Con l’ordinanza n. 26363/2022 la Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile Tributaria, interviene ancora una volta a fare chiarezza in merito alla tipologia degli atti che, previsti all’interno di un accordo di separazione o divorzio che devono considerarsi esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa, e chiarisce che va riconosciuta l’applicabilità dell’art. 19 della l. n. 74 del 1987 a tutti gli atti e a tutte convenzioni che i che i coniugi pongono in essere nell’intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti allo scioglimento del matrimonio o alla separazione personale, ivi compresi gli accordi che contengono la previsione della cessione di quote societarie.
Tale chiarimento è molto importante poiché punto cardine di ogni trattativa per la regolamentazione della fine di un rapporto d’amore è la decisione sulle sorti dei beni mobili ed immobili. Se è vero, infatti, che sia in aumento il numero di coppie che scelgono di tenere separato il proprio patrimonio personale è anche vero che ancora oggi sono molte le coppie che decidono di acquistare insieme la casa familiare oppure di dare avvio insieme ad una attività economica, decisioni tutte che quando finisce l’amore devono trovare un nuovo assetto.
Se per le attribuzioni immobiliari tra coniugi in sede di separazione e divorzio e tra uniti civilmente, l’indirizzo giurisprudenziale è consolidato nel ritenerle tutte esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 19 della Legge n. 74/1987, e per quelli operati in sede giudiziale in caso di scioglimento dell’unione civile l’Agenzia delle Entrate si era espressa nel novembre 2022 chiarendone l’applicabilità all’atto di trasferimento tra uniti della quota di metà dell’immobile adibito a casa familiare, è la prima volta che arriva dalla Cassazione il chiarimento in merito alle quote societarie.
Ma vediamo nello specifico il caso: un uomo in sede di separazione consensuale, conveniva una cessione di quote a favore della moglie. Stipulato e regolarmente registrato l’atto di cessione che aveva generato una plusvalenza, gli veniva notificato un avviso di accertamento avente ad oggetto l’imposta sostitutiva in relazione a tale atto. L’uomo impugnava l’avviso di accertamento e la Commissione Tributaria Provinciale di Pavia accoglieva il ricorso.
L’Agenzia delle Entrate impugnava la decisione ma la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ne rigettava l’appello, confermando l’esenzione prevista dalla l. n. 74 del 1987, articolo 19, essendo l’atto di cessione delle quote sociali, sottoposto a tassazione, stipulato nell’ambito di una separazione personale tra coniugi.
Ma l’Agenzia delle Entrate non si dava per vinta e ricorreva in Cassazione, ritenendo erroneamente applicato il regime di esenzione: l’indirizzo giurisprudenziale venutosi a consolidare negli ultimi dieci anni – a detta dei legali dell’Agenzia delle Entrate – era certamente genericamente applicabile ad ogni accordo finalizzato alla regolamentazione dei rapporti in sede di separazione ma aveva ad oggetto trasferimenti immobiliari, non cessioni di quote societarie!
Le “doglianze” giuridiche non convincono la Cassazione che ritiene infondato il ricorso ribadendo le seguenti considerazioni in diritto:
a) l’esenzione di cui alla l. n. 74 del 1987 è applicabile a tutti gli atti e a tutte convenzioni che i coniugi pongono in essere nell’intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti allo scioglimento del matrimonio o alla separazione personale, ivi compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o il trasferimento della proprietà esclusiva di beni mobili ed immobili all’uno o all’altro coniuge ovvero ai figli della coppia;
b) la motivazione dell’esenzione sta proprio nella “causa” di tali trasferimenti che non rispondono né ad una finalità liberale né ad una solutorio-compensativa ma rispondono ad una specifica finalità di sistemazione globale dei numerosi e complessi rapporti di dare-avere che una protratta convivenza genera in occasione dell’evento di crisi, finalità che l’ordinamento giuridico ritiene degno di tutela in virtù del fatto che spesso tali trasferimenti garantiscono un soddisfacente assetto dei rapporti tra le parti in tempi ragionevoli e consentono di chiudere la crisi quanto meno sul piano economico.
Tale accordi, quindi, sono da considerarsi “contratti tipici” denominati “contratti della crisi coniugale”, la cui causa è proprio quella di definire in modo non contenzioso e tendenzialmente definitivo la crisi;
c) è irrilevante il fatto che l’accordo patrimoniale concluso in sede di separazione abbia ad oggetto la cessione di quote sociali, piuttosto che il trasferimento di beni immobili, con applicazione di tributi indiretti: la norma, infatti, non opera alcuna distinzione tra atti aventi ad oggetto beni immobili e atti riferiti a beni mobili;
d) la l. n. 74 del 1987, articolo 19, non contiene una limitazione dell’ambito di operatività del regime di esenzione alle sole imposte indirette.
e) sono, pertanto, esenti anche le iscrizioni di ipoteca effettuate a garanzia delle obbligazioni assunte dal coniuge nel giudizio di separazione.
Respinto il ricorso, l’Agenzia delle Entrate veniva condannata al rimborso delle spese di lite.