- L’S&P 500 ha bruciato i guadagni accumulati dalle elezioni presidenziali di novembre, mandando in fumo 3.600 miliardi di dollari di capitalizzazione
- Berlinzani: “Se i dazi alimentassero pressioni inflazionistiche, la Fed potrebbe essere costretta a ritardare o ridurre i tagli ai tassi. Amplificando la volatilità”
Azioni americane in calo in scia ai dazi contro Cina, Messico e Canada. Se le tariffe sui prodotti europei sono ancora una “minaccia”, la guerra commerciale nei confronti delle due nazioni vicine e della Terra del Dragone è ufficialmente entrata nel vivo. Da martedì sono entrate in vigore tariffe del 25% per le merci canadesi (ridotte al 10% per le risorse energetiche) e per quelle messicane. Quelle per la Cina sono salite dal 10 al 20%. Una notizia accolta negativamente da molti indici di Borsa, in particolare dall’S&P 500: il listino americano ha bruciato i guadagni accumulati dalle elezioni presidenziali di novembre, mandando in fumo 3.600 miliardi di dollari di capitalizzazione. E potrebbe non essere finita qui.
L’effetto dazi su Wall Street
Nelle ultime settimane Wall Street ha perso circa 300 punti rispetto ai massimi osservati il 17 febbraio a 6.147, ovvero una percentuale che si aggira intorno al 5%. “Le ultime mosse di Trump sui dazi – con minacce di tariffe più alte su beni cinesi e l’applicazione delle stesse verso il Messico e il Canada – hanno innescato un’ondata di vendite sui mercati, in particolar modo sui mercati azionari”, racconta a We Wealth Saverio Berlinzani, senior analyst di ActiveTrades. “Tecnicamente, l’indice sembra impostato a una distribuzione ribassista con target posti almeno in area 5.600 e 5.400, ovvero circa un altro 5%. Ma tutto dipende ovviamente dalle notizie che usciranno sul fronte dazi e su quello geopolitico, che mai come in questo periodo sembrano influenzare le price action degli asset principali”, aggiunge l’analista.
Secondo Berlinzani, anche la Federal Reserve potrebbe giocare un ruolo cruciale. “Se i dazi alimentassero pressioni inflazionistiche, la banca centrale americana potrebbe essere costretta a ritardare o ridurre i tagli ai tassi attesi dal mercato. Ciò potrebbe amplificare la volatilità, con un calo degli asset più rischiosi e un aumento della domanda di beni rifugio”, afferma l’esperto. Per Gabriel Debach, market analyst di eToro, la guerra commerciale è solo agli inizi e non ha ancora dispiegato tutti i suoi effetti sui listini. “Gli shock di mercato potrebbero intensificarsi man mano che le tensioni si estendono ad altri settori e partner commerciali”, avverte Debach.
Azioni tech in tilt: cosa succede
Nel frattempo, come approfondito da We Wealth, anche il tech è in tilt a Wall Street. Dopo aver trainato il mercato azionario statunitense per due anni consecutivi, le azioni tecnologiche stanno a loro volta contribuendo a frenare l’S&P 500 (-1,89% da inizio anno). “La tecnologia sta vivendo un momento di pressione per diversi motivi”, spiega Debach. “Da un lato, l’alta esposizione internazionale espone il settore al rischio di nuovi dazi sulle esportazioni. Dall’altro, la crescita straordinaria degli ultimi anni ha portato a valutazioni elevate”. Negli ultimi cinque anni, ricorda l’analista, il settore tech è di fatto cresciuto del +154%, contro il +107% dell’S&P 500 e il +31,9% del real estate (fanalino di coda).
Rotazione in atto: quanto durerà?
Tuttavia, segnali evidenti di una rotazione in atto ci sono. “Attenzione però a considerare l’intero settore in correzione”, dice Debach. Se da un lato l’indice tecnologico cede il -6,03% da inizio anno, dall’altro titoli come Super Micro Computer, Ibm, VeriSign, CrowdStrike e Palantir stanno infatti registrando performance a doppia cifra. Fatta questa premessa, secondo Berlinzani la durata della rotazione dai titoli growth ai titoli value dipenderà da quanto dureranno le tensioni in atto. “Probabilmente occorrerà qualche tempo e dovremo osservare gli sviluppi, specie con riferimento all’andamento dell’economia americana”, afferma l’analista.
Come aggiustare i portafogli
Ad ogni modo, per Debach l’America resta il baricentro dei mercati finanziari. “Le attuali turbolenze non devono far perdere di vista la logica di lungo periodo, perché alla fine è sempre il ciclo economico a dettare la direzione”, dice l’analista. “La storia lo insegna: i mercati non si muovono sui titoli di giornale, ma sulle aspettative. I dazi raramente riscrivono le sorti di un’economia, ma accelerano trasformazioni già in corso: diversificazione delle supply chain, riallocazione della produzione, nuove strategie commerciali”.
Verso i dazi contro l’Europa
Da considerare che nel risiko commerciale potrebbe presto entrare anche l’Europa. “Il vincitore di quest’anno rischia ora di trovarsi nel mirino delle tariffe, dopo aver evitato a lungo il confronto con il conto da pagare”, dichiara Debach. In un mare incerto, la diversificazione resta l’unica bussola affidabile. “Non solo azionaria, ma anche obbligazionaria, settore che potrebbe finalmente riconquistare un ruolo chiave dopo anni di decorrelazione sfumata”, afferma Debach. Secondo Berlinzani, l’aggiustamento dei portafogli dovrà essere orientato a una riduzione degli asset di investimento più rischiosi, tenendo in considerazione però che da un punto di vista macro le valutazioni del settore tech possono ancora crescere nel medio termine. “Ad oggi, tale sforbiciata dovrebbe solo rappresentare un ribilanciamento dei portafogli, per avere opportunità di rientrare a livelli più convenienti. Magari, con una diversificazione per settori e per area geografica, ripartendo dalla Cina che nel 2025 dovrebbe confermare segnali di recupero della congiuntura”, conclude Berlinzani.