Gli investitori che negli ultimi anni hanno puntato sul mercato europeo del lusso potrebbero ben concordare con il motto che Aldo Gucci, seconda generazione della maison fiorentina, coniò e volle riprodurre in tutti i suoi negozi: “la qualità è ricordata molto più a lungo del prezzo”. Nell’ultimo decennio, ma soprattutto in seguito alla pandemia, i principali brand di luxury goods domiciliati nel Vecchio Continente hanno infatti conquistato tassi di crescita a doppie cifre, mostrando solide strategie di posizionamento del marchio e di protezione della propria reputazione, oltre che di gestione aziendale. Traguardi che, a livello finanziario, si sono spesso tradotti in valutazioni elevate dei rispettivi titoli azionari. Si prenda ad esempio la storica maison Hermès, il cui prezzo delle azioni supera di 51 volte gli utili della società, ma la cui crescita annua composta del fatturato è stata pari al 13,4% dal 2013 al 2023, con un 42% di ebit registrato a fine anno (la profittabilità più alta mai raggiunta dal marchio). Eppure, non tutto ciò che luccica è oro e non tutti i grandi marchi del lusso potranno raggiungere (o mantenere) eguale successo in un settore sempre più competitivo. Per gli investitori interessati a questo comparto diventa quindi prioritario individuare e selezionare le aziende meglio posizionate per il successo. Ecco quattro fattori da ricercare secondo Denis Callioni, Analyst e portfolio manager di Comgest Growth Europe.
Lusso, 4 fattori che contribuiscono al successo di un brand
1. Presenza di prodotti iconici
Il primo fattore che contribuisce al successo di un brand di lusso secondo Callioni è la presenza di prodotti iconici all’interno della propria gamma. Campione in questo senso è Hermès, maison francese attiva dal 1837, il cui nome è subito associato a due delle borse più iconiche e amate di sempre. La prima è la Kelly, disegnata negli anni Trenta come borsa da sella e poi resa immortale da un celebre scatto della diva e principessa Grace Kelly che, in dolce attesa, utilizzava proprio la borsa per celare la rotondità della pancia. La seconda è la Birkin, nata dall’incontro fortuito tra il presidente di Hermès Jean-Louis Dumas e Jane Birkin, fianco a fianco su un volo Parigi-Londra, in cui l’esigente socialite e attrice si lamentava di non riuscire a trovare una borsa sufficientemente capiente ma al contempo elegante, portabile dal giorno alla sera. “Oggetti talmente iconici che hanno spinto Hermès a gestire molto attentamente la desiderabilità dei propri prodotti, introducendo delle liste di attesa molto lunghe per i nuovi clienti. La difficoltà di acquistare nei canali primari ha quindi rafforzato un mercato secondario dinamico e dai prezzi molto elevati. Si pensi ad esempio alla Hermès Birkin 30 Himalaya in coccodrillo nilotico, venduta nel 2022 da Sotheby’s per circa 450mila dollari, attualmente la borsa più costosa mai battuta all’incanto”.
2. Capacità di diversificazione del portafoglio aziende
Secondo fattore è la capacità di diversificare il proprio portafoglio di aziende, specie per quanto riguarda i grandi gruppi. “Si pensi ad esempio a Richemont, esposto all’87% ai settori dell’alta orologeria e gioielleria (con brand come Jaeger-LeCoultre, Panerai, Cartier e Van Cleef & Arpels, tra gli altri)” spiega Callioni. “Il gruppo è stato storicamente visto come meno performante rispetto ad altri grandi agglomerati del lusso come LVMH, un trend dovuto specialmente al ribasso del mercato degli orologi. Per invertire questa tendenza, Richemont ha modificato il proprio modello di business, spingendo i brand di gioielleria (un mercato ancora sottopenetrato secondo Callioni, ndr) e aprendosi anche ai brand di soft luxury come Alaïa, Chloé e Serapian”. Un altro notevole esempio vincente è il gruppo LVMH, “il più diversificato a livello globale con 75 maison che spaziano dalla moda all’hospitality, dalle cantine al beauty fino alla gioielleria. Il gruppo è molto attento a proteggere la reputazione e il posizionamento dei propri brand, capacità che unita alla vasta diversificazione del mix di aziende si riflette in una bassa volatilità e stabile crescita degli utili, con valutazioni attualmente ragionevoli e in linea con la media storica”.
3. Sbilanciamento domanda/offerta
Il terzo fattore secondo Callioni è invece da ritrovarsi nella capacità del brand di massimizzare la domanda limitando l’offerta, creando così uno sbilanciamento e aumentando la desiderabilità da parte del consumatore. “Pensiamo ad esempio a Ferrari, maison automobilistica più attenta ad allocare al meglio le automobili piuttosto che a venderle. Con una lista di attesa superiore ai due anni, il posizionamento della società di Maranello è unico sul mercato, tanto che il 74% delle Ferrari in circolazione sono vendute a chi è già cliente e il 40% a chi ne possiede più di una. Il brand è attualmente attento a spingere la crescita attraverso la produzione di edizioni limitate e l’elettrificazione dei propri motori. Così facendo, Ferrari ha performato meglio delle aspettative e il consensus è orientato al fatto che i già alti margini potranno crescere ulteriormente”.
4. Gestione eccellente
Ultimo fattore è infine la qualità del management aziendale. “Un esempio virtuoso in questo campo è Moncler, un brand dalla breve storia ma che è stato recentemente capace di creare molto rumore attorno a sé grazie a diverse collaborazioni con il mondo dell’arte, che hanno attratto una nuova fascia di clientela giovane e alto spendente. Il focus dell’azienda è stato infatti riposto in larga parte sul marketing, tanto che la società ha affermato che il budget allocato a queste attività non è modificabile e non varia a seconda della performance del mercato” aggiunge Callioni. “Un brand che ha invece faticato negli ultimi anni è Gucci, parte del gruppo Kering. La maison costituisce uno dei marchi di moda più conosciuti del mondo, ma le scelte del management degli ultimi anni hanno contribuito a creare una profittabilità molto volatile nel corso del tempo, con incrementi e decrementi molto marcati. Il brand si è infatti allargato ai clienti aspirazionali, sviluppando prodotti dal basso prezzo di entrata; la nuova direzione creativa di Sabato de Sarno, dallo stile più in linea con la tendenza del quiet luxury, si spera possa riportare Gucci su terreni più stabili”.
In conclusione
“Storie di eccellenza come quelle citate sono tutte nate nel Vecchio Continente, patria dell’eccellenza e della qualità” precisa Gabriella Berglund, Branch manager di Comgest Italia. “Con il suo potere di determinazione dei prezzi, bilanci solidi, barriere all’entrata molto forti e capacità del management, il settore del lusso costituisce infatti uno degli esempi più felici dell’economia europea. Esso rappresenta inoltre uno dei principali comparti cui è esposto il fondo Comgest Growth Europe e uno dei suoi maggiori generatori di alpha nel lungo periodo. La strategia, attiva dall’inizio degli anni Novanta, raduna circa 35 posizioni gestite attivamente dal team dedicato di Comgest, approccio fondamentale per individuare e selezionare le società meglio posizionate per una crescita stabile e sostenibile nel tempo” conclude Berglund.