Una soluzione che permette di diversificare, investendo nei mercati pubblici e nei private market. I fondi di fondi sono sempre più diffusi fino a essere preferiti rispetto agli investimenti diretti. “Si tratta di strumenti che consentono di avere accesso a un mercato globale con ticket che hanno solitamente un range tra i 10 e i 20 milioni di euro. Il fondo di fondi, inoltre, permette di cogliere i megatrend a livello mondiale, garantendo un’elevata diversificazione del portafoglio sia a livello geografico che settoriale” ha spiegato Giacomo Stratta, fondatore amministratore delegato di Fenera & Partners sgr, intervenuto nel corso primo Forum digitale sui Private Market, organizzato da We Wealth.
I vantaggi di investire in un fondo di fondi non si limitano però alla sola diversificazione. “Un altro aspetto non marginale è che questi strumenti garantiscono un’efficienza fiscale ottimale, in quanto le società che li gestiscono agiscono come sostituto d’imposta”, ha continuato Stratta, che poi si è soffermato sulle strategie più interessanti nel perimetro del private equity. “Negli ultimi vent’anni mi sono specializzato nel selezionare gestori di buyout, la principale strategia di private equity che prevede l’acquisizione di un’azienda di media dimensione con l’ottica di farla crescere per poi rivenderla. Dal 2017 in poi invece – come è diventato evidente che il mondo stava evolvendo rapidamente – ha preso piede il growth, settore che ha come sottostante principale aziende più piccole che crescono tantissimo attraverso la tecnologia”, ha commentato Stratta, che ha evidenziato come questo comparto sia arrivato a pesare per il 25% delle masse raccolte, contro il 35% del buyout.
Le altre due strategie di private equity che sembrano funzionare piuttosto bene sono il mercato secondario e i co-investimenti. “A livello tattico in tempi di crisi è molto interessante il mercato secondario, soprattutto quando presenta sconti a doppia cifra. I co-investimenti – investimenti fatti insieme ad uno dei gestori che si hanno in portafoglio – sono invece strumenti che danno un boost ai fondi di fondi senza intaccare quello che è il bello della diversificazione”, ha affermato Stratta che ha sottolineato come perché ciò avvenga bisogna essere selettivi e obiettivi: “Delle 80 circa opportunità di co-investimento che riceviamo all’anno ne scegliamo mediamente tre, il che ci ha consentito di avere un track-record del 40% all’anno in questa attività. Ma la nostra vera ricetta è che questo investimento non pesi più del 10% sul portafoglio, così da non vanificare il beneficio di diversificazione nell’eventualità di insuccesso”.
Per quanto riguarda le opportunità a livello geografico, il mercato sta invece sempre più rivolgendo la propria attenzione ad Oriente. “Noi investiamo il 35% delle masse raccolte in Asia e lo facciamo principalmente per un motivo. Negli ultimi vent’anni più di un miliardo di persone si sono trasferite in città dalle campagne. Nel mentre sono nate più di 180 città grandi come San Francisco e ora le città asiatiche con alme- no un milione di abitanti sono più di 300. Gli Stati Uniti e l’Europa contano rispettivamente solo 10 e 18 metropoli. Nel 2030 si prevede inoltre che 2/3 della classe media mondiale vivrà in Asia. È chiaro che tale fenomeno sta cambiando gli equilibri del consumo del mondo” ha spiegato Stratta che ha concluso “Il private equity servirà per assecondare le nuove esigenze dei consumatori asiatici, millennial dal consumo facile, che richiederanno sempre più servizi, per noi scontati, ma che ancora mancano: dalla sanità privata all’educazione”.
(articolo tratto dal magazine We Wealth di giugno)