Strumenti alternativi nati in epoca di pandemia

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Con il covid-19 sono stati introdotti degli strumenti volti, da un lato, a favorire gli investimenti e la ri-patrimonializzazione delle pmi e, dall’altro, a munire il Paese delle risorse adeguate a fronteggiare le sfide tecnologiche e produttive derivanti dalla situazione contingente

La pandemia da covid-19 ha aggravato la “fame” di finanziamenti da parte dell’economia reale, colpita da una contrazione degli investimenti, e causato una diminuzione del rendimento delle asset class tradizionali, come azioni e obbligazioni. In questo scenario le istituzioni sono intervenute al fine di sopperire alle carenze strutturali dei mercati e ai riflessi negativi derivanti dalla pandemia, incentivando la domanda degli investitori nella “main street” e rafforzando la base finanziaria delle pmi e delle società innovative del Paese.
Con riferimento alle misure concepite in genere per le piccole e medie imprese italiane, si è cercato innanzitutto di invertire l’attitudine degli investitori a favore di investimenti a lungo termine in asset class alternative e meno liquide delle tradizionali. Il Dl 19 maggio 2020 n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020 n. 77 (decreto Rilancio) ha, infatti, affiancato ai piani individuali di risparmio (Pir) – strumenti di investimento di medio e lungo termine riservati alle persone fisiche e introdotti come mezzi per stimolare, grazie all’esenzione fiscale sui rendimenti, parte del risparmio italiano verso l’investimento in imprese domestiche – i Pir Alternativi, destinati a società non quotate e di minori dimensioni (imprese italiane diverse da quelle inserite negli indici di Borsa Ftse Mib e Ftse Italia Mid Cap) e finalizzati a catturare finanziamenti, fino a un massimo di 300mila euro all’anno con un cap al capitale complessivamente investibile pari a 1.5 milioni, da parte di soggetti dotati di patrimoni più consistenti e con una maggiore attitudine al rischio rispetto agli investitori tipici dei Pir ordinari.

A fianco agli strumenti volti a incentivare gli investimenti, sono inoltre state introdotte apposite misure di rafforzamento patrimoniale delle piccole e medie imprese. Tra tali interventi si annovera, inter alia, l’istituzione (sempre per mezzo del decreto Rilancio) del Fondo patrimonio pmi teso a supportare le società di capitali – non operanti nei settori bancario, finanziario e assicurativo – attraverso l’acquisto di obbligazioni o titoli di debito emessi da aziende che entro il 30 giugno 2021 abbiano effettuato un aumento di capitale pari ad almeno 250mila euro.

In parallelo agli strumenti concepiti per le piccole e medie imprese, il decreto Rilancio merita infine attenzione per la serie di misure pensate ad hoc per il sistema innovativo del Paese (startup e pmi innovative). In tale contesto il decreto ha infatti previsto diversi interventi, volti, da un lato, a rifinanziare gli strumenti di incentivazione all’investimento introdotti da precedenti interventi legislativi (si pensi, ad esempio, all’incremento delle risorse al programma Smart&Start e al Fondo di sostegno al Venture Capital) e, dall’altro, a introdurre nuovi strumenti a sostegno della crescita delle startup e delle pmi innovative.

Tra gli strumenti concepiti ex novo dal decreto Rilancio a sostegno del settore innovativo spiccano in particolare: (i) l’istituzione del Fondo per il trasferimento tecnologico, gestito dalla Fondazione Enea Tech con una dotazione di 500 milioni di euro per l’anno 2020, finalizzato alla promozione, mediante interventi in equity e quasi equity, prestiti convertibili e strumenti finanziari di partecipazione, contratti e grant contenenti opzioni convertibili, delle iniziative in materia di ricerca e sviluppo in ambito tecnologico e dei conseguenti investimenti di venture capital nelle imprese che possano sfruttare il sapere così acquisito; (ii) l’istituzione del First playable fund, il primo fondo per l’intrattenimento digitale destinatario di 4 milioni di euro per l’anno 2020, rivolto a finanziare le fasi di concezione e pre-produzione dei videogames; (iii) lo stanziamento di 10 milioni di euro, per l’anno 2020, per la concessione di contributi a fondo perduto finalizzati all’acquisizione di servizi prestati da parte di incubatori, acceleratori, innovation hub, business angel e altri soggetti pubblici o privati operanti per lo sviluppo di imprese innovative (il cosiddetto smart money); (iv) l’estensione dell’accesso alle risorse del Fondo centrale di garanzia per le pmi anche alle Startup e pmi innovative a cui è stata riservata una quota di 200 milioni di euro a valere sulle risorse già stanziate a favore del fondo; e (v) l’agevolazione per favorire l’ingresso in Italia di investitori, grazie al dimezzamento delle soglie previste dal Programma investor Visa for Italy per la concessione del visto della durata di due anni in favore dei cittadini extra-Ue che intendano investire in Italia.

Insomma, un paniere di iniziative, alcune – si spera – efficaci già nel breve termine altre di cui si avrà evidenza solo più avanti che, tuttavia, fanno ben pensare a un sistema Paese che cerca di porre in essere un ventaglio di strumenti finalizzati al sostegno della filiera tech italiana.

 

Articolo scritto in collaborazione con Flavia Visco, avvocato di Lca Studio Legale

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