Il trust, uno strumento che prende sempre più piede in Italia ma che non tutti sono in grado di maneggiare con cura. È l’opinione di Maurizio Lupoi che 24 anni fa ha fondato l’associazione Il Trust in Italia di cui è ora presidente emerito e che ha fatto il punto sullo stato dell’arte del trust nel nostro Paese, alla conclusione dei lavori del IX congresso dell’associazione. “Alcuni improvvisano trust basandosi sull’intuito o copiando alla meglio quanto fatto da altri. Ma nel diritto l’intuito non esiste. Quello che conta è l’esperienza e la formazione ed è difficile che chi realizza 3 o 4 trust all’anno sia costantemente aggiornato sul settore. Il trust, come è noto, non ha una legge italiana e occorre quindi un aggiornamento costante sulle novità del diritto straniero applicabili. Nel tempo questa struttura ha dimostrato la sua versatilità e la sua efficienza fiscale ma qualche pregiudizio persiste. Nei passaggi generazionali, ad esempio, assolve al suo compito e prova ne sia che, di fatto, non esistono contenziosi legati a questo ambito. Del resto si tratta di un meccanismo lineare che rende difficile la possibilità di compiere atti fraudolenti: è un patrimonio segregato affidato ad un trustee professionale.
Naturalmente possono esserci degli usi non appropriati e talvolta vengono realizzati trust a danno dei creditori come hanno dimostrato alcuni contenziosi nel corso del tempo. Ma in questi, detto per inciso, praticamente tutte le azioni di revocatoria sono state accolte. Quello che conta è, quindi, la formazione e la cultura in materia e per questo il sito web della nostra associazione è un centro di documentazione su tutte le leggi straniere, giurisprudenza italiana e pronunce dell’amministrazione finanziaria sui trust. Anche la formazione universitaria in materia di trust va potenziata ed è l’obiettivo a cui miro con il mio impegno accademico da circa 30 anni”. E una maggiore offerta formativa è uno dei punti del programma che Francesca Romana Lupoi (nella foto) da poco eletta presidente dell’associazione Trust in Italia illustra a We Wealth in vista della prima riunione del consiglio direttivo a metà dicembre.
“La prima iniziativa sarà aumentare l’offerta formativa, con webinar mensili rivolti non solo ai nostri 400 associati e non solo trust strictu sensu, ma anche su successioni e affidamenti fiduciari – afferma la neopresidente – Un altro fronte è quello di aumentare la collaborazione dell’associazione con le istituzioni competenti come Mef, Mise, Banca d’Italia in modo da avere un ruolo più attivo sui provvedimenti che hanno impatto sul mondo di trust. L’obiettivo è quello di collaborare alla realizzazione di provvedimenti che tengano conto delle reali esigenze del settore e scongiurare il rischio di provvedimenti come quelli del Ministero del Lavoro che non hanno permesso di far confluire i vecchi trust onlus negli Ets (enti terzo settore) con i connessi vantaggi fiscali. Inoltre il consiglio direttivo conta nove membri eletti dalla base e tre dalla Cassa forense, notarile e dei commercialisti quindi c’è una collaborazione importante con tutti i professionisti del settore.
Uno degli obiettivi è quello di ampliare la base di associati integrando quella tradizionale costituita da commercialisti, notai e avvocati anche ad esponenti di banche o fiduciarie con unità attive sul territorio. Infine un impegno importante è quello per la regolamentazione dei trustee professionali per i quali non esiste un’autorità di vigilanza preposta. La nostra associazione tiene un registro a cui possono accedere solo gli operatori in possesso di determinati requisiti ma si tratta di un registro privato, serve anche un’iniziativa pubblica”.
Articolo tratto dal n° di dicembre di We Wealth.
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