Prendi una banca “giovane”, arrivata sul mercato nel 2008 come operatore nativo digitale e cresciuta come piattaforma multicanale, con un’offerta di consulenza personalizzata per la gestione del patrimonio, che oggi cuba 40 miliardi.
Mettici le competenze di un brand blasonato, da oltre 70 anni partner finanziario delle grandi e medie imprese italiane, che ha aiutato a crescere in Italia e all’estero, collegando risparmio privato e nuove opportunità d’investimento.
È la ricetta di Mediobanca Premier, “la banca specializzata nella gestione del risparmio e degli investimenti delle famiglie italiane”, com’è stata presentata a inizio anno, nel solco del Piano strategico 2023-2026 del Gruppo Mediobanca, che vede come obiettivo prioritario lo sviluppo della divisione Wealth Management. Un’operazione “credibile”, così la giudicano autorevoli osservatori sul mercato: perché non si limita a un puro e “semplice” rebranding. Ma si fonda su un progetto strutturato. Per capire se l’iniziativa di riposizionamento avrà pieno successo, bisogna partire, però, dai contenuti. Li racconta in questa intervista Lorenzo Bassani, direttore generale di Mediobanca Premier.
I numeri di Mediobanca Premier
Fotografiamo il punto di partenza, in numeri.
Partiamo da una squadra di 1.100 professionisti, più o meno equamente suddivisi tra banker dipendenti e consulenti finanziari, presenti sul territorio nazionale attraverso 200 punti vendita, tra filiali e uffici finanziari. Partiamo da 39 miliardi di masse, per buona parte già in area private, cioè con patrimoni sopra i 500mila euro; dalle competenze specialistiche del gruppo, dal Corporate & Investment Banking all’asset management. E da una piattaforma digitale su cui continuiamo a investire. Perché è necessaria per mettere banker e consulenti nelle condizioni di fare davvero consulenza patrimoniale, cioè di rispondere a tutti i bisogni finanziari delle famiglie italiane.
L’obiettivo del piano industriale è una crescita della rete di vendita da 1.100 a 1.350 professionisti, entro il 2026. Come intendete realizzarlo?
La rete di consulenti finanziari crescerà in termini di nuovi inserimenti in maniera più corposa, nell’ordine di 70 professionisti l’anno. Sul fronte della rete di filiali bancarie, puntiamo invece ad inserire 20 private banker l’anno, di pari passo con un’apertura di nuove filiali – in controtendenza rispetto ai nostri competitor – per estendere e al contempo ottimizzare il nostro posizionamento sul territorio, in coerenza con il target di clientela a cui ci rivolgiamo: oggi presidiamo già molto bene la Lombardia, dove continueremo a crescere, e lo stesso vale per il Piemonte e il Veneto. Nel frattempo, stiamo sviluppando Emilia-Romagna, Lazio e Campania. Nel Sud, ci sono ottime possibilità sia in Sicilia che in Puglia.
Qual è l’obiettivo in termini di masse?
La crescita delle due reti supporta l’obiettivo di aumentare del 25% le masse totali, da 39 a 50 miliardi di euro, entro la fine del Piano. Dal lancio del nostro nuovo progetto avvenuto lo scorso gennaio, abbiamo osservato una notevole accelerazione nel percorso di reclutamento.
Lo scenario di mercato
La concorrenza dei Btp, destinata a durare, non aiuta, però, chi lavora nel risparmio gestito…
Non è detto: nel 2023, grazie alle opportunità dei prodotti di raccolta amministrata, abbiamo accolto oltre 22mila nuovi investitori: un quinto è rappresentato da nostri clienti storici che si erano avvicinati alla nostra realtà aprendo il conto deposito negli anni passati. I Btp sono stati uno strumento per iniziare a parlare di investimenti. Noi abbiamo vissuto questa fase positivamente, come un’opportunità da cogliere.
Banker e consulenti hanno accesso a prodotti diversi?
No, abbiamo un’unica piattaforma di offerta integrata. Al singolo professionista lasciamo la libertà di scegliere il tipo di inquadramento contrattuale, in base alle proprie attitudini.
Il private banking è un mercato abbastanza affollato di operatori con caratteristiche diverse, in termini di posizionamento e modello di business. Su quale target intendete focalizzarvi?
Il nostro focus è sulla clientela costituita da famiglie, professionisti e imprenditori con un patrimonio superiore ai 500mila euro. Siamo consapevoli che la soglia tra 500mila euro e 5 milioni sia piuttosto contesa. Sicuramente c’è molto valore da cogliere nella fascia tra 100mila euro e mezzo milione, guardando anche all’asse familiare, così come nella fascia degli imprenditori e dei professionisti: un quinto del nostro target è riconducibile a questo segmento.
Il modello di consulenza di Mediobanca Premier
In cosa si differenzia il vostro modello di consulenza da quello di altri operatori?
Possiamo fare leva sulle competenze specialistiche e sulle sinergie con l’expertise del Gruppo nel Corporate & Investment Banking. Questo ci rende interlocutori molto credibili agli occhi degli imprenditori, che possono beneficiare di un approccio integrato nella gestione del patrimonio personale e aziendale, attingendo anche ai servizi di finanza straordinaria advisory su fusioni e aggregazioni, ricerca di capitali di debito e di rischio che da sempre rappresentano il core business di Mediobanca.
Altre esperienze sul mercato suggeriscono che la sinergia tra private e investment bank non sia sempre facile da sviluppare…
Il modello di Private Investment Bank è distintivo all’interno del nostro Gruppo: la divisione di Private Banking a servizio della clientela Ultra-High-Net-Worth lo ha già sperimentato con successo, generando un significativo valore dal 2017 a oggi. Stiamo lavorando per ampliare questo approccio anche alla clientela Premier e sta funzionando bene.
Ovviamente c’è anche un tema di formazione: stiamo investendo molto su quest’area, è indispensabile, a maggior ragione, in una fase di crescita delle reti. Tutti i nostri advisor devono inoltre essere iscritti all’Albo e abilitati all’esercizio della professione di consulente finanziario, anche i dipendenti. Li accompagniamo in un percorso di crescita e certificazione delle competenze, tramite Efpa, man mano che sviluppano la propria carriera.
Naturalmente avere il Corporate & Investment Banking non significa chiedere al banker di mettere a terra un’operazione di finanza straordinaria, ma di saper individuare un’opportunità, interpretando il bisogno del suo cliente, e sapere chi coinvolgere nel perimetro del gruppo.
I servizi per i clienti che non sono imprenditori
Ai clienti che non sono imprenditori, cosa proponete?
Un modello di consulenza patrimoniale evoluta che si fonda su un approccio globale nella valorizzazione del patrimonio, lungo il ciclo di vita della famiglia. Parlo di soluzioni sofisticate di wealth management, realizzate anche grazie alla collaborazione con le fabbriche prodotto del gruppo, Mediobanca sgr, Polus Capital Management e Ram Active Investment. Parlo di servizi fiduciari, con l’apporto di Spafid, di pianificazione successoria e supporto nella gestione del portafoglio immobiliare. Il punto centrale è orientare la consulenza alla gestione dell’intero patrimonio del cliente, oltre la costruzione di un buon portafoglio di risparmio gestito. Più si avanza in quella direzione, più il prodotto diventa un mezzo per raggiungere gli obiettivi del cliente e della sua famiglia. Per fare consulenza patrimoniale come si deve, però, la tecnologia è imprescindibile.
Su quali iniziative state lavorando?
Continuiamo a rafforzare le piattaforme digitali: dalla suite di wealth advisory ai canali di mobile e internet banking, fino all’innovativa piattaforma Premier Business rivolta a imprenditori e liberi professionisti, che integra diverse funzionalità operative oltre a semplificare l’attività di consulenza anche da remoto. Una parte degli investimenti da qui in avanti saranno convogliati verso le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale.
Le opportunità offerte dell’Intelligenza artificiale
Per sviluppare quali applicazioni?
Già da cinque anni, lavoriamo con una chatbot che supporta i processi di customer service e con processi di automazione che aiutano i consulenti a smaltire una serie di task operativi, anche grazie all’Ai. Nuovi casi d’uso saranno legati alla preparazione e alla gestione della relazione con il cliente. Un esempio: l’Area Studi di Mediobanca produce molta ricerca di altissima qualità.
Pensiamo al consulente che deve incontrare un imprenditore di Pescara e, grazie all’Ai generativa, può attingere a una sintesi del lavoro di ricerca su quel settore o quella regione, per supportare il dialogo con il cliente. Già oggi abbiamo arricchito la nostra app della possibilità per il cliente di dialogare con il proprio advisor tramite la video call, in un ambiente sicuro e protetto.
Domani contiamo di mettere a disposizione direttamente nell’app della banca anche una serie di informazioni, contenuti e report rilevanti proprio grazie alle possibilità che l’intelligenza artificiale offre. Pensiamo anche all’aiuto che l’Ai può dare nella diagnosi sui bisogni di protezione dei clienti e nella ricerca delle soluzioni.
L’evoluzione della normativa a livello europeo pensiamo alla Retail investment strategy suggerisce un possibile ripensamento dei modelli di remunerazione delle reti. Come vi state attrezzando?
Abbiamo sviluppato un contratto di consulenza evoluta, siamo già pronti. In futuro sono convinto che il mercato possa svincolarsi dall’attuale modello di remunerazione: se c’è un professionista che offre un servizio di qualità, quel servizio potrebbe essere pagato in modo esplicito, perché no?
Chi è Lorenzo Bassani
Lorenzo Bassani da gennaio 2024 è direttore generale di Mediobanca Premier: tra il 2020 e il 2023 ha ricoperto lo stesso ruolo in CheBanca!, dov’è approdato nel 2016 a seguito dell’acquisizione di Barclays Italia da parte del Gruppo Mediobanca. In Barclays dal 2010, ha ricoperto ruoli di responsabilità crescente, da ultimo quello di ceo e chief commercial officer della divisione. In precedenza ha maturato una significativa esperienza nel mondo bancario, con particolare riferimento all’Investment Banking: nel Gruppo Abn Amro, presso la sede londinese, ha ricoperto l’incarico Executive Director, Head of Private Investor Products Italy, e in Banca Caboto (Gruppo Intesa), dove è stato Head of Retail Distribution della Banca, dopo un’esperienza come Head of Business Development della sede Londinese.