Negli ultimi anni, l’industria dei servizi finanziari si è interrogata sui rischi del possibile ingresso nel mercato dei grandi operatori tecnologici globali
Secondo una ricerca condotta da Scratch sui millennial americani, Il 73% degli intervistati ha dichiarato che sarebbe più attratto da una nuova offerta di servizi finanziari da parte di player come Google, Amazon e Apple piuttosto che da parte di una delle principali banche tradizionali
La rivalità tra i due mondi sembra lasciare spazio a opportunità di partnership stategica. Solo gli operatori bancari più innovativi, però, potranno giocare questa partita
Rispetto alle banche, i colossi tecnologici presentano importanti vantaggi competitivi. In primis, spiega Giorgino, la “fruibilità dei servizi”, intesa come facilità, velocità e user experience dei processi e dei servizi offerti, caratteristiche ricercate soprattutto da una clientela millennial. A questo si aggiunge “una capacità finanziaria e organizzativa che hanno poche banche a livello mondiale. Basti pensare che gli utili netti di un anno di Apple sono superiori alla capitalizzazione della quasi totalità delle banche italiane”. Infine, la capacità di estrarre valore dai dati. “Non è solo un tema di disponibilità dei dati, ma di monetizzazione di queste informazioni. Le big tech hanno una cultura del dato nativa e sicuramente più sviluppata delle banche, con tecnologie, capacità di calcolo e storage di dati estremamente evolute”. Nonostante questi aspetti siano evidentemente importanti, la partita non è da considerarsi chiusa. Gli istituti di credito hanno infatti dalla loro parte una serie di asset. “Quando penso ai punti di forza delle banche penso alle competenze specialistiche presenti all’interno di questi business, necessarie per operare in un settore così regolamentato” spiega Giorgino, citando come ulteriori leve competitive l’ampia base clienti di cui godono alcuni grandi player bancari e il trust nel brand. Su questo ultimo punto, a detta di Giorgino, le banche possono per il momento essere considerate in vantaggio rispetto ai giganti della tecnologia. “Quando parliamo di gestione del risparmio o di mutui, la fiducia dei clienti verso il sistema bancario è ancora forte”. Tuttavia, avverte il direttore dell’Osservatorio, “non basterà il brand a tutelare il posizionamento competitivo dei player tradizionali, che dovranno necessariamente evolversi digitalmente per restare sul mercato”.
Alla luce dello scenario delineato, gli incumbent devono realmente guardare alle big tech come rivali o, al contrario, è logico considerarle come potenziali partner? Per Giorgino il tema è ancora irrisolto. Se inizialmente, come nel caso di banche e fintech, si è pensato che ci fosse una grande rivalità tra questi mondi, oggi vediamo sempre più spesso queste due realtà interagire e collaborare tra di loro. “Diverse grandi banche hanno capito che, anziché aspettare la concorrenza di questi operatori, si possono proporre per poter fare del business insieme” afferma il direttore dell’Osservatorio, facendo riferimento tra i tanti esempi alle soluzioni di finanziamento messe a disposizione di chi vuole comprare un computer sull’Apple Store, che in Italia sono fornite da Banca Ifis. Anche oltreoceano gli esempi non mancano di certo, come la già citata Apple Card, lanciata dal colosso di Cupertino in partnership con Goldman Sachs.
Di fronte a queste considerazioni, resta quindi da chiedersi se Google e Amazon possano davvero diventare banca del futuro. “Non credo” dichiara Giorgino. “Per essere una banca ci sono una serie di adempimenti di compliance e regolamentari, che non penso che i grandi operatori tecnologici vorranno mai presidiare. Hanno tante di quelle risorse che se avessero voluto diventare una banca lo avrebbero già fatto. Credo molto di più in una logica di collaborazione con alcuni pochi, grandi, efficienti, digitali, operatori tradizionali che potranno fare business insieme ai grandi operatori tecnologici. Sarà vedere quale modello emergerà ma ritengo che sia difficile immaginare che un giorno Google sarà anche la nostra banca, ma mai dire mai”.