Il trust: uno strumento privato di utilità sociale

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Il trust è generalmente conosciuto come uno strumento atto a tutelare interessi privati (gestire il passaggio generazionale dei beni di famiglia o garantire la continuità dell’azienda). Non sempre viene data visibilità agli ulteriori pregi che possiede questo strumento, le cui applicazioni, in diversi ambiti di interesse comune, favoriscono e sostengono il benessere della collettività

Frederic William Maitland, giurista e storico del diritto inglese di fine ottocento, ha definito il trust come “la realizzazione forse più originale compiuta dai giuristi inglesi. Una definizione più che giustificata per uno strumento che, grazie alla sua flessibilità e alla sua originalità, ha la capacità di tutelare, allo stesso tempo, sia interessi privati che sociali.
Al di là dei trust concepiti come strumenti di pubblica utilità, esistono infatti numerosissimi trust non caritatevoli o per beneficiari che, ciononostante, espletano i propri effetti positivi sulla comunità, non di rado ponendo sui privati degli oneri che, altrimenti, graverebbero sullo Stato.

Molti trust, ad esempio, sono votati a promuovere l’istruzione. In questo contesto si annoverano non solo trust senza scopo di lucro, istituiti per agevolare la formazione di studenti svantaggiati per condizioni fisiche, psichiche, economiche o sociali, ma anche trust “privati” mediante i quali le famiglie segregano una parte delle loro disponibilità a vantaggio dei figli che desiderano studiare, aiutandoli e stimolandoli nel raggiungimento dei loro obiettivi e contribuendo, in tal modo, all’alfabetizzazione del Paese.

Altri impieghi socialmente meritevoli si scorgono, poi, nella cura dei soggetti deboli.

Si pensi ad esempio alla legge sul “dopo di noi” che permette di vincolare in trust determinati beni affinché i relativi beni, redditi e utilità siano destinati alla persona debole, secondo uno specifico programma delineato dal disponente nell’atto istitutivo. Questi trust non si propongono un fine caritatevole, poiché sono voluti dalle famiglie per offrire una vita migliore ai propri cari. Essi, tuttavia, avvantaggiano anche la collettività nel suo complesso, perché non solo danno serenità alle famiglie, ma contribuiscono all’inserimento delle persone disabili nel tessuto sociale, fornendo loro mezzi mirati e strutture adeguate per espletare al meglio le proprie potenzialità. Anche il settore pubblico ne trae vantaggio, in quanto la gestione del disabile viene garantita dal trust, tramite i propri mezzi, anziché delegata a strutture statali.

Il trust, inoltre, è uno strumento utile per proteggere gli interessi dei minori finché questi non raggiungano un’età in cui possano consapevolmente provvedere a sé stessi. Questo aspetto è molto apprezzato nell’attuale contesto socio-economico e sanitario, dove il timore di contrarre una malattia potenzialmente letale induce molti genitori a riflettere sul futuro dei figli e su come questi ultimi possano essere guidati, in base a un programma specifico, nella gestione del patrimonio di famiglia. Anche in questo caso il trust favorisce la famiglia e rappresenta uno strumento utile per ridurre lo stress emotivo dato dall’incertezza. Stress che, inevitabilmente, si riflette su più livelli nella comunità.

Altro settore che trae ampio vantaggio dall’esistenza dei trust è quello dell’arte e dei beni culturali. Diversi trust detengono, curano, espongono o restaurano beni artistici, a tutto vantaggio della collettività. Anche in questo caso accanto ai trust di pubblica utilità troviamo i trust per beneficiari, concepiti per il passaggio generazionale di beni appartenenti a collezioni private.

Chi possiede beni artistici, infatti, ambisce a trasmettere il patrimonio ai propri beneficiari nella sua unitarietà. Talvolta sono gli stessi eredi che ricorrono al trust per essere supportati nella gestione delle opere. In queste tipologie di trust è importante, oltre alla figura del trustee professionale, la presenza di soggetti terzi (ad esempio guardiani) specializzati nel settore di riferimento. Non è esclusa una presenza attiva dell’artista stesso, o del collezionista che, tramite il trust, mantiene un ruolo nella collezione. Questi trust coinvolgono quindi più persone qualificate, il cui operato mira ad evitare lo smembramento delle collezioni, a preservarne il valore e a custodirne la storia, aprendo la strada ad un futuro quanto auspicato godimento dei beni da parte del pubblico.

Nonostante questi, e molteplici altri pregevoli impieghi che hanno contribuito alla resilienza di questo istituto attraverso i secoli, il trust viene spesso frainteso, anche a causa di stereotipi superficiali o capziosi. Talvolta viene dipinto come uno strumento accessibile e utile solo a persone facoltose, oppure viene associato a soggetti che desiderano nascondersi dal fisco o dai creditori.

In realtà più che autorevoli studi statistici, pubblicati recentemente dalla Society of trust and estate practitioners – Step (nella pubblicazione “Social and economic benefits of trusts”), hanno dimostrato che non c’è alcuna evidenza che i trust siano più soggetti ad abuso rispetto ad altri strumenti del sistema finanziario quali, ad esempio, le società di capitali. Non per questo le società di capitali vengono demonizzate o se ne sminuisce l’utilità.

In linea con i più recenti obiettivi di trasparenza è dunque opportuno guardare oltre le apparenze per comprendere la sostanza e i vantaggi di questo straordinario strumento che, a giusta ragione, è stato definito una conquista, non solo per l’equity inglese ma anche per la comunità internazionale.

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