We Wealth ha intervistato Alessandro Fosco Fagotto, partner e responsabile del dipartimento di banking & finance di Dentons in Italia in merito ai numerosi interventi che il governo ha messo in atto per incentivare il sistema del credito.
“Nel dettaglio, la garanzia Sace è concessa in favore di banche che effettuano finanziamenti per imprese di ogni dimensione, tra cui anche pmi che abbiano esaurito il plafond del fondo pmi. In particolare, la garanzia, a seconda delle dimensioni e del fatturato dell’impresa, copre il 70, l’80 o il 90% dell’importo finanziato, che dovrà necessariamente essere destinato a sostenere i costi del personale, il pagamento dei canoni di locazione o di affitto di ramo d’azienda, investimenti, o capitale circolante. Il fondo pmi, invece, può garantire, a titolo gratuito, fino al 100% dell’importo in caso di finanziamenti fino a 800mila euro e fino al 90% per i finanziamenti fino a 5 milioni di euro”, ha poi proseguito l’esperto.
Secondo il partner di Dentons in Italia, in sede di conversione del decreto liquidità, nonostante siano stati introdotti degli opportuni emendamenti, quali l’autocertificazione con cui il legale rappresentante dichiara sotto la propria responsabilità la verità e completezza delle informazioni comunicate, introducendo, così, una manleva generalizzata delle banche che potenzia e velocizza notevolmente la portata del provvedimento sotto il profilo della sua applicabilità concreta, persistono tuttavia delle zone grigie che necessitano di un ulteriore sforzo interpretativo e operativo.
“Con particolare riferimento alla garanzia Sace, sembrerebbe, infatti, opportuno ricomprendere tra le imprese beneficiarie anche le branche italiane di società straniere che impiegano personale, generano fatturato e gettito fiscale in Italia poiché, da una parte, contribuiscono alla creazione di ricchezza nel sistema delle imprese italiane, e, dall’altra, sono espressione del principio della libertà di stabilimento che garantisce e tutela la mobilità delle imprese nell’Unione europea – ha aggiunto – Inoltre, il decreto liquidità non appare chiaro nell’individuare i criteri valutativi dell’incidenza causale che la pandemia abbia avuto sulle imprese genericamente colpite dall’epidemia covid-19”. Infatti, potrebbe ricavarsi un’amplia platea di potenziali beneficiari che, tuttavia, è stata ridotta nelle disposizioni operative alle sole imprese che abbiano ‘subito, direttamente o indirettamente, una riduzione del fatturato’.
Allo stato attuale, però, molte imprese, soprattutto in ambito hi-tech, rappresentano, a fronte di un costante ammontare di fatturato, una peculiare difficoltà nel reperimento della liquidità, conseguenza diretta del mancato incasso per i servizi erogati ai clienti e, correlativamente, dall’aumento dei costi sostenuti. “Allo stato, stante l’assenza di chiarimenti forniti dal legislatore, sembrerebbe lecito ricomprendere nella definizione anche le imprese che abbiano subito ripercussioni sul funzionamento del circolante e sulla dinamica degli investimenti, evitando, quindi, lo scenario post 2008 di imprese ‘morte’ non a causa del ciclo economico negativo, ma del ciclo finanziario in cui si trovavano”, ha concluso Fosco Fagotto.