Perché così tante nuove normative?
Da principio c’è stato l’Accordo di Parigi sottoscritto nel 2015 nel quale la maggior parte delle nazioni si è impegnata a mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 gradi. Questo impegno ha portato la Commissione europea a lanciare, nel 2018, il suo Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile, riconoscendo il ruolo determinante della finanza nell’attuazione dell’Accordo di Parigi, così come di altri obiettivi legati alla sostenibilità.
Allo stesso tempo gli investitori hanno versato miliardi in fondi sostenibili. La divergenza nei dati dipende dalla definizione di sostenibilità che viene utilizzata, ma anche da una stima più conservativa risultano svariati trilioni di euro attualmente investiti in strategie sostenibili in tutta Europa. Le società di gestione hanno risposto a questo flusso di denaro lanciando fondi sostenibili di tutti i generi e in tutte le asset class immaginabili. L’Unione europea intende frenare la crescita percepita dell’offerta dei cosiddetti investimenti “green-washing” attraverso la definizione di alcuni standard più rigorosi nell’ambito delle informative obbligatorie e di standard minimi per la classificazione di un fondo nella categoria dei prodotti sostenibili.
In cosa consiste il piano d’azione dell’Ue?
In sostanza, il Piano prevede diverse iniziative tutte volte a riorientare il capitale verso società sostenibili. Tuttavia, alcune delle normative di maggior impatto non fanno parte di questo piano.
- Tassonomia. Ai fini della tassonomia, è innanzitutto necessario definire cosa si intenda per società sostenibile. Questo è precisamente l’obiettivo della Tassonomia delle attività sostenibili dell’UE (la “Tassonomia”). “Tassonomia” è solo un’altra parola per classificare le attività aziendali, definendo quali possono essere considerate sostenibili e a quali condizioni;
- NFDR. Allo stesso tempo gli investitori hanno bisogno che le società forniscano informazioni complete e affidabili non solo sulle loro performance ambientali, ma anche su governance e condizioni di lavoro. In assenza di tali dati, gli investitori non potrebbero, ad esempio, valutare se una società soddisfa specifici standard di sostenibilità. Il Regolamento sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (NFDR) si occupa proprio di fornire questo livello di trasparenza;
- SFDR. In un mondo ideale, una volta definite le attività aziendali sostenibili ed entrati in possesso dei dati di queste società, gli investitori dovrebbero essere in grado di integrare il tutto per creare grandi prodotti d’investimento sostenibili e illustrare il procedimento adottato. Si arriva quindi al Regolamento relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (SFDR) che stabilisce, per tutte le società di gestione che operano in Europa, alcuni requisiti minimi di trasparenza , oltre a quelli più specifici per i fondi commercializzati come sostenibili o che integrano considerazioni ESG.
Tassonomia, NFDR, SFDR: queste tre iniziative costituiscono un gruppo di norme al quale sono state collegate altre iniziative, ognuna delle quali copre un obiettivo o un’asset class specifici. A seconda del tipo di investitore, solo alcuni saranno rilevanti.
- Indici di riferimento climatici. Alcuni investitori scelgono di adottare un approccio di investimento passivo che cerca di replicare un indice di riferimento nella maniera più fedele possibile. Di fronte alla proliferazione degli indici che sostengono di integrare, anche se non è sempre vero, le dimensioni ” green ” o ” climate” nel processo di costruzione dell’indice, la Commissione europea ha definito una serie di requisiti minimi che gli indici devono soddisfare per definirsi tali. Questi requisiti sono contenuti nel regolamento sugli Indici di riferimento climatici e nelle altre informative relative agli indici di riferimento ESG adottati (regolamento sugli indici di riferimento climatici);
- Standard per i Green Bond. Nel settore obbligazionario, i green bonds hanno avuto un enorme successo e hanno attratto i capitali di investitori desiderosi di investire sul “green”. Tuttavia, la reputazione della sostenibilità di tali green bonds dipende in larga misura dal modo esatto in cui i proventi delle obbligazioni vengono utilizzati dalle società, dal tipo di impatto ambientale che si ottiene e dalle informazioni che vengono fornite agli investitori. L’UE ha cercato di rispondere a queste preoccupazioni valutando di definire con gli Standard dei Green Bond dell’UE (GBS dell’UE). Naturalmente quando si tratta di definire le attività aziendali che possono essere finanziate da questi titoli, la Tassonomia risulta particolarmente utile;
- Ecolabel. Dopo aver definito tutti questi standard relativi alle caratteristiche di una società sostenibile e altre regole che stabiliscono ciò che le società di gestione devono considerare e divulgare, l’UE non disponeva ancora di uno standard in merito a cosa fosse in realtà un fondo sostenibile. Un tale standard volontario, dopo tutto, esiste già in diversi Paesi come Francia, Belgio e Germania. Le autorità dell’UE hanno deciso di creare un marchio paneuropeo basato sull’attuale regolamento Ecolabel del 1992 e di applicarlo alla creazione di un Marchio Ecolabel per i fondi di investimento. Anche in questo caso, la Tassonomia risulta utile a definire i criteri di screening. L’uso del regolamento Ecolabel e della Tassonomia implica che solo i fondi con una forte attenzione all’ambiente, come i fondi obbligazionari verdi o i fondi azionari tematici, possano essere in linea con i criteri di ammissibilità del marchio UE, limitando fortemente la diffusione del marchio;
- SDR II. Infine, l’UE è interessata anche a promuovere un maggior coinvolgimento degli investitori con le loro società investite e a favorire tale coinvolgimento. La Direttiva sui diritti degli azionisti revisionata (SRD II) definisce nuovi obblighi in capo alle società di gestione che sono tenute a rivelare il modo in cui hanno esercitato i propri diritti di voto o spiegare perché non li hanno esercitati. Un altro obiettivo della direttiva è quello di promuovere la partecipazione azionaria a lungo termine, evitando di assumere un orientamento di breve periodo che costringe le società a perseguire obiettivi trimestrali inefficienti. Gran parte della direttiva è dedicata al ruolo che ciascuna parte dovrebbe svolgere nel processo di voto per facilitare e rendere trasparente l’esercizio dei diritti di voto (depositari, consulenti in materia di voto, emittenti, ecc.). Infine, la direttiva impone il cosiddetto “say-on-pay”, in base al quale gli azionisti dovrebbero sempre avere la possibilità di esprimere il proprio voto sulle remunerazioni degli amministratori.
Un esempio: l’alluminio
L’alluminio è un metallo importante nel processo di transizione energetica. Questo aiuta i produttori a fare aerei e automobili più leggeri, è facilmente riciclabile e può utilizzare energie rinnovabili all’interno del processo di produzione. La Tassonomia dell’UE considera quindi la produzione di alluminio in linea di principio compatibile con un futuro sostenibile ma, ed è questo il punto chiave in questo caso, definisce condizioni rigorose affinché questa produzione possa essere considerata sostenibile. Ad esempio, le emissioni non devono essere superiori alle 1.514 tonnellate di CO2 per tonnellata di alluminio, ad eccezione dell’alluminio riciclato.
Quindi cosa è già applicabile e cosa lo sarà in futuro?
Non è facile rispondere a questa domanda in quanto la maggior parte dei regolamenti prevede un’attuazione in più fasi, mentre altri non sono ancora stati completamente finalizzati.
Già applicabile
La Tassonomia è stata adottata, motivo per cui disponiamo di tutti i criteri necessari per valutare le società. A dire il vero, tutti i criteri per 2 dei 6 obiettivi ambientali coperti dalla Tassonomia (mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici). Pubblicheremo una nota informativa specifica proprio sulla Tassonomia in modo da chiarire meglio questo aspetto. Per il momento diciamo solo che le società di gestione dovranno dichiarare la propria quota di investimenti in attività allineate alla Tassonomia, nella sua forma attuale, a partire dal 2022. Considerando la portata e l’approfondimento dello screening richiesto (70 settori merceologici coperti), questa analisi richiederà molti dati, in gran parte attualmente non disponibili . Inizialmente saranno utilizzati modelli e simulazioni per ovviare a tutti i dati mancanti fino a quando le società non inizieranno a pubblicare le informazioni richieste, che diventeranno obbligatorie anche per loro entro il 2022.
Per gli indici di riferimento climatici la situazione è più semplice: la legislazione è stata adottata ed è applicabile da luglio 2020, dopo la pubblicazione degli standard tecnici. Pertanto, qualsiasi indice che si vanti di avere caratteristiche ambientali deve rispettare i criteri definiti dal regolamento.
Per quanto riguarda gli Standard dei Green Bond dell’UE, il gruppo di esperti tecnici incaricato dall’UE ha pubblicato un report nel 2019 ponendo i presupposti per la loro implementazione in un secondo momento.
L’entrata in vigore della SRD II varia di paese in paese, poiché la direttiva richiede il recepimento da parte di ogni parlamento nazionale. Il termine per tale recepimento è stato fissato dalla direttiva nel settembre 2020. Essendo già stata recepita in Belgio e in Francia, ed è già applicabile in questi Paesi.
2021
La normativa in materia di informativa, almeno per i Paesi sopra menzionati, entrerà in vigore nel 2021. La maggior parte dell’SFDR entrerà in vigore nel marzo 2021, con l’entrata in vigore degli obblighi di informativa periodica nel 2022. Per quanto riguarda l’NFDR, le società dovranno iniziare a divulgare informazioni aggiuntive entro il 2022 o il 2023, a seconda dell’argomento dell’informativa.
A partire dal 2022
Come abbiamo visto, sebbene la Tassonomia sia stata definita in maniera precisa, le relative informative diventeranno obbligatorie non prima del 2022 per quattro dei sei obiettivi ambientali. Le medesime tempistiche si applicano anche ai requisiti NFDR relativi a queste dimensioni ambientali.
Non ci aspettiamo che si possa presentare domanda per l’Ecolabel UE prima del 2022 o addirittura del 2023. Questo obbiettivo andrà di pari passo con la Tassonomia e la sua capacità di attrarre investitori. Stando a un recente studio pubblicato dall’UE, se il marchio fosse disponibile già oggi sulla base di criteri di ammissibilità realistici e dei dati disponibili, sarebbero idonei solo 3 delle decine di migliaia di fondi registrati nell’UE.
David Czupryna, Head of ESG Client Development – Candriam
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