L’attenzione verso i titoli di Stato italiani e al Btp, in particolare, è giustificata da rendimenti che sono tornati su livelli mai visti dopo la crisi del 2011. In precedenza We Wealth ha realizzato panoramiche sulle varie tipologie di titoli di Stato, sui rischi che comporta l’investimento in Btp e confronti più diretti con il Bot e il Cct.
In questo approfondimento ci concentreremo sul definire i differenti livelli di rischio collegati ai Btp e agli altri titoli di Stato in un confronto che, però, vede nella solvibilità dello Stato italiano un fattore comune.
La solvibilità dello Stato italiano: come considerare questo rischio
Il rischio di credito, l’eventualità negativa nella quale lo Stato italiano non dovesse riuscire a pagare integralmente i debiti che ha contratto con i risparmiatori, è comune a tutti i titoli di Stato considerati in questa disamina. Il rischio di insolvenza diventa più rilevante per i titoli a lunga scadenza, perché la visibilità sulle finanze del Paese è più chiara, ad esempio, da qui all’anno prossimo, ma lo è molto meno nell’orizzonte di venti o trent’anni. Anche se i Btp possono essere liquidati in anticipo sulla scadenza, la possibilità che le finanze dello Stato italiano si deteriorino strada facendo farebbe crescere inevitabilmente il rendimento dei nuovi titoli in emissione (più rischio, più rendimento). Di conseguenza, chi avesse comprato un Btp a lunga scadenza quando i conti pubblici erano più solidi, si ritroverebbe a doverlo vendere a prezzi più bassi, con l’alternativa di tenerlo in mano avendo minori garanzie sul rimborso a scadenza. L’incertezza aggiuntiva che implica investire in un Btp a lungo termine fa sì che, salvo casi eccezionali, un titolo di Stato offra un rendimento crescente tanto più è lunga la sua scadenza.
La volatilità del Btp: il rischio più comune
La solvibilità dello Stato italiano (attualmente “buona”, secondo le agenzie di rating) non è l’unico elemento da considerare. Infatti, a influenzare il prezzo del Btp nel corso della sua durata sono anche altri fattori: l’inflazione, ossia l’aumento dei prezzi, e i tassi d’interesse di riferimento della Banca centrale europea (Bce). Questi due fattori tendono a muoversi più o meno nella stessa direzione, dal momento che la Bce aumenta i tassi quando l’inflazione sale oltre il suo obiettivo, mentre li abbassa nello scenario opposto.
Immaginando di avere in portafoglio un Btp che rende il 2%, un aumento dell’inflazione e dei tassi oltre tale livello farebbe perdere di attrattiva quel titolo, il cui rendimento reale, al netto dei rincari di prezzo, si riduce. A quel punto le richieste degli investitori aumentano e il Tesoro italiano adegua l’offerta proponendo Btp che rendono più di quelli emessi in precedenza. Chi ha in mano il “vecchio” Btp che continua a rendere il 2% vedrà che il prezzo di mercato di quel titolo è sceso, perché i “nuovi” Btp offrono rendimenti migliori. I vecchi titoli, per pareggiare il confronto con i nuovi, più remunerativi, debbono essere venduti con lo sconto. Ciò significa che, qualora il risparmiatore avesse bisogno di vendere il suo Btp in anticipo rispetto alla sua naturale scadenza, andrebbe incontro a una perdita.
La volatilità del prezzo del Btp, dunque, è il rischio più frequente con cui gli investitori devono fare i conti – soprattutto se, per qualche imprevisto, devono vendere il titolo in anticipo sulla scadenza, rinunciando al rimborso integrale del capitale investito.
Accorciare la scadenza del Btp
Un modo per ridurre questo rischio è preferire i Bot, oppure i Btp Short Term, ossia i titoli a breve scadenza. Tornando all’esempio di un aumento dell’inflazione, il “danno” di avere un rendimento reale più basso si protrae per meno tempo se il titolo è vicino alla scadenza. Per quanto renda meno dei titoli di nuova emissione, la differenza peserà per qualche mese anziché per qualche anno. Di conseguenza, nello scenario ipotizzato, il prezzo del Bot scenderà meno.
Titoli di Stato a lunga scadenza con cedole variabili
Tuttavia, esistono Btp e titoli di Stato che permettono di investire a lungo termine riducendo i rischi collegati al possibile aumento dell’inflazione o dei tassi d’interesse.
Nel primo caso, possono essere presi in considerazione il Btp Italia e i Btp€i, titoli di Stato il cui rendimento e capitale investito si rivalutano periodicamente rispetto all’aumento dei prezzi. Nel caso del Btp Italia l’indice di riferimento sarà l’inflazione italiana (indice Foi), mentre per il Btp€i sarà l’inflazione dell’Eurozona. Tornando all’esempio precedente, lo scenario in cui l’inflazione iniziava a salire oltre il 2%, il detentore di Btp Italia vedrebbe una rivalutazione della sua cedola, che aumenterebbe in modo proporzionale all’inflazione. In questo modo, la differenza fra il rendimento del “vecchio” titolo, rispetto a quelli di nuova emissione si fa più ridotta. L’esito finale è che, a parità di altri fattori, il Btp indicizzato all’inflazione sarà un po’ meno volatile del suo corrispettivo tradizionale a cedola fissa. Il lato negativo, tuttavia, è che sarà impossibile calcolare con certezza quanto renderà il Btp, dal momento che l’andamento dell’inflazione è imprevedibile.
Chi volesse coprirsi dal rischio dell’aumento dei tassi d’interesse, invece, potrebbe scegliere il Cct (o meglio, Ccteu). Come nel caso del Btp Italia, anche Cct non offre una cedola fissa, bensì variabile. Il suo rendimento, dipende dal tasso Euribor a 6 mesi, direttamente collegato al costo del denaro – cui si aggiunge uno spread (differenza) aggiuntivo.
Ritornando all’esempio, se in seguito all’aumento dell’inflazione la Bce avesse deciso di aumentare i tassi, avremmo osservato un aumento dell’Euribor che, alla fine, avrebbe aumentato anche la cedola offerta dal Cct. Risultato: si riduce il divario fra la cedola del nostro titolo e quelle offerte dai titoli di nuova emissione, con un minore impatto negativo sul prezzo del Cct, ovvero una minore volatilità. In breve, un minore rischio (nel gergo, “rischio di tasso”).
Anche se la cedola del Btp valore aumenta in due fasi distinte, non possiamo considerare questo titolo nella stessa famiglia dei titoli che “rispondono” alle condizioni di mercato come Btp indicizzati e Cct. Infatti, le cedole del Btp valore aumentano a prescindere dal contesto, in modo prevedibile.
La maggiore aderenza ai rendimenti di mercato dei Btp indicizzati all’inflazione e dei Cct può essere relativamente redditizia a seconda degli scenari economici che si presentano. Nell’ipotesi opposta alla precedente, più simile alla situazione attuale, in cui l’inflazione diminuisce e ci si aspetta un calo dei tassi d’interesse, le cedole fisse diventano più attraenti rispetto a quelle variabili – con l’attesa di un aumento di prezzo più consistente per i titoli in portafoglio.