I giorni in cui diventare qualcuno era cosa a portata di molte realtà – che nella lingua delle startup si traduce in diventare unicorno – sono lontani. Eppure solo un anno fa, nel 2021, gli investimenti nelle startup tecnologiche erano esplosi – più che raddoppiati rispetto all’anno precedente per raggiungere i 621 miliardi di dollari – e 537 nuovi unicorni – aziende private con valore superiore a 1 miliardo di dollari – sono comparse sul mercato: più di 2 ogni giorno. Il crollo di Wall Street del primo semestre 2022 ha cambiato tutto.
Sempre meno nuovi unicorni
Stando all’ultimo report di Cb Insights, con la diminuzione dei finanziamenti alle startup – causa il raffreddamento dell’appetito per il rischio degli investitori – meno unicorni sono venuti al mondo quest’anno. Nel secondo trimestre del 2022 sono nati 87 nuovi unicorni, con un calo di circa 1,4 per giorno lavorativo. I tre mesi successivi hanno visto un calo ancora più grave. Al ritmo attuale, alla fine di questo trimestre nasceranno solo 27 unicorni. Ciò equivale a meno di una nascita di unicorno ogni due giorni lavorativi. Regioni come gli Stati Uniti e l’Asia e settori come il fintech sono stati i più colpiti dal calo.
Le regioni più colpite
Il rallentamento dei nuovi unicorni è stato avvertito più intensamente negli Stati Uniti e in Asia. Gli Stati Uniti hanno visto la loro quota di nuovi unicorni diminuire di 5 punti percentuali nel secondo trimestre del 2022. Nel frattempo, l’Asia ha registrato un calo più sostenuto: nel secondo trimestre, la sua quota di nuovi unicorni è stata inferiore al 20% per due trimestri consecutivi, per la prima volta negli ultimi anni. L’Europa, invece, ha raggiunto il suo massimo recente in termini di quota relativa di nuovi unicorni, con il 19% nel secondo trimestre del 22, segnando 3 trimestri di crescita e superando la quota dell’Asia. Tre dei 10 unicorni di maggior valore nati nel trimestre provengono dall’Europa: SonarSource (Svizzera, 4,7 miliardi di dollari), BackBase (Paesi Bassi, 2,7 miliardi di dollari) e Oura (Finlandia, 2,6 miliardi di dollari).
Le ragioni del crollo
Il calo delle nascite di nuovi unicorni è da imputarsi a un insieme di fattori. Lo scenario macroeconomico non è stato certo favorevole, con l’inflazione, l’aumento dei tassi d’interesse e le crisi geopolitiche, come la guerra in Ucraina, che hanno sconvolto i mercati pubblici. Il comparto che ha sofferto di più di questi venti contrario è stato quello tecnologico, con molti titoli, come i beniamini della pandemia come Robinhood e Zoom, nonché i grandi colossi tecnologici, che sono crollati. Molte startup in fase avanzata hanno dunque ritardato o annullato i piani di quotazione in borsa. Al contempo, molti investitori cross-over, costretti a fare i conti con le perdite subite sui mercati pubblici, hanno chiuso il rubinetto per i mercati privati. E così i finanziamenti si stanno riducendo ogni trimestre che passa e con loro le valutazioni delle start-up, la cui exit sempre meno frequentemente prende la forma di un’ipo.