siano persone fisiche o
società.
Si tratta di uno strumento di accertamento di natura presuntiva: ciò vale a
dire che, ad esempio, i movimenti di un contribuente su un conto corrente, se
vagliati dall’Agenzia, possono essere da questa utilizzati per sostenere
presuntivamente l’esistenza di maggiori redditi da recuperare a tassazione. Ferma
restano la prova contraria riconosciuta al contribuente, il quale potrà
dimostrare che le movimentazioni contestate non hanno rilevanza reddituale.
Siffatta tipologia di strumento è impiegata dall’Agenzia
quando, in linea di massima, gli uffici preposti agli accertamenti non riescono, attraverso altri
mezzi, a ricostruire il quadro della base imponibile, ad
esempio per via di documentazione carente o assente.
Le indagini bancarie possono avere ad oggetto rapporti finanziari relativi a conti correnti, libretti di
deposito, titoli, assegni, bonifici, riconducibili a un’ampia categoria di
contribuenti. Tra questi è possibile annoverare professionisti, dipendenti, imprenditori,
o imprese che siano titolari o cointestatari di conti.
Attraverso i movimenti bancari, in buona sostanza, il fisco
potrebbe dimostrare che il contribuente ha più capacità economica di quella
dichiarata, mettendo per tale ragione il contribuente nella condizione di
doversi giustificare.
Ma veniamo alla prova contraria. Come chiarito da una
recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 10351 del 31 marzo 2022, la
presunzione può essere superata solo attraverso la prova analitica di ogni singola
movimentazione, non potendo il contribuente limitarsi a dimostrazioni meramente generiche o indiziarie.
Per superare la presunzione del fisco, pertanto, come hanno
rilevato i giudici di legittimità, non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche
distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è
necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità
di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle
dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività.