- Le ragioni che hanno spinto al rialzo le quotazioni dell’oro sono molteplici. Fra di esse, una forte domanda asiatica ma anche le tensioni geopolitiche
- De Casa: “Spesso le aziende del settore minerario si muovono in ritardo rispetto all’andamento del prezzo dell’oro. Sono da monitorare con attenzione”
La corsa dell’oro continua. Nella mattinata di venerdì 31 maggio, il metallo prezioso viaggia oltre i 2.300 dollari l’oncia, portando a casa un +14% da inizio anno secondo i dati del Continuous Contract tracciati da Marketwatch. Ma i titoli auriferi, solitamente legati al prezzo del lingotto, non brillano. La recente volata dell’oro avrebbe dovuto essere una buona notizia per le azioni delle società minerarie, eppure nell’ultimo biennio hanno sottoperformato in modo significativo il metallo stesso. Perché? Facciamo un passo indietro, provando innanzitutto ad analizzare le ragioni che hanno spinto al rialzo le quotazioni dell’oro.
Investire in oro: le ragioni del rally
“Fra di esse troviamo senz’altro una forte domanda asiatica, in particolare dalla Cina, sia istituzionale che privata. Ma anche le tensioni geopolitiche”, spiega a We Wealth Carlo Alberto De Casa, analista esterno per Swissquote. L’oro viene infatti considerato spesso un porto sicuro, in momenti di incertezza. Il conflitto in Ucraina ha innescato una “corsa per la sicurezza” mentre la guerra in Medio Oriente ha fatto sì che gli investitori necessitassero di una copertura contro ogni potenziale escalation, aggiungono Albert Chu e Angus Poland di Man Group in una recente analisi. “Ma la risposta degli Stati Uniti all’invasione russa è stata probabilmente più incisiva dell’invasione stessa”, dicono. “Gli Stati Uniti hanno deciso di congelare gli asset in dollari di proprietà della banca centrale russa. Una mossa che ha sorpreso i detentori stranieri di dollari e ha indotto molte banche centrali a diversificare i propri asset rispetto al dollaro”.
Così, hanno incrementato i loro acquisti di oro a livelli record, facendone salire il prezzo. Basti pensare alla People’s Bank of China, cui si devono più del 70% degli acquisti del metallo giallo da parte delle banche centrali nel 2023. “Anche i consumatori cinesi hanno investito in oro, vedendo diminuire la propria ricchezza netta a causa della crisi immobiliare e della discesa dell’indice azionario di riferimento Hang Seng”, confermano Chu e Poland. Intanto, interviene De Casa, mentre i mercati azionari restano sui massimi, molti investitori hanno scelto di incrementare la quota di oro in portafoglio puntando sui possibili tagli al costo del denaro da parte delle banche centrali. “Le aspettative contano, e non poco, in Borsa”, dichiara l’analista.
Perché i titoli auriferi non corrono
Ma perché allora le azioni delle società minerarie non corrono? “Non è una novità il fatto che i movimenti dei titoli auriferi siano in buona parte differenti dall’andamento del prezzo dell’oro”, dichiara De Casa. Questo perché le aziende producono vari metalli e i loro ricavi – e soprattutto i loro profitti – non sono una funzione completamente lineare rispetto all’andamento delle quotazioni di questi metalli. “Spesso le aziende del settore minerario si muovono in ritardo rispetto all’andamento del prezzo dell’oro, quindi credo siano da monitorare con attenzione”, avverte De Casa. “Va tuttavia detto che, oltre ai prezzi spot, sono saliti anche i costi produttivi, in particolare quelli derivanti dalla componente energetica. Un elemento da non trascurare”.
Fonte: Bloomberg, Man Group
Oro: meglio lingotti o titoli auriferi?
Fatte queste premesse, secondo l’analista l’oro è entrato in quella che definisce “una nuova era”. Se in passato quando saliva oltre i 2mila dollari l’oncia scattavano le vendite, ora è diverso: sopra i 2mila dollari sono arrivati altri acquisti. “Credo che l’oro su questi valori possa essere una regola e non più l’eccezione. Senz’altro ci saranno alti e bassi, ma lo scenario complessivo resta costruttivo”, afferma De Casa. Sottolineando infine come, in portafoglio, ci sia spazio sia per i lingotti che per i titoli auriferi. “L’oro può ben inserirsi nella parte core, con percentuali variabili fra il 2-3 e il 10%, non di più. I titoli auriferi, anche sulla scia dei possibili risiko fra varie big cap, potrebbero offrire opportunità speculative interessanti”, conclude De Casa.