Quando si perde il lavoro, bisogna augurarsi di aver tenuto il TFR in azienda o di averlo destinato a un fondo pensione? Il discorso può essere affrontato da diversi punti di vista, il primo dei quali è puramente legato al rischio finanziario.
Dal momento che il licenziamento difficilmente è un’eventualità prevista, se la decisione è stata quella di investire in un fondo pensione negoziale azionario – la scelta migliore per massimizzare il rendimento in orizzonti pluridecennali – potrebbe capitare di aver bisogno di riscattare i capitali del fondo proprio quando i mercati sono scesi. E anche i fondi pensione bilanciati od obbligazionari possono, seppur in minore misura, affrontare periodi di ribasso.
Nel peggiore degli scenari, una recessione potrebbe provocare contemporaneamente la perdita del lavoro e di parte dei capitali nel fondo pensione. Il TFR, invece, si valorizza in modo basso, ma stabile e prevedibile: non perde mai valore.
La buona notizia, se si ha in mano un fondo pensione, però, è che riscattarlo dopo il licenziamento è possibile, ma non obbligatorio. Pertanto, se non fosse strettamente necessario per sostenere altre spese impellenti, vendere quote del fondo pensione in un momento di mercato negativo è tutt’altro che consigliabile. E poi non conviene nemmeno dal punto di vista fiscale. Le somme riscattate dal fondo pensione, infatti, sono tassate al 23%. Se, invece, vengono mantenute nella previdenza integrativa, magari passando da un fondo negoziale di categoria a un fondo aperto, cui possono contribuire anche i disoccupati, le somme potranno continuare a valorizzarsi e, una volta raggiunti i requisiti, saranno tassate non più al 23, ma in una forchetta compresa fra il 15% e il 9% (dopo 15 anni di adesione, l’aliquota scende gradualmente al 9%).
Fondo pensione: in genere conviene, ma...
Il vantaggio del TFR? Primo: siccome gli imprevisti capitano, il TFR dà la certezza di poter avere sempre una risorsa che in qualsiasi momento non sarà mai scesa di valore. Secondo: viene liquidato in tempi più brevi, rispetto al fondo pensione, al massimo entro 45 giorni, contro un tetto massimo di sei mesi nel caso del fondo pensione.
Nel caso di lavori esposti a licenziamenti e in assenza di cuscinetti di liquidità dovuti a un budget mensile molto stretto, il TFR dà più sicurezza di poter far fronte a un periodo di inattività senza essere soverchiati dalle spese. Questo è particolarmente importante in presenza di debiti da ripagare e limitate spese discrezionali nel budget mensile: in quei casi, una volta perduto il reddito, la cinghia non si può tirare più di tanto per risparmiare. Considerando le minori capacità di valorizzarsi a lungo termine, tenere il paracadute del TFR può essere preferibile per i lavoratori a tempo, gli impiegati nei settori privati molto esposti all'andamento della domanda e con una forza lavoro molto variabile: ad esempio edilizia, turismo, hospitality e il comparto energia.
Il fondo pensione è probabilmente preferibile in tutti gli altri casi - in cui conta di più costruire un corposo capitale per la pensione, che non la sicurezza di un cuscinetto per sostenere le uscite mensili prima di aver trovato un nuovo lavoro.