I “vecchi” Eltif non hanno mai scaldato il cuore degli investitori: questi fondi pensati per far fluire il risparmio privato su una pluralità di imprese europee non quotate in Borsa avevano raccolto 2,4 miliardi di euro in tutta Europa dal 2015 all’aprile 2021.
Secondo l’agenzia di rating Scope, che aveva rifatto i calcoli nel marzo 2023, le masse in gestione erano più consistenti: pari a 11,3 miliardi di euro a fine 2022. Anche con questa revisione al rialzo, si parla di un controvalore paragonabile alla raccolta di una singola emissione di Bot italiani. Per fare un altro confronto, i Pir italiani, le cui finalità sono simili a quelle degli Eltif, hanno in gestione oltre 17 miliardi di euro. La grande leva del Pir è stato il vantaggio fiscale, tanto che molti degli Eltif distribuiti in Italia sono anche Pir. Secondo Scope questo è stato uno degli elementi cruciali che avevano reso la Penisola il secondo mercato per i “vecchi” Eltif, con 2,6 miliardi in gestione a fine 2021, provenienti soprattutto da investitori privati. In Italia, effettivamente, l’obiettivo di portare il denaro delle famiglie verso le imprese non quotate era stato raggiunto molto meglio che altrove, con una domanda “dominata da investitori privati con vendite medie per cliente relativamente basse, inferiori a 100.000 euro”, aveva affermato Scope. Su scala europea, però, quasi la metà del capitale investito in Eltif era riconducibile a prodotti riservati agli investitori istituzionali, il che aveva confermato come l’Eltif fosse relativamente poco attraente per i risparmiatori al dettaglio.
Nuove regole, per rilanciare gli Eltif
La scommessa della nuova regolamentazione sugli Eltif 2.0, entrata in vigore lo scorso gennaio, è rendere questi prodotti più flessibili e diffusi, imprimendo un cambio di passo anche nella raccolta presso il segmento retail. “Una revisione della normativa che tende a migliorare l’accessibilità ai private market per gli investitori non istituzionali è senza dubbio positiva per il mercato del private banking”, ha dichiarato a We Wealth Roberto Arosio, responsabile investimenti e wealth management di Banca Aletti, la banca private e il centro di investimento del gruppo Banco Bpm, “in questi mesi abbiamo avuto numerose conversazioni con asset manager generalisti e alternativi puri, che stanno monitorando l’evoluzione normativa e stanno valutando il lancio di nuove soluzioni Eltif 2.0”.
In particolare, ha aggiunto Arosio, “la maggiore apertura su strutture come Fondi di fondi e Master Feeder, la riduzione in alcuni vincoli nella composizione del portafoglio di investimento, l’introduzione di più frequenti finestre di liquidità, sono tutti argomenti che rendono maggiormente investibili le soluzioni private market per una più ampia fascia di investitori”.
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E’ ancora presto, però, per capire se ci sarà davvero una decisa estensione dell’offerta di fondi Eltif. “L’effetto concreto sull’offerta però lo vedremo quando saranno più chiare le interpretazioni sulla nuova normativa”, ha detto Arosio, “il tema chiave è relativo alle decisioni circa la maggiore elasticità sulla liquidabilità delle soluzioni”. Già nel 2020 la Federazione europea degli investitori Better Finance aveva affermato come Eltif avrebbero avuto più chance di fare breccia nel segmento retail se le possibilità liquidare in anticipo sulla scadenza fossero state incrementate. Nel concreto, questo significherebbe più libertà di riavere indietro i propri risparmi, qualora se ne avesse bisogno. La nuova normativa prevede, sotto questo aspetto, la possibilità di riscattare anche durante la fase di ramp-up del fondo, durante la quale vengono individuate le opportunità nelle quali investire.
Tutto questo nel rispetto di limiti che garantiscano un’adeguata stabilità. La definizione di questi limiti è contenuto in uno schema di standard tecnici regolamentari proposto dall’Esma lo scorso 4 dicembre, che non ha convinto tutti gli esperti. Per garantire una liquidità sufficientemente elevata i fondi dovrebbero detenere, secondo la bozza Esma, “il 40% degli asset sarebbe detenuto in strumenti idonei per gli Oicr”, i normali fondi comuni, e questi asset più stabili e meno remunerativi “influenzeranno negativamente il profilo di rendimento degli Eltif a scadenza indeterminata o parzialmente indeterminata, rendendoli poco attraenti”, ha affermato la legal firm Loyens & Loeff, in una nota del 25 gennaio.
“E’ evidente che le riserve di liquidità minime richieste dalla bozza di Eltif 2.0”, per quei fondi che consentano un riscatto con preavviso inferiore ai 9 mesi “sono troppo restrittive e non sono in linea con la pratica attuale di mercato e regolamentare per i fondi a periodo indeterminato o parzialmente indeterminato”, hanno aggiunto gli avvocati Marc Meyers e Sebastiaan Hooghiemstra. Per gli investitori desiderosi di fare leva sul cosiddetto premio di illiquidità, e ambire a maggiori ritorni a lungo termine, resterà possibile rivolgersi a fondi chiusi classici, al cui interno saranno presenti in maggior misura quegli asset “distintivi” dei fondi alternativi. La Commissione avrà tempo fino a inizio marzo per accogliere o respingere le proposte dell’Esma, inoltrate il 4 dicembre.