Secondo i dati più recenti, infatti, se i cittadini francesi residenti in Italia sono circa 31.354, la comunità italiana in Francia – secondo i nuovi metodi di demografia digitale che consentono di stimare il numero degli italiani che vivono nei principali paesi europei attraverso una ricognizione dei profili Facebook in italiano effettuata tra novembre 2019 e giugno 2020 – conta oltre 415.000 residenti e la quasi totalità ha un’età maggiore di 35 anni.
Una pluralità di regimi patrimoniali
In Francia in applicazione del Regolamento (Ue) n. 1103/2016 entrato in vigore dal 29 gennaio 2019, i promessi sposi – prima della celebrazione del matrimonio – mediante una convenzione matrimoniale redatta da un Notaio e depositata presso il Comune di residenza possono scegliere:
a) la legge applicabile al loro regime patrimoniale, scegliendo tra la legge di uno degli Stati di cui almeno un coniuge è cittadino ovvero la legge della residenza abituale di un coniuge al momento del matrimonio;
nonché
b) il regime patrimoniale, optando per la “comunione universale” (in cui cadono in comune anche i beni di cui ciascun coniuge era proprietario prima del matrimonio) oppure la “comunione legale” (in cui tutti beni e debiti successivi al matrimonio sono condivisi), la “separazione dei beni” o ancora la comunione de residuo o anche detta “partecipazione agli acquisti” (in cui non sussiste alcuna comunione ma ciascuno in caso di divorzio, ha diritto a ricevere una compensazione monetaria qualora abbia accumulato meno ricchezze rispetto all’altro coniuge durante il matrimonio).
Il regime scelto dai promessi sposi non potrà essere modificato prima che siano trascorsi due anni dalla celebrazione del matrimonio, ovvero due anni dalla convenzione se successiva al matrimonio.
In mancanza di convenzione matrimoniale, il regime patrimoniale sarà regolato dalla legge francese quale legge del paese di celebrazione del matrimonio e il regime legale sarà quello della “comunione dei beni”, esattamente come accade in Italia.
Mentre il regime patrimoniale di “comunione degli acquisti” viene meno solo in caso di divorzio, il regime di “comunione universale” e “comunione legale”, si scioglie non solo con il divorzio ma anche con la separazione.
Quattro tipologie di divorzio: consensuale, accettato, per irrimediabile rottura del vincolo e per colpa
In Francia è possibile divorziare senza dover passare dalla separazione e con la sola assistenza degli avvocati, optando per il “divorzio consensuale” vale a dire un divorzio formalizzato in una scrittura privata controfirmata da avvocati e depositata presso un Notaio. Tale modalità può essere scelta se i coniugi sono d’accordo sulla decisione di porre fine al vincolo matrimoniale e su tutte le condizioni del divorzio ed i figli – se ancora minorenni – non hanno chiesto di essere sentiti da un Giudice.
Qualora, invece, un figlio minore in grado di intendere e volere chieda di essere sentito da un Giudice, i coniugi dovranno per forza accedere al Tribunale sottoponendo all’approvazione del Giudice il progetto di accordo, senza che la cause del divorzio siano oggetto di discussione (anche detto “divorzio consensuale giudiziale”). Il Giudice respingerà l’accordo solo qualora gli interessi dei figli o di un coniuge non risultino adeguatamente tutelati.
Si definisce “divorzio accettato”, invece, quello chiesto da un coniuge ma accettato dall’altro, ovvero quello proposto da entrambi i coniugi con domanda congiunta ma con richiesta al Giudice di regolarne le condizioni; i coniugi non sono riusciti a trovare un d’accordo.
Al pari di quanto accade in Italia, il divorzio può essere chiesto anche da un solo coniuge purché la coppia abbia interrotto la convivenza da almeno due anni alla data di presentazione della domanda di divorzio ovvero qualora un coniuge imputi all’altro la responsabilità della fine del matrimonio (anche detto “divorzio per colpa”). I fatti, però, devono aver integrato una violazione grave o reiterata dei doveri e degli obblighi coniugali e aver reso intollerabile la prosecuzione della vita comune.
La separazione dei coniugi
Anche la normativa francese prevede una procedura di separazione legale – che pone fine ad alcuni obblighi coniugali, come il dovere di coabitazione, ma non scioglie il vincolo matrimoniale – ma a differenza di quanto accade in Italia, non è procedimento propedeutico alla pronuncia di divorzio ma ne è un’alternativa.
La pronuncia di separazione, al pari del divorzio, deve essere chiesta al Tribunale; la domanda può essere congiunta, vale a dire richiesta da entrambi i coniugi che con l’aiuto dei loro legali hanno anche raggiunto un accordo sulle varie condizioni ovvero a seguito di domanda di uno solo che imputa all’altro una colpa grave che ha reso intollerabile la convivenza.
La separazione legale pone fine al dovere di coabitazione, ma permangono gli obblighi di assistenza e di fedeltà. Inoltre, salvo diversa disposizione del giudice, la moglie conserva l’uso del cognome del marito. L’obbligo di assistenza implica che un coniuge può essere tenuto a versare un assegno alimentare all’altro coniuge che ne abbia bisogno. L’importo di tale assegno viene stabilito a prescindere dall’attribuzione della colpa, a meno che il coniuge beneficiario non sia seriamente venuto meno ai propri obblighi durante il matrimonio. L’assegno alimentare può essere sostituito da un importo di capitale se gli attivi del coniuge obbligato glielo permettono.
Sul piano patrimoniale, la sentenza di separazione implica lo scioglimento e la liquidazione del regime patrimoniale coniugale, come accade in caso di divorzio.
Nel caso di morte di un coniuge, il diritto di successione dell’altro coniuge rimane inalterato e questi godrà dei diritti spettanti al coniuge superstite. Tuttavia, in caso di separazione consensuale giudiziaria, il coniuge può decidere di inserire nell’accordo una clausola di rinuncia alla successione.
Su domanda di uno dei coniugi, un provvedimento di separazione legale è convertito di pieno diritto in una sentenza di divorzio allorché la separazione legale è durata due anni.
La casa coniugale
A differenza di quanto accade in Italia, la normativa francese protegge la casa familiare prevedendone il divieto di disposizione – sia essa bene comune o appartenga ad un solo coniuge – senza l’accordo dell’altro o senza l’autorizzazione del Tribunale. Tale divieto ricomprende la vendita, ma anche la donazione, la costituzione d’ipoteca, d’affitto o d’usufrutto.
La centralità della casa familiare ritorna anche in occasione della separazione e del divorzio, tanto che la normativa francese allorquando la coppia non ha raggiunto un accordo sul punto, prevede una serie di soluzioni del tutto sconosciute alla normativa italiana.
Se in Italia l’unica decisione che può prendere il giudice del divorzio è quella dell’assegnazione della casa al genitore collocatario dei figli minori, in Francia il giudice può attribuire il godimento della casa coniugale anche ad un coniuge senza figli. Il giudice preciserà se il godimento sarà gratuito, se darà luogo al pagamento di un’indennità d’occupazione, se sarà a titolo di usufrutto o in piena proprietà; ma il giudice potrebbe anche decidere di mantenere la comunione della casa per una durata di 5 anni o più, termine estendibile fino alla maggiore età del più giovane dei figli o fino al decesso del coniuge.
Se invece la casa familiare è in regime di locazione, l’affitto viene generalmente attribuito da parte del tribunale, al coniuge che risiede con i figli o al coniuge che ha maggiori difficoltà a trovare un nuovo alloggio.
L’obbligo di versare gli alimenti all’altro coniuge
L’obbligo di mantenimento di un coniuge nei confronti dell’altro coniuge è una misura temporanea, vale a dire che è corrisposto generalmente fino alla pronuncia di divorzio. Una volta pronunciato il divorzio, il coniuge può chiedere all’altro coniuge soltanto il versamento di un’indennità compensativa (“prestation compensatoire”) o di un risarcimento per danni. Essa può essere composta in via amichevole per un divorzio consensuale giudiziario o stragiudiziale e dal giudice negli altri casi.
L’indennità è destinata a compensare la disparità che l’interruzione del matrimonio può determinare nelle rispettive condizioni di vita dei coniugi. L’importo dell’indennità viene fissato dal giudice sulla base dei redditi e delle esigenze di ciascun coniuge. È una prestazione di carattere forfettario e, generalmente, è corrisposta sotto forma di capitale che può essere costituito
- da una somma di denaro, pagata secondo modalità da stabilire di comune accordo;
- o dall’attribuzione di beni in proprietà o di un diritto di uso, di abitazione o di usufrutto, a titolo temporaneo o permanente.
In casi eccezionali, si può stabilire che l’indennità di compensazione venga corrisposta sotto forma di rendita vitalizia, il cui importo può essere diminuito in seguito a cambiamenti relativi alle entrate o alle esigenze dei coniugi.
Un coniuge sul quale il divorzio abbia avuto conseguenze particolarmente gravi può ottenere un risarcimento per i danni subiti:
- o qualora si tratti del convenuto in un procedimento di divorzio per irreparabile rottura del rapporto coniugale e questi non abbia proposto a sua volta una domanda di divorzio, oppure
- o in caso di divorzio contenzioso, qualora la colpa sia interamente addebitata all’altro coniuge.