Hedge fund, lo scettro passerà a Singapore
Gli hedge fund di Hong Kong si preparano a fuggire dalla città non appena la controversa legge cinese sulla “sicurezza nazionale” sarà tale. Non certo una rosea prospettiva per quello che era considerato il modello di “uno Stato, due sistemi”, e che alcuni vedevano come esempio di democratizzazione per la Cina.
Non sorprende dunque che gestori e trader dell’ex colonia britannica sono sempre più preoccupati in merito a quello che succederà una volta che il piano approvato dall’assemblea nazionale cinese diventerà legge. Nel mirino della nuova normativa vi sono non solo le istanze libertarie del “porto profumato” (significato di Hong Kong), ma anche le “interferenze straniere”. Un brutto colpo per quello che era l’avamposto nel nuovo ricco, estremo oriente, della finanza internazionale. Xi Jinping sta facendo sul serio, e gli asset manager hanno riposto le speranze.
Il versante europeo
Intanto, l’alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, in conferenza stampa al termine dello ‘Eu Strategic Dialogue with China‘ non ha usato mezzi termini. “Siamo stati molto chiari sul fatto che l’imposizione da parte di Pechino della legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong compromette la sua autonomia e pone problemi a livello politico ed economico”. Il ministro degli esteri cinese ha però ribadito la posizione della Cina. Ha insistito infatti sul fatto che “dal loro punto di vista [la nuova legge] non mette in pericolo il principio ‘un Paese, due sistemi’. Anzi, “è un modo per aumentare la sicurezza a Hong Kong, una legge che il parlamento della città avrebbe dovuto approvare molti anni fa”.
Il pessimismo serpeggia fra i gestori. Ma gli hedge hanno l’asso nella manica
I gestori però non si fanno illusioni. “Hong Kong come la conoscevamo è morta”, dice – in forma rigorosamente anonima – un consulente che lavora nel mondo degli hedge fund al Financial Times. L’ex colonia britannica “non sarà che una delle tante città cinesi”. Come osservato dagli esperti, gli hedge fund guardano a Singapore come alternativa. Al momento, la città-Stato del sud est asiatico conta 80 hedge fund in meno dell’ex colonia britannica. Ma non occorrerà molto perché il divario si colmi. L’attrattività finanziaria della città portuale cinese è compromessa per sempre. “Perché mai adesso ci si dovrebbe stabilire ad Hong Kong”, dice un’altra voce dell’industria.
Il primo ostacolo che i gestori hedge temono è l’opacità informativa, il controllo ai movimenti di capitali, al pari di quelli riscontrati nelle altre città del Paese di Mezzo. Ma anche il prossimo “spegnimento” di social media come Facebook e Whatsapp, l’accesso controllato a internet. Un ultimo (ma non ultimo) timore fa rabbrividire le persone della finanza: le persecuzioni arbitrarie. Peter Kennan, fondatore di Black Crane Capital, parla di “fine dello stato di diritto”. Fra i trader ci sono invece fondati timori per una vera e propria “azione persecutoria”, a prescindere che si faccia parte degli attivisti o meno.
Bene ancora la Borsa
Intanto, la borsa di Hong Kong ha chiuso le contrattazioni di martedì 9 giugno in rialzo dell’1,1% a 25.057,22 punti. A trainarle, la solida performance dei titoli del settore immobiliare e dei prodotti di consumo. In particolare, Wharf Reic e Link Reit (real estate) sono rimbalzate rispettivamente del 5,7% e del 3,6%. Tra i beni di consumo, molto bene China Mengniu Dairy con un +5,5% grazie a ricavi superiori alle attese nel secondo trimestre. Geely Auto infine ha guadagnato il 3,9% mentre il produttore di carne Wh Group è salito del 3,6%.