“Il nostro paese asfissiato da un ventennio di bassa crescita (peggiore in Europa negli ultimi venti anni con solo +3,8% di crescita totale) è in condizione di particolare difficoltà”
The European House – Ambrosetti prevede una contrazione pari al 10,8% del pil italiano 2020, con una forchetta oscillante tra il -7,8% e il -13,8%
L’industria manifatturiera è il carburante della crescita dell’Italia: per ogni euro investito nell’industria italiana, se ne generano 2,1 per il sistema-Paese
A inizio 2020 l’export aveva avuto una forte accelerazione: +7,2% verso i paesi membri Ue e +10,4% verso i paesi extra-Ue nei primi due mesi del 2020. Lo scoppio della crisi pandemica ha causato nel mese di marzo 2020 una perdita di 5,9 miliardi di euro nelle esportazioni: un calo pari al 14,4%
Per l’Italia, una ripartenza da -11
The European House – Ambrosetti prevede una contrazione pari al 10,8% del pil italiano 2020, con una forchetta oscillante tra il -7,8% e il -13,8%. Il rapporto deficit/pil previsto è del 6,5%, valore che porterebbe il rapporto debito/pil al di sopra del 150% (+160% nella prima guerra mondiale). A gravare sullo stock di debito è la crescita, già di suo molto più lenta rispetto agli altri paesi europei a partire dal 2000.
La ricerca “Il futuro dell’industria italiana tra resilienza, rilancio dopo la crisi sanitaria globale e competitività di lungo periodo” realizzata da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Fondazione Fiera Milano indica che per il settore manifatturiero in particolare l’impatto stimato per l’anno 2020 è pari a -21,4%.
La manifattura, carburante della crescita italiana
L’industria manifatturiera è il carburante della crescita dell’Italia: per ogni euro investito nell’industria italiana, se ne generano 2,1 per il sistema-Paese. Dalla ricerca emerge che il 70% delle imprese italiane ha registrato un calo di fatturato rispetto allo scorso anno.
Il fatturato delle imprese manifatturiere italiane nel 2019 è stato pari a 923 miliardi di euro. L’impatto del covid-19 sulla redditività delle stesse potrebbe attestarsi fra il 9% e il 29%.
Il virus è stato infine uno shock anche per le esportazioni italiane. A fine 2019, l’Italia rientrava fra i primi cinque paesi al mondo con surplus manifatturiero superiore ai 100 miliardi di dollari. E 922 prodotti italiani (su un totale di 5.206) rientravano nelle prime tre posizioni mondiali per surplus commerciale. Infine, tra le prime 10 province europee superspecializzate nella manifattura, quattro erano italiane e l’Italia aveva un ruolo chiave nelle catene del valore internazionali.
A inizio 2020 l’export aveva avuto una forte accelerazione: +7,2% verso i paesi membri Ue e +10,4% verso i paesi extra-Ue nei primi due mesi del 2020. Lo scoppio della crisi pandemica ha causato nel mese di marzo 2020 una perdita di 5,9 miliardi di euro nelle esportazioni: un calo pari al 14,4%.
“L’industria italiana è fondamentale per investimenti e internazionalizzazione: ha registrato €67 miliardi di investimenti fissi nel 2019 (il 21% sul territorio italiano) e 445 miliardi di export nel 2019 (+1,9% vs 2018, pari al 96% del totale export italiano)”, twitta la società.
Produttività, pubblica amministrazione, innovazione, cultura industriale
La stessa ricerca punta il dito contro la scarsa produttività italiana, cresciuta negli ultimi 20 anni solo dell’1%. Il confronto con gli altri grandi paesi è impietoso: in Francia, Regno Unito, Germania, Spagna, Stati Uniti e Giappone la produttività è cresciuta in media del 20,7% nello stesso periodo. Ed è nella sfida della produttività italiana che l’economista Linda Yueh – intervenuta nel pomeriggio – vede l’uscita definitiva dalla crisi. La studiosa è convinta che serviranno anni per tornare a un’economia pre-covid. Nel frattempo, una larga fetta della popolazione rischia di finire marginalizzata nel mercato del lavoro.
E un aiuto non arriverà certo dalla politica dei sussidi. Perché, “dare soldi e bonus a pioggia per tutti equivale a calpestare il talento e contribuisce a soffocare l’iniziativa e la capacità di reazione”, afferma De Molli. Oltre ai bonus, Ambrosetti stigmatizza l’attività poco efficiente della pubblica amministrazione italica. Per il 75% delle società italiane infatti, i rapporti con la PA rappresentano un problema o un ostacolo all’attività d’impresa.
Un altro problema italiano è la scarsa dinamicità dell’innovazione. L’Italia non investe ancora abbastanza in ricerca e sviluppo. Il nostro paese vi dirotta solo l’1,39% del pil. Si tratta del 34% in meno rispetto alla media europea e 2,5 volte in meno rispetto alla Svezia, best performer europeo (3,32%). Vi è poi una diffusa cultura antindustriale dovuta secondo Ambrosetti alla mancanza di riforme strutturali, all’illegalità diffusa, alla paura del cambiamento, all’immobilismo e alle carenze del sistema infrastrutturale. Infine, l’Italia soffre dell’impoverimento delle relazioni tra l’industria e le parti sociali. In Italia, nel corso del tempo, si è assistito ad un progressivo allontanamento dalla partecipazione sindacale da parte dei lavoratori attivi.
Otto proposte per la ripartenza
Da The European House Ambrosetti arrivano otto proposte per la ripartenza: “investire sul sistema educativo, definire una visione strategica inclusiva, trattare con l’Europa da pari, riprogettare la pubblica amministrazione, ridurre la sovra burocrazia o burocrazia cattiva, decidere e attivare una strategia industriale, rafforzare la struttura industriale paese, investire nella digitalizzazione e garantire una esecuzione operativa di qualità ai progetti strategici”.
Non solo Italia: il mondo che cambia. Nuovi equilibri internazionali fra Usa e Cina
Un altro aspetto chiave emerso dalla giornata inaugurale a Villa D’Este Sarà la «guerra fredda tecnologica» fra Usa e Cina il fattore di maggiore impatto sugli equilibri internazionali post Covid. È la risposta votata dal 46,9% degli intervistati in un sondaggio diffuso oggi in occasione della prima giornata del Forum Ambrosetti. Tra gli altri fattori da tenere d’occhio la crescita delle tensioni in Asia fra Cina e India (30,6%) e le elezioni presidenziali (20%).