Boris Johnson ha annunciato la sospensione della House of Commons dal 9 settembre al 14 ottobre
La decisione incrementa le probabilità che il Regno Unito lasci l’Unione Europea senza un accordo
I dati macro-economici mostrano il rallentamento sia della crescita del Paese sia della capacità produttiva. Perde valore la sterlina
Il 2 settembre sono ripresi i lavori del Parlamento inglese ma per poco: la Camera dei Comuni, su decisione del primo ministro, sarà sospesa dal 9 settembre al 14 ottobre. Quella che viene definita una ‘proroga’ della pausa estiva, rischia di essere la lapide sulla possibilità della Gran Bretagna di raggiungere un’accordo sull’uscita dall’Unione Europea. Dalla riapertura dei lavori rimarranno infatti poco più di due settimane per votare un deal prima della fatidica scadenza del 31 ottobre. “In caso di no-deal, cioè di una Brexit senza fase transitoria – ha dichiarato all’inizio di agosto il governatore della Bank of England Mark Carney – probabilmente la sterlina crollerebbe, si impennerebbero i premi al rischio degli asset del Regno Unito e la volatilità aumenterebbe molto”. Non che dal voto dell’estate 2016 le cose siano comunque andate molto bene per l’industria del wealth management inglese.
Fund management
Secondo uno studio del data provider Epfr dalla fine di maggio dai fondi azionari inglesi sono stati ritirati capitali per 4,2 miliardi di dollari. I deflussi dal voto per Brexit ammontano complessivamente a 29,7 miliardi. Rincara la dose Copley Fund Research, che ha analizzato i movimenti di 250 fondi global equity, rilevando che i portfolio manager di tutto il mondo dal 2011 hanno ridotto l’esposizione a titoli inglesi dall’11,5% al 7,9 (2019). Solo negli ultimi sei mesi sono stati disinvestiti due miliardi. Per concludere, a luglio i deflussi dai fondi immobiliari sono ammontati a 410 milioni di sterline (dati Morningstar). L’unico a beneficiarne al momento è l’indice Ftse All-Share che dal referendum del 2016 è cresciuto del 20,5%, a causa dei bassi valori della sterlina.
Dati macro
“Quando gli elettori del Regno Unito hanno votato per lasciare l’Unione Europea nel giugno 2016, i sostenitori di Brexit hanno promesso numerosi vantaggi economici”, commenta Stéphane Monier, chief Investment officer di Banque Lombard Odier&Cie SA. “Nessuno ha promesso tre anni di stagnazione parlamentare, una moneta più debole e una crisi politica che potrebbe presto sfociare in un’altra elezione generale”. L’indecisione del parlamento inglese infatti non ha avuto ripercussioni solo sulla carriera politica di Theresa May. Gli indicatori economici del Regno Unito hanno subito un duro colpo: “all’inizio del mese scorso la Banca d’Inghilterra ha tagliato le sue previsioni di crescita economica dall’1,5% nel 2019 all’1,3% e ha ridotto le sue previsioni per il 2020 dallo 0,3% all’1,3%”, prosegue Monier. L’economia Uk ha subito quindi una contrazione dello 0,2% e l’indice Pmi manifatturiero di agosto si è attestato a 47,4 punti, il dato peggiore da luglio 2012. Non se la passa bene neppure la sterlina, il cambio euro/sterlina viaggia a 0,9082 (+0,71%) e il cambio sterlina/dollaro a 1,207 (-0,45%). E potrebbe essere solo l’inizio.