Chi è salito solo nelle ultime settimane sul treno dei titoli finanziari italiani ha risentito più di altri dello shock innescato dai nuovi dazi americani, con perdite secche ben superiori alla media di mercato. Nella seduta del 7 aprile, l’indice Ftse Italia Banche è scivolato al di sotto dei livelli di inizio anno, azzerando un poderoso rally: il minimo intraday è stato di 20.255,32 punti, prima di un parziale recupero. Rispetto al picco del 25 marzo, il crollo ha toccato il 20,55% in meno di due settimane.
Per i titoli bancari italiani è un ritorno brusco alla realtà dopo varie bottiglie di spumante già stappate in vista delle manovre di M&A in arrivo. Unicredit resta capofila tra i grandi istituti commerciali, con un progresso da inizio anno ancora superiore all’11% (nonostante un tonfo di oltre il 17% negli ultimi cinque giorni), seguita da Poste Italiane e — più distaccata — Banco Bpm. Peggiore la performance di Mps, in calo di oltre l’11% da gennaio.
Il fenomeno di svendita ha travolto anche le banche europee: l’indice settoriale Stoxx Banks ha perso oltre il 20% dal massimo recente, entrando ufficialmente in territorio “orso”. Solo nelle tre sedute successive al “Liberation Day” — coincise con l’annuncio delle nuove politiche doganali americane — l’indice ha lasciato sul campo oltre il 18%.
Perché gli investitori ora svendono le banche
Per il settore bancario, i dazi Usa rappresentano un doppio rischio. Da un lato, aumentano le probabilità di una recessione e di un’impennata delle insolvenze aziendali, costringendo le banche ad accantonare più risorse a copertura dei crediti deteriorati. Dall’altro, crescono le possibilità che la Bce decida di accelerare i tagli ai tassi per contrastare la dinamica recessiva, riducendo ulteriormente i margini sui nuovi prestiti. In entrambi i casi, la conseguenza è la stessa: meno utili da distribuire agli azionisti — e un buon motivo per molti di loro di incassare adesso i guadagni maturati nei mesi scorsi.
“Allora fu il virus a terrorizzare i mercati. Oggi, la paura è più subdola: un cocktail di rischi macroeconomici, politici e di scenario. Il comparto bancario si ritrova stretto tra più fuochi. Da un lato, il deterioramento della qualità del credito, con l’economia che rallenta e riaccende il timore di nuovi Npl. Dall’altro, le attese di tagli ai tassi, che se da un lato offrono respiro ai mutuatari, dall’altro erodono i margini d’interesse”, ha dichiarato a We Wealth il market analyst di eToro, Gabriel Debach, “in mezzo, lo spread BTP-Bund che torna a salire e riposiziona l’Italia al centro dell’attenzione dei mercati internazionali”.
“I dazi americani, che non colpiscono direttamente le banche, ma lo fanno indirettamente. Perché un’Europa più fragile sul piano commerciale significa meno crescita, più rischio, e un ambiente più ostile per chi vive di fiducia e stabilità. E fiducia e stabilità, oggi, scarseggiano”, ha detto Debach, “il risultato? Un sell-off trasversale che travolge tutto e tutti. E nel mezzo della tempesta, il settore bancario italiano si ritrova esposto come mai prima. Perché quando il vento cambia direzione, sono le vele più grandi, quelle che trainano,a essere le prime a strapparsi”.
In un’intervista al Financial Times il governatore della banca centrale greca e membro del direttivo Bce Yannis Stournaras, sembra preparare il mercato a una presa di posizione più chiara da parte dell’Eurotower sui possibili effetti della politica doganale di Trump sull’economia europea e, implicitamente, anche sul futuro andamento dei tassi. Stournaras ha parlato di un rischio di “shock negativo della domanda” nell’Eurozona in seguito all’introduzione dei dazi, “un impatto negativo rilevante sulla crescita potrebbe portare a un’attività molto più debole del previsto, trascinando l’inflazione al di sotto dei nostri obiettivi”, ha aggiunto Stournaras. In una non troppo velata dimostrazione di dissenso nei confronti delle dichiarazioni della presidente Bce, Christine Lagarde Stournaras ha affermato che “i dazi sono chiaramente una misura deflazionistica” per l’Eurozona – mentre per Lagarde l’inflazione dell’area euro sarebbe potuta aumentare di mezzo punto per via delle ritorsioni comunitarie e per un previsto indebolimento dell’euro.
Il livello “senza precedenti” di incertezza, ha chiuso il governatore della banca greca, potrebbe pesare fra lo 0,5 e il punto percentuale sulla crescita dell’Eurozona – dopo che la Bce a marzo aveva già rivisto al ribasso le previsioni per il 2025 a +0,9% di Pil.
Nel frattempo, il mercato monetario ha rivisto profondamente le sue previsioni su quello che sarà il tasso sui depositi Bce a dicembre 2025, portandole all’1,65% contro l’1,9% di una settimana fa. Oltre ai titoli bancari, il peso delle aspettative sulle mosse della Bce ha inciso sui rendimenti delle obbligazioni a breve termine nell’Area euro, che hanno toccato il punto più basso da due anni: il bund a due anni ha toccato il minimo a 1,665% di rendimento.