Il 2022 è stato un anno di forte contrazione per le masse gestite dai fondi d’investimento europei, per l’effetto combinato del calo dei mercati e dei deflussi netti da parte dei clienti
Secondo i dati pubblicati nell’ultimo report dell’Efama, i fondi attivi azionari sono passati da costi ricorrenti pari all’1,27% all’1,26% nel 2022, mentre quelli obbligazionari dallo 0,72% allo 0,69%
Mentre la fiammata dell’inflazione, unita al crollo dei mercati, accendeva ancor più attenzione sull’impatto dei costi dei fondi sulle performance d’investimento, la tendenza verso condizioni più favorevoli per i rispramiatori è proseguita. Secondo i dati pubblicati nell’ultimo report dell’Associazione per i Fondi Europei e l’Assetto Gestionale (Efama), estratti da Morningstar direct, i fondi attivi azionari sono passati da costi ricorrenti pari all’1,27% all’1,26% nel 2022, mentre quelli obbligazionari dallo 0,72% allo 0,69%. Nel 2018 le asticelle erano rispettivamente all’1,36 e allo 0,8%.
Un declino relativamente più marcato ha riguardato gli Etf obbligazionari, passati dallo 0,23% allo 0,20% fra il 2021 e il 2022.
Il calo dei costi “è dovuto in parte alla crescente quota di mercato dei fondi di grandi dimensioni, che rafforza la tendenza al ribasso dei prezzi grazie ai risparmi derivanti dalle economie di scala”, ha affermato l’Efama, notando come fra i fondi attivi ci sia una grande variabilità dei costi a livello europeo, correlata alle dimensioni: più grandi sono le masse gestite, più basse tendono ad essere le tariffe. “Questa pressione sui costi è destinata a continuare a causa della persistente concorrenza tra i gestori di fondi e della maggiore trasparenza sulle commissioni”, ha aggiunto l’Efama.
Costi: meno vantaggiosi per lo Stivale
Il tema dei costi di gestione vede l’Italia una posizione meno favorevole rispetto alla media, almeno fino a quanto noto finora. Nel 2021, i costi ricorrenti dei fondi azionari italiani erano “attorno al 2%”, i più cari assieme con quelli del Lussemburgo, secondo gli ultimi dati raccolti dall’Esma, l’autorità europea di vigilanza sui mercati. La stessa Esma aveva confermato, a proposito del 2021, che per il 25% dei fondi (azionari e obbligazionari) con le masse in gestione più grandi presentavano costi medi di quasi un terzo più bassi rispetto al 25% dei fondi “più piccoli”.
Il tema dell’abbassamento dei costi è uno degli obiettivi centrali della Eu Retail Investment Strategy, presentata il 24 maggio dalla Commissione europea. La speranza espressa dal presidente dall’Efama è che una maggiore trasparenza sui prodotti si traduca veramente in una più elevata propensione a investire, che riduca un po’ quel 44% di asset finanziari che le famiglie europee detengono in depositi bancari. L’associazione ha nuovamente intimato i legislatori Ue di non vietare le retrocessioni nella consulenza finanziaria, che avrebbero ristretto il modello di pagamento alle sole parcelle. Anche se il divieto non rientra nella proposta della Commissione, l’esecutivo europeo non ha escluso di poterlo introdurre in una seconda fase.
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Un 2022 con raccolta e masse in calo
Il 2022 è stato un anno di forte contrazione per le masse gestite dai fondi d’investimento europei, per l’effetto combinato del calo dei mercati e dei deflussi netti da parte dei clienti, che hanno più venduto che comprato nuove quote. Complessivamente, si sono osservate vendite nette sui fondi europei per 235 miliardi di euro nel 2022, peggio di quanto osservato negli Usa (-163 miliardi) e in controtendenza rispetto ai decisi acquisti osservati sui fondi dell’Asia-Pacifico (+362 miliardi). Secondo l’ultimo rapporto dell’Efama, gli asset gestiti dai fondi europei si sono contratti del 13,4%, soprattutto per via dell’effetto-mercato che ha pesato per 12,2 punti. La gran parte dei deflussi netti si è concentrata sui fondi obbligazionari europei, dai quali sono fuoriusciti 127 miliardi di euro, il peggior risultato negli ultimi dieci anni. Un risultato che appare coerente con il deciso aumento dei tassi d’interesse che ha abbattuto il valore dei bond in circolazione. Anche i fondi azionari, comunque, hanno sofferto deflussi netti per 67 miliardi di euro, mentre multi-asset e monetari hanno raccolto, rispettivamente, 14 e 28 miliardi.
L’associazione ha messo in evidenza il fatto che i deflussi netti dai fondi europei si siano concentrati esclusivamente sui prodotti non caratterizzati da obiettivi di sostenibilità, gli “articolo 6” (-195 miliardi di euro). Al contrario i fondi verde chiaro (“articolo 8”) e verde scuro (articolo 9) hanno mostrato una raccolta netta positiva per 7 e 20 miliardi di euro, rispettivamente. “Gli OICVM ex articolo 9 hanno registrato vendite nette positive in ogni singolo mese dell’anno”, ha commentato il presidente dell’Efama, Naïm Abou-Jaoudé, “sono fermamente convinto che i fondi sostenibili continueranno ad avere successo anche in futuro, poiché gli investitori danno sempre più priorità alle considerazioni Esg nelle loro decisioni di investimento”.