Il ‘Sacro Calice’ dei gestori dei fondi d’investimento è l’ideale composizione del portafoglio. Quanto in azioni (domestiche, internazionali…), quanto in obbligazioni, quanto in beni rifugio, quanto in beni-giocattolo (per esempio, il Bitcoin, detto anche ‘la soluzione alla ricerca di un problema’).
Gli ultimi anni, ripieni di cigni neri, sono stati particolarmente difficili per chi cerca il Sacro Calice. Un parziale insegnamento si può trarre dal grafico che mostra, facendo 100 il 23 febbraio del 2022 (il giorno prima dell’invasione dell’Ucraina), l’andamento (i dati originali sono tutti espressi in US$) di tre beni d’investimento: le azioni (S&P500), l’oro, e il Bitcoin. Quel ‘cigno nero’ avvenne quando non eravamo ancora del tutto usciti dall’altro ‘cigno’ della pandemia, e quel periodo di quasi due anni, da allora ad oggi, diventa un significativo tratto di tempo per vedere come hanno reagito Paesi e mercati a quegli urti della storia.
Come si vede, azioni e oro sono andati abbastanza di conserva (ma almeno le azioni danno dividendi, mentre l’oro, a parte i suoi vezzi dentali e ornamentali, è lucente ma sterile). Il Bitcoin è aumentato un po’ di più, ma, come si vede dalla storia passata, è da raccomandare solo per gli amanti di sport estremi.
Mette conto anche ricordare, per amor di patria, che se in quel grafico mettessimo anche l’indice FTSE Mib, questo sarebbe cresciuto, nell’anno passato, anche più di Wall Street.
Ma molto, naturalmente, dipende dal periodo scelto per verificare la validità di quelle quote. Un periodo che deve essere abbastanza lungo per mediare fra i vagabondaggi del ciclo e gli urti irregolari e – per definizione – inaspettati, dei ‘cigni neri’.
LE OPPORTUNITÀ PER TE.
Come si costruisce un portafoglio efficace a lungo termine?
Che valore può portare una gestione professionale?
Gli advisor selezionati da We Wealth possono aiutarti a trovare le risposte che cerchi.
TROVA IL TUO ADVISOR
La teoria su cui poggia il classico portafoglio bilanciato
Passiamo allora al famoso 60/40, la più nota fra le proporzioni raccomandate per un portafoglio prudente e redditizio. Il 60/40 consiglia un 60% in azioni e un 40% in obbligazioni. Il 60/40 è, come detto, famoso, ma regge ai test della storia della finanza?
Un interessante recente saggio pubblicato pochi mesi fa dal National Bureau of Economic Research («Beyond the Status Quo: A Critical Assessment of Lifecycle Investment Advice», di Aizhan Anarkulova, Scott Cederburg e Michael S. O’Doherty) raggiunge una rivoluzionaria conclusione: il 60/40 dovrebbe essere modificato in 100/100, cioè tutto in azioni (metà domestiche, metà internazionali). Beninteso, molto dipende dagli orizzonti dell’investitore. Se oggi avete incassato il ricavato della vendita della casa, e fra un mese dovete versare quei soldi per andare nella nuova casa (un tetto ci vuole…), non è consigliabile investire il gruzzolo in azioni: meglio stare tranquilli e tenerli in banca. Ma, per gli orizzonti medio-lunghi – quelli tipici del cassettista – gli economisti di cui sopra non hanno dubbi.
L’analisi è stata condotta ipotizzando molti mix di azioni e obbligazioni, differenziati per aree geografiche dei mercati azionari e per emittente (pubblici, privati) per un numero di Paesi avanzati, e per classi di età degli investitori (per esempio, un’altra comune raccomandazione è che i giovani dovrebbero tenere più azioni che obbligazioni).
Le combinazioni sono numerosissime, e gli orizzonti si estendono dall’inizio dell’età lavorativa fino alla speranza di vita associata ad ogni coorte di investitori. E raggiunge la conclusione di cui sopra, valida per ogni Paese e per ogni classe di età. Gli autori riconoscono che, in periodi in cui i mercati azionari cadono (la volatilità dei prezzi è molto più alta rispetto ai prezzi delle obbligazioni), è forte la tentazione, da parte dell’investitore, di gettare la spugna e di vendere almeno una parte di un investimento che, si teme, potrebbe perdere ancora valore. Di fronte a questa tentazione gli autori raccomandano di stare fermi e aspettare il bel tempo. Una raccomandazione, questa, che dovrebbe valere anche nella politica, dove tante necessarie riforme dispiegano i loro effetti in tempi più lunghi rispetto ai cicli elettorali…