Nonostante la specificità di ciascuna impresa di famiglia, il passaggio generazionale rappresenta un momento fisiologico che può e deve essere considerato come un’opportunità per l’evoluzione e la crescita dell’azienda familiare stessa, nonché per il consolidamento del suo livello di competitività nel medio-lungo periodo.
Ogni famiglia imprenditoriale, infatti, si troverà prima o poi ad affrontare una transizione intergenerazionale dell’impresa che, per avere successo, deve essere opportunamente strutturata in una prospettiva di “processo” quanto più possibile condiviso, partecipato e riconosciuto dalla comunità familiare.
Le diverse fasi che caratterizzano il processo di ricambio generazionale si articolano in un percorso di progressiva crescita e maturazione personale e professionale del successore, che si snoda parallelamente al graduale allentamento dei poteri e delle responsabilità dell’imprenditore uscente a vantaggio del primo.
Chiave di volta dell’intero processo è, evidentemente, la dialettica che si viene a instaurare tra i suoi attori principali, ovverosia la generazione al comando e quella subentrante, in un costante dialogo tra tradizione e innovazione.
Laddove il passaggio generazionale sia opportunamente pianificato e impostato come un processo tempestivo, ragionato e flessibile, l’esito dello stesso non può che essere, dunque, una fruttuosa transizione non soltanto dell’impresa di famiglia quale insieme di asset materiali ed economicamente misurabili, ma anche (e soprattutto) quale patrimonio intangibile, auspicabilmente cristallizzato in una carta dei valori familiari che ne possa agevolare la conoscenza e la trasmissione.
La next gen, naturale portatrice di potenziale capacità innovativa, dovrebbe dunque essere investita del ruolo di depositaria delle tradizioni, dei valori e delle conoscenze trasmessi dalla generazione uscente, diventandone custode, a sua volta, per le generazioni successive, in funzione di continuità. Si tratta, tuttavia, di una custodia “attiva”, poiché ogni generazione è chiamata a reinterpretare – e, di volta in volta, aggiornare alla luce del mutato tessuto sociale, culturale ed economico in cui si trova a vivere e ad agire – detto patrimonio intangibile, costituente il nerbo e la forza aggregativa tra le generazioni di una famiglia imprenditoriale, nonché il tratto distintivo che rende unica e irripetibile ciascuna impresa familiare.
Tuttavia, nella prassi, si riscontra frequentemente la riluttanza dell’imprenditore anziano ad affrontare un percorso che porti al naturale passaggio di consegne dell’impresa di famiglia nelle mani della generazione subentrante, ritenendo il successore designato (laddove individuato) mai sufficientemente pronto a guidare l’impresa in autonomia e contando, del resto, su un’aspettativa di vita oggettivamente più lunga rispetto al passato.
Ciò porta, inevitabilmente, a un fenomeno di convivenza forzata tra generazioni (cosiddetta blended generation), che – al pari del processo di passaggio generazionale – deve essere puntualmente rilevato e gestito con l’ausilio di un professionista attraverso gli strumenti giuridici più adatti a ciascuna fattispecie, per evitare che anche la coesistenza non pianificata tra generazioni possa tradursi in sofferenza del business di impresa e in detrimento del patrimonio di famiglia.