Il tutto parte da una società, rappresentante di un gruppo Iva, stabilita nel Regno Unito che esercita un’attività di gestione di fondi comuni di investimento e non. Per gestire il tutto la compagnia si appoggiava a dei servizi fatti da una società statunitense, appartenente allo stesso gruppo commerciale
Il giudice inglese chiedere aiuto a quelli europei per dirimere la questione. E la Corte di giustizia giunge alla conclusione che nel caso di specie si deve applicare una sola aliquota Iva
I fatti
Una società, rappresentante di un gruppo Iva, stabilita nel Regno Unito esercita un’attività di gestione di fondi comuni di investimento e non. Per gestire il tutto la compagnia si appoggiava a dei servizi fatti da una società statunitense, appartenente allo stesso gruppo commerciale. Le prestazioni erano fatte tramite una piattaforma informatica (hardware, software e umani) che forniva ai gestori di portafoglio diversi analisi di mercato e di monitoraggio delle prestazioni, vigilava sulla normativa e sul fatto che tutto fosse fatto secondo quanto stabilito.
Dato che la società americana non aveva sede nel Regno Unito, la compagnia inglese assolveva all’Iva rispettando l’inversione contabile (art.196 delle direttiva Iva). E dunque si riteneva che i servizi usati dalla società inglese, per la gestione dei fondi comuni d’investimento, dovessero essere esentati dall’Iva. In particolare il valore di questi servizi doveva essere calcolato in modo proporzionale all’importo dei fondi, rispetto alla totalità dei fondi gestiti. Questa narrazione è però contestata dall’Agenzia delle entrate inglese che inizia ad emettere una serie di atti. E proprio per questo la società arriva ad un primo ricorso in tribunale di primo grado, che rigetta l’istanza. La compagnia non si rassegna e fa appello al tribunale superiore del Regno Unito. In questo caso il giudice nota che ci potrebbe essere un contrasto tra la normativa nazionale e quella Ue. E dunque chiede di sottoporre il tutto direttamente ai giudici della Corte di giustizia Ue.
La decisione
La Corte di giustizia Ue prende in carico il caso e in primis sottolinea come le esenzioni della direttiva Iva devono essere interpretate in modo restrittivo. Questo perché costituiscono delle deroghe al principio generale secondo cui l’Iva deve essere riscossa per ogni tipo di prestazione. Nel caso in esame si chiede alla Corte di decidere se la prestazione di servizi dati da una società americana a quella inglese possono essere considerati come un’unica prestazione anche ai fini Iva. I giudici notano come il valore delle prestazioni in oggetto risiedono, dal punto di vista dei suoi beneficiari, nell’utilizzazione combinata delle diverse funzionalità della piattaforma informatica. La prestazione sembra dunque dover essere considerata coma un’unica. I giudici sottolineano anche come la nozione di “prestazione unica” può comprendere due tipi di situazioni:
- C’è una prestazione unica se uno o più elementi sono considerati costitutivi dell’oggetto principale.
- Gli elementi della prestazione unica possono essere messi sullo stesso piano, con la conseguenza che non si può sostenere che uno sia il principale e quell’altro no.
Nel caso in esame la prestazione, secondo il Regno Unito, ha due elementi distinti:
- Quello accessorio costituito dalla fornitura dei servizi per la gestione dei fondi
- Quello principale costituito dalla fornitura di servizi per la gestione degli altri fondi
Tutto corretto ma i giudici osservano come il Regno Unito non riesce ad isolare i due elementi, ma distingue solo in base all’utilizzo. Inoltre non risulta essere possibile distinguere le prestazioni principali da quelle accessori.
E dunque la Corte conclude che una prestazione del genere, con tale composizione, deve essere considerata come unica, composta da elementi della stessa importanza.