La recente legge n. 145 del 30 dicembre 2018 (“Legge di Bilancio per il 2019”) ha introdotto un nuovo regime fiscale per attrarre in Italia persone non residenti. In questo caso l’agevolazione si rivolge a persone beneficiarie di pensioni, mirando a competere con il Portogallo e altri Stati
Ue che hanno già introdotto misure analoghe. L’introduzione del nuovo regime conferma che l’attuale governo non intende ridurre i benefici previsti per gli Hnwi (ie. il regime della flat tax di € 100.000) e ciò porta più in generale ad affermare che tutti i principali partiti politici si sono sino ad oggi dimostrati a favore del mantenimento di una strategia di attrazione. Il nuovo regime in commento è disciplinato dall’art. 24-ter del Tuir, è applicabile in via opzionale da parte delle persone fisiche che possiedono redditi da pensione di fonti estere, e consiste:
■ nell’applicazione di un’imposta sostitutiva, calcolata in via forfettaria, con aliquota del 7 per cento sui redditi da pensione di fonte estera;
■ nell’applicazione della medesima imposta sostitutiva del 7 per cento su qualsiasi altro reddito di fonte estera, comprese le plusvalenze derivanti dalla vendita di partecipazioni qualificate;
■ nell’esenzione dagli obblighi di indicazione delle attività e degli investimenti esteri nella dichiarazione dei redditi annuali (“Modulo RW”);
■ nell’esenzione dalle imposte patrimoniali annue sugli immobili esteri (0,76%) e sulle attività finanziarie estere (0,2%).
L’imposta sostitutiva del 7% non assorbe, invece, le imposte sulle successioni e sulle donazioni.
Il nuovo regime si applica alle persone che:
(i) sono state fiscalmente residenti all’estero per almeno cinque anni prima del trasferimento in Italia;
(ii) provengono da Stati che hanno stipulato accordi di cooperazione amministrativa con l’Italia;
(iii) trasferiscono la loro residenza nelle regioni del Sud Italia (i.e. in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, curiosamente menzionate non in ordine alfabetico dalla norma), in comuni con meno di 20.000 abitanti.
In relazione a quest’ultimo requisito, si osserva come la legislazione fiscale italiana stabilisca solo i criteri per determinare se una persona è fiscalmente residente all’interno o all’esterno del territorio dello Stato mentre non esiste alcuna regola per la determinazione del comune in cui un dato individuo risiede effettivamente.
Inoltre, gli strumenti di prova del luogo di effettiva residenza normalmente utilizzati in una situazione transfrontaliera sono meno efficaci sul territorio nazionale (ad esempio, le bollette
telefoniche possono aiutare a individuare lo Stato da dove vengono effettuate/ricevute le chiamate ma non le singole municipalità in Italia dove le persone si trovano quando hanno
usato i servizi).
Si tratta di una questione ben nota e irrisolta tanto che, in effetti, accade molto di frequente che all’interno di una famiglia i coniugi risiedano formalmente in diversi comuni oppure che le persone risiedano formalmente in Comuni in cui né vivono né lavorano (basti, ad esempio, pensare che in base ad alcune statistiche risulta che approssimativamente il 30% delle persone che lavorano e vivono nel Comune di Milano sono formalmente residenti fuori dalla Regione Lombardia). Il nuovo regime è limitato alle persone fisiche che possiedono un reddito da pensione corrisposto da entità non italiane, senza alcuna ulteriore limitazione per quanto riguarda la natura del pagatore (pubblico o privato) o l’importo ricevuto, che in linea di principio può essere anche una piccola frazione del reddito complessivo. Inoltre, la legge non impedisce ai beneficiari di svolgere un’attività lavorativa, d’impresa o professionale.
L’opzione si applica per cinque anni e può essere revocata dal contribuente in qualsiasi momento. Inoltre, il contribuente può scegliere di essere assoggettato ad imposizione ordinaria per quanto riguarda i redditi rivenienti da determinati Stati (“opt-out”). Questa previsione dovrebbe aiutare a beneficiare dei trattati contro le doppie imposizioni e di un credito per le imposte eventualmente assolte all’estero (tale credito non sarebbe invece fruibile rispetto ai redditi che beneficiano dell’imposta sostitutiva del 7%).