In una recente risposta a interpello (n. 904-475/2024), la Direzione regionale della Lombardia dell’Agenzia delle Entrate ha preso posizione su una questione piuttosto frequente che riguarda il giroconto di somme in valuta estera tra conti correnti intestati allo stesso contribuente. Nello specifico, si discute se tale operazione possa generare plusvalenze tassabili derivanti dalle fluttuazioni del tasso di cambio.
La questione del giroconto tra conti in valuta estera
Il caso in esame riguarda un contribuente che ha trasferito la propria residenza fiscale in Italia e ha successivamente spostato somme da un conto corrente in valuta estera presso una banca a un altro conto corrente, anch’esso in valuta estera, intestato allo stesso soggetto ma aperto presso una banca differente.
L’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che questo semplice trasferimento di fondi (giroconto) sia assimilabile a un “prelievo” e, in quanto tale, possa dar luogo a una plusvalenza da sottoporre a tassazione, qualora la giacenza media sul conto di origine superi i 51.645,69 euro per almeno 7 giorni.
La posizione dell’Agenzia delle Entrate sulla tassazione dei giroconti
Secondo la normativa vigente, l’art. 67, comma 1, lett. c-ter del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), ogni “prelievo” di valuta estera da conti con giacenze oltre tale soglia è considerato un evento fiscalmente rilevante che potrebbe generare plusvalenze. L’Agenzia sostiene ora che, nonostante il trasferimento sia avvenuto tra conti intestati allo stesso contribuente e nella stessa valuta, l’operazione è comunque equiparabile a un “prelievo”, su cui si dovrebbero calcolare le eventuali plusvalenze da variazione del tasso di cambio.
Cosa prevede l’art. 67 del Tuir sui prelievi in valuta estera
Tuttavia, questa risposta solleva diverse perplessità. Innanzitutto, l’equiparazione tra “prelievo” e “giroconto” è discutibile. Il termine “prelievo” implica generalmente l’uscita di liquidità dal sistema bancario, mentre il trasferimento tra conti non comporta la fuoriuscita di fondi dal circuito finanziario, bensì un semplice spostamento interno. Dal punto di vista letterale e sostanziale, un giroconto non dovrebbe essere considerato equivalente a un prelievo.
Le criticità della nuova interpretazione fiscale
Inoltre, la norma che l’Agenzia invoca (l’art. 67, comma 1, lett. c-ter, del Tuir) ha una chiara finalità antielusiva. Essa intende prevenire la possibilità che un contribuente, prelevando valuta estera da un conto, possa poi cederla senza tracciabilità, realizzando plusvalenze non dichiarate. Questo rischio, però, non è presente nei casi di trasferimento di somme tra conti intestati allo stesso soggetto, poiché il denaro rimane interamente all’interno del sistema bancario, che garantisce la totale tracciabilità delle operazioni.
Il confronto con le criptovalute e altre incoerenze
Un ulteriore elemento di incoerenza è rappresentato dal trattamento riservato alle criptovalute. In una risposta ad interpello (la n. 397/2022), l’Agenzia delle Entrate aveva chiarito che il trasferimento di criptovalute tra diversi wallet di proprietà dello stesso contribuente non costituisse un evento realizzativo e, quindi, non generasse plusvalenze da tassare.
Se questa logica vale per le criptovalute, che erano equiparate alle valute estere, non si comprende perché lo stesso principio non possa essere applicato anche ai trasferimenti di valuta estera tra conti correnti dello stesso soggetto.
Possibili scenari futuri per i contribuenti e le operazioni di giroconto
La presa di posizione dell’Agenzia, se confermata, rischia di dare il via a numerosi contenziosi: da un lato, i contribuenti che in passato non hanno dichiarato plusvalenze derivanti da operazioni simili potrebbero trovarsi esposti a possibili contestazioni da parte del Fisco; dall’altro, molti potrebbero adeguarsi alla nuova interpretazione solo per evitare di incorrere in un accertamento dall’Agenzia delle Entrate, salvo poi avviare giudizi di rimborso, ritenendo l’imposta versata non dovuta.
In questo quadro, sarebbe auspicabile un intervento di carattere generale da parte dell’Agenzia delle Entrate, che potrebbe riconoscere la neutralità fiscale di simili operazioni di giroconto, almeno fino a quando le somme non vengano effettivamente prelevate dal sistema bancario. Un approccio più coerente e ragionevole eviterebbe di creare incertezze interpretative e potenziali conflitti con i contribuenti, senza peraltro compromettere la possibilità di tassare eventuali plusvalenze nel momento in cui si verifichi un vero realizzo economico.
(Articolo scritto in collaborazione con Umberto Volontè, docente dell’Università Cattolica e partner dello Studio Advest Tax Legal Corporate)