Cinque sono flussi monetari direttamente misurabili: reddito da lavoro, reddito da capitale, tasse, investimenti in beni capitali, e pagamenti ai fornitori. Il sesto, invece, è il surplus del consumatore. Occhi anche sull’impatto ambientale
L’analisi è stata condotta su un campione di 5mila grandi imprese con entrate superiori al miliardo, che complessivamente hanno generato 40mila miliardi di dollari di entrate e 17mila miliardi di valore aggiunto lordo solo nel 2018
Ma quali sono le grandi aziende che contribuiscono maggiormente al “successo” delle società? Sulla base di quest’analisi, McKinsey le ha suddivise in otto archetipi:
- gli scopritori, che hanno un elevato livello di ricerca e sviluppo e includono aziende farmaceutiche e biotecnologiche ma anche di prodotti per la casa;
- i fornitori, con elevati livelli di occupazione e grandi costi di fornitura tipici della vendita al dettaglio e della distribuzione, incluse aziende di abbigliamento di lusso con alti costi di marketing;
- i tecnologi, che spaziano tra hardware, software e media, con un’elevata ricerca e sviluppo. Hanno consentito alla crescita della produttività dell’economia e contribuito al surplus del consumatore con forti riduzioni dei prezzi nel tempo;
- gli esperti, che includono ospedali, servizi sanitari, servizi alle imprese e università private. Si affidano a lavoratori altamente qualificati e dedicano la quota più elevata del loro valore aggiunto alla retribuzione dei dipendenti;
- i “fuelers”, vale a dire compagnie petrolifere, del gas e del carbone, che fanno grandi investimenti fisici, hanno la più elevata produttività del lavoro, pagano le tasse di produzione più alte e producono il maggior numero di emissioni;
- i finanziatori, che comprendono banche, assicurazioni e società immobiliari. Hanno il reddito di capitale più elevato, le tasse più alte e pagano anche i salari più corposi;
- i costruttori, che includono società di servizi, telecomunicazioni e trasporti;
- e infine i “makers”, che rappresentano circa il 25% di tutte le entrate e il 27% di tutta l’occupazione delle aziende analizzate.
“Makers” e costruttori sono stati a lungo gli archetipi predominanti, nonché i pilastri delle economie industriali, ma la loro quota di entrate totali è diminuita drasticamente nell’ultimo quarto di secolo (si parla rispettivamente del -12 e del -2%). Sull’altro versante, tecnologi, finanziatori e scopritori hanno registrato la crescita più elevata sul fronte del reddito da capitale e del reddito da lavoro, poiché “hanno ampliato la loro quota di valore aggiunto lordo e diminuito i pagamenti dei fornitori”, spiega McKinsey. Uno dei fattori trainanti dell’impatto positivo sulle società è stato inoltre il boom del surplus dei consumatori, soprattutto per i tecnologi e i “makers”, i cui prezzi sono scesi rispettivamente del 50% e del 20%.
“Tenendo conto di tutto questo, scopriamo che ciò che è rimasto invariato nell’ultimo quarto di secolo è che l’attività imprenditoriale continua a essere il driver dominante dalla crescita economica”, spiegano i ricercatori. Tuttavia, molto è cambiato in termini di impatto, poiché “alcuni percorsi si sono ridotti e altri sono cresciuti e, al contempo, alcuni archetipi aziendali sono diventati più diffusi e altri meno”. Cambiamenti che hanno dunque “importanti implicazioni per l’economia e le sue parti interessate, in particolare le famiglie”, si legge nello studio. In tal senso “questo studio solleva interrogativi per ulteriori ricerche e considerazioni per i leader, soprattutto nel mondo degli affari e della politica. Le aziende, per esempio, potrebbero utilizzare questi risultati per comprendere meglio i modelli e le implicazioni del proprio impatto sull’economia. I leader politici, invece, potrebbero considerare tali impatti, accentuarne gli aspetti positivi e coglierne le opportunità”, conclude McKinsey.