In particolare, il tasso di disoccupazione dovrebbe attestarsi nel 2021 al 4,5%, con un tasso di inflazione al 3% (2,1% nel 2022), contro le precedenti stime che davano la crescita del livello dei prezzi per quest’anno al 2,2%. Tuttavia, se l’inflazione sta facendo meglio del previsto, l’economia americana è ancora lontana dal suo livello di piena occupazione, con 7,6 milioni di americani ancora senza lavoro dal febbraio 2020.
Ma il vero tema di quest’anno è il tapering, ossia la riduzione del programma di acquisto titoli da parte della banca centrale (Qe). «Probabilmente sarà annunciata a Jackson Hole. Ci stiamo avviando a una normalizzazione molto molto lenta della politica monetaria», ritiene Federici.
Per il momento, l’acquisto di titoli resta fermo al livello record attuale di 120 miliardi di dollari al mese. La diminuzione della portata del quantitative easing americano sarà, nelle parole di Powell, «ordinata, metodica e trasparente». E, in ogni caso, la politica monetaria Usa non seguirà un calendario prestabilito ma «continuerà a dipendere dallo stato di salute dell’economia nazionale», ha chiarito il numero uno della Fed.
La prospettiva di una politica monetaria restrittiva o meno accomodante «dovrebbe favorire le rotazioni settoriali», spiega Tommaso Federici. «Al di là delle correzioni tecniche (come magari i ridotti volumi estivi), si passerà dai titoli growth, come il tech, a quelli value, ciclici e più sensibili ai tassi. È normale che in prospettiva di un rialzo dei tassi salgano banche e assicurazioni».
Ci saranno ricadute della politica Fed sulla Bce? «No. Noi siamo indietro nel ciclo, viaggiamo su numeri completamente diversi. In Ue la disoccupazione è all’8%, la crescita oscilla tra il 4,5 e il 5% e l’inflazione resta molto molto bassa. Qualche giornata di assestamento è fisiologica, ma non si tratta di nulla di strutturale».