Come funzionerebbe il fondo anticrisi di Assonime
Cosa e come
L’azione del fondo dovrebbe essere “temporaneo, senza diritti di voto o con limitati diritti di voto tesi a preservare i valori aziendali. Si dovrebbero prevedere meccanismi di uscita verso gli stessi azionisti o verso il mercato. Gli azionisti manterrebbero la gestione dell’impresa, ma sarebbero vincolati nella distribuzione degli utili, nei compensi del management e nell’acquisto di azioni proprie”. Il suo scopo sarebbe esclusivamente di supporto. Il mezzo? L’investimento temporaneo in capitale di rischio e “quasi di rischio”.
L’investimento – di minoranza – nell’impresa in crisi potrebbe essere sia diretto che indiretto, attraverso la conversione dei crediti in carico a banche italiane. Sottoscrizioni di aumenti di capitale, sottoscrizioni di strumenti ibridi, concessione di prestiti convertibili in strumenti di capitale sono tutte modalità possibili di intervento. La durata prospettata dell’investimento è di medio periodo. La possibilità di uscita si avrebbe a partire dal quinto anno.
A domandare l’intervento sarebbe direttamente l’impresa, con il parere della banca creditrice. Se possibile, l’imprenditore dovrebbe partecipare all’aumento di capitale al momento della ricapitalizzazione.
Chi
Le società target, non finanziarie, sarebbero quelle con fatturato superiore a 25 milioni o più di 50 dipendenti, ma non superiore a 5 miliardi di fatturato. Altre forme di intervento includono una possibile cancellazione dei debiti. Queste ultime sarebbero per le imprese di piccola o piccolissima dimensione. La proposta di Assonime prevede che sottoscrittore principale del fondo sia la Cassa depositi e prestiti. Vi sarebbe poi la possibilità di co-investimento da parte di istituzioni finanziarie e altri soggetti istituzionali italiani come fondazioni bancarie, fondi pensione, società di assicurazione, banche.