In Italia, chi investe in fondi d’investimento non lo fa mai in autonomia: il 100% delle masse investite in fondi passa attraverso una distribuzione “advised”, ovvero tramite una guida professionale, sia essa un bancario, un intermediario assicurativo o un consulente finanziario. Lo attestano i numeri di una recente ricerca di Efama, l’associazione che rappresenta gli interessi dei gestori a livello europeo.
In Italia, il 60% della distribuzione dei fondi avviene tramite il canale bancario, mentre il 36% è distribuito tramite i consulenti finanziari – che nella Penisola detengono la quota di mercato più elevata di tutta Europa. Chiude il quadro un 4% di distribuzione attraverso i canali assicurativi. In totale, i canali “advised” rappresentano in Italia il 100% della distribuzione dei fondi d’investimento, una situazione di predominio che altrove nell’Ue si osserva solamente in Slovacchia.
Le piattaforme, ancora insignificanti nella distribuzione dei fondi italiana
A mancare completamente dai radar italiani sono, in particolare, le piattaforme dei fondi che consentono agli investitori di acquistare prodotti d’investimento direttamente, connettendosi online senza alcuna raccomandazione professionale, anche se “tipicamente le piattaforme forniscono strumenti per aiutare il processo decisionale”. Secondo Efama, “il business delle piattaforme indipendenti ad architettura aperta (senza consulenza) è ancora relativamente piccolo e difficile da misurare in quanto non sono disponibili statistiche ufficiali”.
A livello europeo, queste piattaforme veicolano il 10% delle masse investite in fondi, con picchi elevati in Norvegia, Svezia (25 e 23% della distribuzione), ma anche in Spagna, Regno Unito e Austria (tutte e tre al 17%). I canali distributivi che prevedono una consulenza in Europa hanno una quota dell’80%, che rimane molto elevata anche se inferiore a quella italiana.
L’appello di Efama all’Ue: tutelare la distribuzione advised
Per Efama, questi dati diventano un argomento per indirizzare il dibattito sui risultati attesi della Retail Investment Strategy europea, che in una prima ipotesi successivamente accantonata avrebbe dovuto abolire i meccanismi di incentivi che guidano la remunerazione dei consulenti sulla base dei prodotti finanziari che raccomandano ai clienti. Questi dati dimostrano “il ruolo centrale delle banche nella distribuzione dei fondi all’interno dell’Unione Europea non potrebbe essere sopravvalutato”, ha scritto Efama, “con una quota pari al 57% delle attività dei fondi, esse fungono da consulenti principali per i clienti che cercano di diversificare i loro risparmi dai depositi ai fondi d’investimento”. Di conseguenza, ha proseguito l’associazione, “sarebbe dannoso se la Strategia di Investimento al Dettaglio impedisse alle banche di continuare a svolgere questo ruolo cruciale”. In particolare, Efama ha ricordato che l’abolizione degli incentivi (retrocessioni) ai consulenti e il passaggio alla sola parcella come unica modalità di pagamento dei consulenti ha ritirato dal mercato gran parte dei servizi di consulenza bancari “perché hanno ritenuto antieconomico integrare nel loro modello di business un servizio di consulenza finanziaria a pagamento. Di conseguenza – ha concluso Efama – gli investitori hanno perso una fonte cruciale di consulenza, provocando un dannoso gap di consulenza”. Ciononostante, il 79% delle masse investite in fondi nel Regno Unito continua ad essere veicolato dai canali distributivi consulenziali.
Secondo i promotori della Retail Investment Strategy europea, che ha incassato il via libera dell’Europarlamento lo scorso aprile in una forma ammorbidita in varie parti, il dominio dei canali consulenziali nella distribuzione dei fondi avrebbe, per la gran parte degli investitori al dettaglio, ostacolato l’accesso ai fondi che non prevedono costi di retrocessione e che per questo non vengono raccomandati nei canali distributivi tradizionali. “Si teme che gli incentivi pagati dai produttori di prodotti di investimento ai distributori possano creare conflitti di interesse che influenzano negativamente la qualità e l’obiettività dei consulenti finanziari”, aveva affermato nel maggio 2023 la Commissione europea nel presentare gli obiettivi delle sue proposte di riforma.