Dalla donazione “tipica” si distinguono le donazioni “indirette”, che – in assenza di una definizione operata dal legislatore – sono indicate comunemente dalla dottrina e dalla giurisprudenza come quelle liberalità effettuate non mediante il contratto di donazione come sopra identificato, bensì attraverso uno o più negozi giuridici tra essi collegati che siano produttivi non soltanto dell’effetto diretto loro proprio ma anche di un arricchimento della controparte voluto per spirito liberale. Le donazioni indirette devono osservare la forma prescritta per il negozio attraverso il quale si esplicano e a esse si applica – oltre che la normativa afferente quest’ultimo – la disciplina della donazione “tipica” per quanto attiene la revocazione per ingratitudine e per sopravvenienza di figli, la riduzione per lesione di legittima e la collazione.
Casi di donazioni indirette ricorrenti nella prassi sono le liberalità attuate mediante:
- (i) il contratto a favore di terzo (come l’accordo con cui al terzo beneficiario è attribuito un diritto, senza che egli paghi alcun corrispettivo e senza alcun vantaggio economico per il disponente),
- (ii) la cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, qualora detta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari,
- (iii) la delegazione attiva di pagamento (es. il genitore delega il pagamento della somma di denaro derivante dalla vendita di un immobile in favore del figlio),
- (iv) la rinuncia abdicativa (es. l’usufruttuario che rinuncia al proprio diritto attraverso la manifestazione di una volontà unilaterale, intendendo beneficiare il nudo proprietario a vantaggio del quale si realizza il consolidamento della piena proprietà).
La donazione cosiddetta “informale”, invece, è la liberalità attuata non mediante un negozio giuridico, ma attraverso un comportamento materiale (es. consegna brevi manu di liquidità o di un assegno circolare intestato al donatario, trasferimento di denaro a mezzo bonifico bancario o di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario a mezzo banca) cui non corrisponde alcuna controprestazione. In tali casi si è di fronte a una donazione tipica – sebbene ad esecuzione indiretta – che, in quanto tale, per essere valida, deve rispettare le prescrizioni di forma sopra viste.
Nonostante il fatto che la nullità (a fini civilistici) della donazione informale sia stata espressamente decretata dalla sentenza a sezioni unite della Corte di Cassazione n. 18725 del 27 luglio 2017, continuano a susseguirsi gli arresti giurisprudenziali che la ritengono comunque rilevante a fini impositivi: indicazione a dir poco discutibile posto che, in presenza di una donazione nulla, il bene donato non può ritenersi mai uscito dalla sfera giuridica del donante e, pertanto, nessun arricchimento si è consolidato in capo al donatario, con conseguente inesistenza del presupposto impositivo al ricorrere del quale l’imposta di donazione risulta dovuta.
L’ordinanza in commento, invece, inserendosi nel solco giurisprudenziale che – a chiari fini di deterrenza di prassi elusive – fa rientrare nel più ampio genus delle donazioni indirette anche le donazioni informali (quali liberalità che neppure si traducono in contratti scritti, trattandosi di meri comportamenti materiali), ribadisce la rilevanza a fini impositivi di queste ultime, sostenendo che “l’inosservanza della forma pubblica richiesta dall’art. 782 c.c., e la relativa sanzione della nullità, se rilevano sul piano civilistico (omissis), nessuna conseguenza producono sul piano tributario, in ragione del principio generale affermato dall’art. 53 Cost.”, con conseguente tassazione delle stesse quali liberalità indirette.